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L'educazione civica in classe Obbligatoria già dai tre anni

25/06/2020
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La Stampa

maria rosa tomasello
ROMA
Dalla scuola dell'infanzia fino alla maturità, tutti a lezione di educazione civica: almeno 33 ore di insegnamento obbligatorio, trasversale a tutte le materie (da ricavare nell'ambito dell'attuale monte ore), in cui si parlerà di Costituzione, sviluppo sostenibile e cittadinanza digitale. Con voto finale. Dall'anno prossimo troverà applicazione la legge 92 del 2019: «L'obiettivo è che da piccoli si imparino principi come il rispetto dell'altro e dell'ambiente che li circonda, utilizzando linguaggi e comportamenti appropriati quando sono sui social media o navigano in rete», sintetizza la ministra dell'Istruzione Azzolina illustrando le linee guida.
Definita la "Cenerentola" della scuola, per fare il salto di qualità l'educazione civica ci ha messo oltre 60 anni da quel 1958 in cui l'allora ministro dell'Istruzione Aldo Moro lo inserì nei programmi scolastici. E debutta ora in mezzo al piccolissimi che dovranno essere sensibilizzati a concetti base come il rispetto delle differenze o il benessere. Prevista la formazione per gli insegnanti.
«Credo che si possa insegnare il rispetto delle regole a tutte le età per contribuire a formare cittadini responsabili e consapevoli: certo con i bimbi è più difficile e va fatto sotto forma di gioco, senza affrontare questioni teoriche – sottolinea Maria Angela Grassi, presidente dell'Associazione nazionale pedagogisti italiani (Anpe) –. In Italia sono pochi i bambini che frequentano il nido e sono socializzati prima dei tre anni: ormai c'è la sindrome del bambino re o della piramide rovesciata, i bimbi sono accontentati, viziati, quindi insegnargli fin da piccolissimi le regole non è o sbagliato».
Massimo Luciano Sidoti, pedagogista, coordinatore Anpe in Sicilia, da anni impegnato sui temi della cittadinanza attiva, è scettico: «A tre anni non c'è consapevolezza, mi pare prematuro: noi parliamo di urbanizzazione, ambiente. Meglio alla primaria». All'istituto Felice Chiarle di Peschiera del Garda, dove insegna, il lavoro è già impostato: «Ci stiamo lavorando da un po'. La cosa più importante è fare uscire i bambini sul territorio, allora sì che apprendono. Quindi fare educazione civica con la didattica a distanza, se dovesse accadere, secondo me sarebbe utopia». La cosa più complessa da insegnare ai piccoli? «Le regole della Costituzione: i bambini si rendono conto che nessuno le rispetta, e chiedono: professore, ci dicono di impararle e poi nessuno le applica...».
Per Gianfranco De Lorenzo, segretario dell'Associazione, formatore ed esperto in Criminologia, si tratta di «un passo avanti, anche se 33 ore non sono molte». Fino a oggi, sottolinea, gli insegnanti inserivano i temi dell'educazione civica nelle programmazioni disciplinari, o in progetti, mentre adesso la materia trova una sua collocazione istituzionale: «Io l'avrei inserita come disciplina, con un insegnate apposito, ma certo è un passo avanti. Ai bambini come ai ragazzi la cosa più importante da insegnare è il concetto di comunità. Oggi anche per via delle nuove tecnologie prevale l'individualismo: il rispetto dell'altro è la cosa più difficile da far comprendere e anche se i bimbi sono abituati a giocare insieme, è il senso dello stare insieme che va riscoperto».


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