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L'Espresso-CISL; cara Moratti addio

Scuola Cisl: cara Moratti, addio Dopo aver dato credito al ministro dell'Istruzione, anche il sindacato più moderato sbatte la porta. E annuncia: per difendere la scuola, siamo pronti allo sciopero...

29/03/2002
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L'Espresso

Scuola
Cisl: cara Moratti, addio
Dopo aver dato credito al ministro dell'Istruzione, anche il sindacato più moderato sbatte la porta. E annuncia: per difendere la scuola, siamo pronti allo sciopero generale

di Andrea Benvenuti
"Per difendere la scuola siamo pronti allo sciopero generale. Se il governo non cambierà idea, troverà sul suo cammino l'opposizione unitaria di Cgil, Cisl e Uil. Il paese rischia un pericoloso attacco al diritto all'istruzione così come è sancito dalla Costituzione. E anche il ricorso allo strumento della delega per una rapida approvazione della riforma dei cicli indica l'indisponibilità dell'esecutivo a confrontarsi con le parti sociali". E' l'amaro sfogo di Daniela Colturani, segretario generale della Cisl, nemica acerrima della riforma Berlinguer e grande sponsor della linea del dialogo con il ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti.

Ma oggi il vento è cambiato. E dopo il fallimento degli Stati Generali, lo stravolgimento del documento Bertagna, l'annuncio dei tagli al personale e la chiusura al confronto sul contenuto della riforma dei cicli, Colturani ha chiuso la porta al ministro-imprenditore e pensa allo sciopero generale.

Ma la Cisl aveva dato credito alla politica della Moratti?

"E' vero. Come sempre, nell'ottica della concertazione, abbiamo dato fiducia non a una persona ma a un metodo: quello del confronto. Moratti aveva assicurato che la riforma ci avrebbe coinvolto tutti e che il documento finale da presentare in Parlamento sarebbe stato il risultato di questo metodo. Ma così non è stato. Ora ci troviamo di fronte a un provvedimento completamente diverso a cui il ministro ha rimesso mano senza consultarci".

E' sorpresa?

"Sono esterrefatta e arrabbiata. Il documento Bertagna rappresentava una buona base di partenza. Ne abbiamo condiviso il richiamo ai valori della famiglia, la centralità della figura dell'insegnante e il mantenimento dell'impostazione dei cicli suddivisi in elementare, medie e superiori. Su questa impostazione si poteva discutere ma, all'improvviso, tutti i buoni propositi sono stati dimenticati. E oggi, quello che approda in Parlamento è un disegno di legge completamente diverso, un contenitore vuoto, senza risorse e, cosa ancora più preoccupante, senza un chiaro progetto educativo".

E che tipo di scuola ci troveremo di fronte?

"E' proprio questo il punto. Nessuno riesce a immaginarlo. C'è molta confusione. Quello che sappiamo è che, a partire dal prossimo anno scolastico, ci saranno 8.500 insegnanti in meno e che la decisione, introdotta dalla riforma, dell'accesso anticipato dei bambini alla scuola elementare a cinque anni e mezzo, invece che a sei, metterà a seria prova l'erogazione dei servizi all'infanzia dei Comuni italiani. Una vera e propria batosta a cui anche l'Anci, l'Associazione nazionale dei comuni italiani, si è ribellata. Infatti, con questa impostazione, molti sindaci dei comuni del Sud non potranno organizzare i servizi aggiuntivi all'infanzia perché i loro bilanci non lo permettono e diventerà una prerogativa solo dei colleghi del Nord. Un'impostazione aberrante che discrimina i cittadini e le famiglie in base al reddito del comune in cui vivono o sono nati. Ma purtroppo non è l'unica sorpresa".

Quali altre sorprese ci riserva il ministro dell'Istruzione?

"Due in particolare. La prima è quella di attentare all'unitarietà dell'istruzione. Quella, cioè, di pensare a un sistema federale sbilanciato sulle realtà territoriali. La guerra in atto, all'interno della maggioranza, su quale debba essere la percentuale regionale dei programmi scolastici ne è una chiara dimostrazione. La Lega infatti, appoggiata dal presidente della Regione Lombardia Formigoni, chiede che il 25 per cento dei programmi siano di competenza delle Regioni, mentre An non intende superare il 15 per cento. La seconda novità preoccupante riguarda invece tutta la partita della formazione professionale. Alle Regioni spetterà gestire i 720 istituti professionali, oltre 400 mila iscritti e tutto il corpo docente. Da questo punto di vista, registriamo una fuga di massa degli insegnanti dagli istituti professionali ai licei. Il personale non sarà più statale, la gestione sarà di esclusiva competenza dei governatori e in molti temono di perdere il posto. E, anche in questo caso An si è opposta insieme ai Ccd per limitare i danni.

Verrebbe da dire: meno male che c'è An...

"Certamente, partiti della maggioranza come An e Ccd sono gli unici che hanno mostrato un'attenzione ai contenuti del dibattito educativo. Forza Italia e Lega invece non ci hanno perso tempo. In realtà, Moratti ha solo pensato a portarsi a casa un po' di consenso: prima quello di An sui cinque anni del liceo invece che quattro; poi quello della Regioni sulla partita della formazione professionale. E ora pensa alla Lega con la quota del 25 per cento dei programmi regionali".

Eppure il Governo dice di far riferimento all'attuazione della legge sull'autonomia scolastica.

"Una cosa è l'autonomia scolastica degli istituti in una cornice nazionale. Un'altra è la frammentazione del diritto allo studio. Ci siamo battuti tutti per ottenere l'autonomia scolastica, ma qui si rischia di sostenere l'idea di scuole regionali, con presidi manager e con organi collegiali ridicoli dove, per le scuole elementari e medie, si pensa a comitati formati da tre insegnanti e cinque genitori (uno dei quali sarà il presidente della commissione di valutazione del lavoro degli insegnanti) mentre, per le scuole secondarie, a quelli composti da tre docenti e due alunni. Questa impostazione non ha niente a che vedere con l'autonomia scolastica. Non ha senso. Non si può pensare a un paese dalle mille scuole né accettare che venga stravolto il ruolo fondamentale della scuola statale".

E cosa vi aspettate dal rinnovo del contratto?

"In verità poco o niente. Le risorse per il rinnovo non sono state previste. Noi puntiamo alle risorse del Piano quinquennale per gli investimenti scolastici: una parte dei 19 mila miliardi di lire annunciati dal ministro a cui vanno aggiunte le duecentomila lire del recupero dell'inflazione e i 400 miliardi ereditati dalla vertenza con il Governo Amato. Poche risorse, in verità, se si pensa che il rinnovo del contratto è quadriennale e va diviso per un milione di lavoratori. L'Italia è il paese che più parla di istruzione ma che meno spende. Di questo passo, la marcia di avvicinamento alla media degli stipendi europei degli insegnanti sarà troppo lenta".

Le divisioni con la Cgil sono ormai alle spalle?

"Noi abbiamo praticato la strada della concertazione e del confronto, ogni qualvolta ce ne siano state le condizioni. Oggi queste condizioni non ci sono più. La scuola ha bisogno di risposte chiare, di risorse e progetti seri. Insieme a Cgil e Uil siamo pronti a lanciare la sfida al governo".


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