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L'Espresso-SINDACATO / UN AUTUNNO A OROLOGERIA -Intervista a Guglielmo Epifani

Attualità SINDACATO / UN AUTUNNO A OROLOGERIA Guglielmo il caldo Patrimoniale. Restituzione del fiscal drag. Il leader Cgil promette battaglia. Ma apre al dialogo con Confindustria ...

13/08/2004
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L'Espresso

Attualità SINDACATO / UN AUTUNNO A OROLOGERIA
Guglielmo il caldo
Patrimoniale. Restituzione del fiscal drag. Il leader Cgil promette battaglia. Ma apre al dialogo con Confindustria
colloquio con Guglielmo Epifani
di Paola Pilati

La luna di miele con il nuovo leader degli industriali Luca di Montezemolo sciupata da un burrascoso incontro sulle nuove relazioni sindacali. La freddezza con Cisl e Uil, dove alla rottura del fronte dei metalmeccanici fa seguito quella dei chimici. L'idea di patrimoniale, che ha avuto applausi solo da Fausto Bertinotti e ha alimentato la diffidenza dei Ds verso il socialista che guida la Cgil. Da ultimo, con il governo, si tira fuori dalla naftalina la solita minaccia di un autunno caldo... Ora, tutti a dire: ecco la solita Cgil scassatutto. Insomma, Guglielmo Epifani, non ha aperto troppi fronti? Qual è la sua strategia?

"Con la Confindustria c'era l'impegno a non trattare sul nuovo modello contrattuale, almeno per ora. Impegno che nel documento non era mantenuto. Ma a volte è meglio litigare oggi per non litigare domani".

Vi siete risentiti con Montezemolo?

"No. Quanto ai Ds, abbiamo buoni rapporti con loro ma anche con altre formazioni. Quello di cui siamo gelosi è la nostra autonomia da tutti".

Belle parole. Ma ci vuole più coraggio o incoscienza a sostenere una patrimoniale?

"Se la manovra dovesse essere davvero di lacrime e sangue, e colpisse solo il reddito, finirebbe per avere tre effetti: riduzione della crescita, tagli dei trasferimenti agli enti locali seguiti dall'aumento delle tasse locali, e una frenata della spesa sociale. Siccome la ricchezza posseduta dagli italiani è - fortunatamente - otto volte il reddito corrente annuale, mi chiedo: perché non intervenire su una parte della ricchezza accumulata?".

Ma è già colpita dal fisco.

"E lo sarà sempre più. Perciò è meglio avere una tassa bassa, omogenea, progressiva, piuttosto che tanti interventi, come è stato quest'ultimo sulla seconda casa. Quanto alle rendite, perché mantenere aliquote diverse per depositi bancari, titoli pubblici e guadagni azionari? È possibile che ci siano cose intoccabili anche quando rispondono a un principio di equità?".

Sono impopolari.

"Eppure mi chiedo: perché si può vendere il patrimonio dello Stato, che è la richezza collettiva del paese, e non si può intervenire sulla ricchezza privata accumulata? Che estremismo c'è in questo?".

Non è scomoda la compagnia di Bertinotti?

"La Cgil ha il coraggio e l'autorevolezza di fare battaglie scomode se le ritiene giuste. Proponiamo un allargamento della base imponibile per evitare che la politica dei sacrifici ricada unicamente sui più deboli".

Non vi piace come si sta muovendo il governo?

"Le prospettive dell'economia non mi sembrano particolarmente positive. La cosa più preoccupante è la dinamica del prodotto industriale: pochi hanno notato che nella lievissima ripresa di questi mesi, la produzione industriale resta sotto lo zero. Lì c'è il grande ammalato. Vuol dire posti di lavoro che si perdono: alla Fiat, le prospettive offerte dal piano del nuovo amministratore delegato non sono quelle del piano Morchio. Il Mezzogiorno è sostanzialmente fermo. Salari e pensioni non ce la fanno a recuperare il costo della vita. Abbiamo dei contratti importanti aperti: il pubblico impiego, i trasporti, i meccanici. E vediamo avvicinarsi una manovra che finirà per rendere i lavoratori e i pensionati un po' più poveri. Se il quadro non cambia, è impensabile che il sindacato possa restar fermo".

Intanto, questo governo vi ha fatto inghiottire la riforma delle pensioni.

"E ha scaricato su circa due milioni di persone, le generazioni nate dal '52 in poi, il peso del risanamento. Un'operazione così sconclusionata non l'ha fatta nessun paese, né la Francia né la Germania".

E poi vi ha fatto un altro affronto: prevedere un tasso di inflazione molto basso...

"Per di più dicendo che 'tutto sommato, non si discosta molto dall'inflazione reale'. Non è vero, perché in realtà si discosta di oltre un terzo. Non possiamo più ragionare come se avessimo la lira; oggi abbiamo una moneta fortissima e questo vuol dire che anche un aumento decimale è significativo".

