L'equivoco formativo: segregazione e descolarizzazione
L'equivoco formativo: segregazione e descolarizzazione. Ce la farà la Moratti a varare il decreto sulla riforma della secondaria superiore? Le scommesse sono aperte. Il termine della de...
L'equivoco formativo: segregazione e descolarizzazione.
Ce la farà la Moratti a varare il decreto sulla riforma della secondaria superiore? Le scommesse sono aperte. Il termine della delega scade a marzo e per farcela dovrebbe uscire entro Natale. E' il pezzo strutturalmente più complicato: materie, indirizzi, insegnanti diversi tra loro. Ed è anche il pezzo più impegnativo visto che si vuole dividere in due il sistema: i licei, la serie A, allo Stato (devolution permettendo), i professionali, la serie B, alle regioni. I lavori sono supersegreti ma al Ministero le lobby interne si stanno dando da fare per non andare in B. A ciò si aggiunge il larvato dissenso di Confindustria: timorosa di vedere gli Itis schiacciati sulla formazione professionale propone di chiamarli licei tecnologici e di lasciarli allo Stato. La proposta aggrava il problema dei professionali sempre più soli e marginalizzati, ma è una bomba sul modello liceale astratto che la Moratti vorrebbe.
E se la riforma della superiore, irriformata, non va in porto l'aver puntato subito sull'elementare, riformata nell'85, si rivela come il tentativo di affondare il bisturi non dove c'era più bisogno ma dove l'operazione sembrava strutturalmente più facile da praticare e da usare in termini di propaganda, se non fosse che la reazione di insegnanti e famiglie ha mandato all'aria anche questo piano.
Nel frattempo però due decreti sono stati mandati avanti: quello sul diritto-dovere e quello sull'alternanza scuola-lavoro.
Non contenti di aver dato all'Italia la legge più tristemente originale che al mondo si possa vantare, l'arretramento dell'obbligo scolastico dai 15 ai 14 anni, ora l'obbligo stesso viene sostituito con il più vago diritto-dovere, garantito, si dice, fino a 16 anni. Ma non a scuola: nella formazione professionale e nell'apprendistato, che col nuovo decreto 276 non prevede neppure un'ora di formazione!
Il secondo decreto dispone invece l'alternanza scuola-lavoro, ma non per gli apprendisti: per gli studenti, che andranno a lavorare gratis!
Si toccano qui due dei punti più equivoci di tutta la faccenda che derivano a due handicap storici delle politiche formative nostrane.
Il primo: la mancanza di una cultura della formazione professionale nella nostra borghesia a differenza di quella di altri paesi europei. In Italia l'apprendistato è sempre servito solo a sfruttare meglio mano d'opera giovane. In Italia nel 2002, dati Isfol, su 400.000 apprendisti solo 31.000 hanno frequentato corsi di formazione: formazione, non scuola. In Italia si divide in tre cose diverse (formazione professionale, alternanza e apprendistato) ciò che altrove è una cosa sola: la formazione professionale consistente in metà tempo di apprendistato e metà di scuola (600-700 ore di scuola vera, educazione fisica compresa!) e in cui si entra a 16 anni.
Il secondo handicap: una scuola media corta che termina a 13-14 anni mentre nel resto d'Europa termina a 15-16, in corrispondenza della fine dell'obbligo scolastico e del limite per l'accesso al lavoro. Il che rende indiscutibile la centralità della scuola fino ai 16 anni per tutti, senza alchimie nominalistiche, persino nei paesi dove purtroppo esistono più scuole medie d'indirizzo. Solo da noi si da ai quattordicenni la possibilità di entrare in formazione professionale o nei cosiddetti corsi integrati, in una parola la possibilità di descolarizzarsi..
Non manca solo la cultura della formazione professionale manca anche quella della formazione civile!
Pino Patroncini (da LavoroSocietà n. 30)