Avete un vostro indicatore dell'inflazione?

"No. Ma non c'è dubbio che l'indice Istat sottostimi la vera dinamica dell'inflazione. Le ragioni possono essere complesse, ma i dati empirici dimostrano che il costo della vita è superiore".

Il governatore Antonio Fazio ha notato che per gli aumenti agli statali il governo non ha previsto una lira. Sarà dura la trattativa.

"Per questo c'è malessere. Se a settembre non abbiamo l'accordo generale, il rischio che salti la tornata contrattuale è reale".

Quando incontrerete il governo a settembre sulla Finanziaria, con che proposta andrete?

"I salari non sono tutto. Occorre una vera politica dei redditi che metta sotto controllo prezzi e tariffe. E una politica fiscale capace di fare delle riduzioni mirate dove servono".

Avete un'alternativa alla riduzione delle tasse promessa dal premier?

"Invece di una riduzione generalizzata delle imposte, che secondo il governo costa 12-13 miliardi di euro, basterebbe prendere la metà di questa cifra, spalmarla su due anni e si otterrebbe un fiscal drag straordinariamente protettivo nei confronti dei redditi più bassi. L'altra metà andrebbe alle imprese, per sconti fiscali a vantaggio delle aziende che investono in tecnologia, ricerca, formazione".

Su questo la Confindustria è d'accordo?

"Secondo me sì. Non lo dice, ma lo pensa. Anche la Confindustria si trova a un bivio, perché rischia di non avere più il vecchio sistema di incentivazione, e di avere tempi lunghi per quello nuovo, che richiederà, come sempre, una verifica con Bruxelles. E sugli sconti dell'Irap è tutto da vedere: c'è una promessa, ma non so se il governo potrà mantenerla. Quindi, anche Confindustria corre il rischio di avere meno di quello che pensa".

Piuttosto che la concertazione, che è un tavolo a tre con il governo, non è meglio un rapporto diretto tra parti sociali, voi e la Confindustria?

"Con un governo con il quale è impossibile trovare una sponda, è evidente che un rapporto diretto tra noi e le imprese può essere positivo. Il problema è trovare il terreno su cui maturare questa convergenza. È questa ricerca che è un po' faticosa. La mia opinione è che abbiamo almeno due campi di interesse comune molto forti. Il primo è quello delle politiche industriali: studiare gli interventi migliori per sostenere la nostra offerta di beni industriali che sta attraversando una fase critica".

E il secondo?

"Il terreno della previdenza integrativa con i fondi chiusi, che sono di gestione bilaterale, e tutti i temi della formazione, legati in modo particolare a quel fondo dello 0,30 per cento che è nella disponibilità delle parti sociali. Ma che è ancora fermo per via dei problemi che la legislazione e il ministero hanno posto sulla natura pubblica o privata del fondo".

La gestione delle risorse vi vede uniti. Casca l'asino solo sulla revisione del modello contrattuale?

"Rischiavamo una rottura profonda, perché sulla verifica degli accordi del 23 luglio ci sono opinioni diverse".

E il contratto dei metalmeccanici. La Fiom è la sua spina nel fianco?

"No. È il più grande sindacato del settore. E se non ha firmato gli ultimi due contratti, si prepara adesso al rinnovo del biennio economico con la ricerca di un'intesa con Fim e Uilm. Bisogna fare di tutto per fare un accordo unitario".

Messaggio chiaro. Ma da Cisl e Uil non vi dividono solo i ribelli metalmeccanici, ma il nuovo modello contrattuale. La strettoia è: contrattazione aziendale o territoriale?

"La Cgil non è mai stata contraria a rafforzare il secondo livello di contrattazione. Il problema è che cosa se ne fa del primo livello: se per rafforzare il secondo livello bisogna indebolire il primo, che ha una funzione di solidarietà retributiva e normativa, la Cgil non è disponibile".

Ma il secondo livello dove si contratta: in azienda, o sul territorio?

"In azienda, e su dimensione territoriale per le imprese più piccole".

E cosa si distribuisce: la produttività?

"E in molti casi, se conti solo sulla produttività, non riesci a garantire neanche il recupero dell'inflazione reale. Quindi i riferimenti devono essere due: inflazione reale e produttività. Il problema di come ripartisci la produttività, tra livello nazionale, azienda e territorio, è il terreno del confronto. Bisogna arrivare a un punto di vista condiviso con Cisl e Uil prima di affrontare una verifica con Confindustria. Ma io non sono disponibile a una modifica che stravolga l'impianto contrattuale, mentre sono disponibile a lavorare, con tutti gli strumenti che si possono inventare, a rafforzare il secondo livello".

Nessuna devolution del sistema contrattualistico, quindi.

"No. Sul federalismo con Confindustria abbiamo opinioni simili, perché qualsiasi ripartizione di poteri verso le regioni implica aumento dei costi. Quando ci sarà il referendum, la Cgil darà indicazione di votare no a questo tipo di riforma".


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