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L'Avanti-La tregua della politica per la scuola

La tregua della politica per la scuola Alcuni segnali inducono a ritenere che, malgrado l'acuirsi dello scontro tra governo e opposizione, dovuto all'avvicinarsi delle prossime elezioni regionali,...

05/03/2005
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Avanti!

La tregua della politica per la scuola

Alcuni segnali inducono a ritenere che, malgrado l'acuirsi dello scontro tra governo e opposizione, dovuto all'avvicinarsi delle prossime elezioni regionali, il confronto in atto sull'attuazione della riforma del secondo ciclo possa assumere toni meno esasperati, e perfino un carattere più propositivo. A creare un clima di minore tensione concorrono da una parte la dichiarata disponibilità del ministro Moratti a recepire alcune indicazioni emergenti dal dibattito in corso, e dall'altra la consapevolezza, che sembra essere comune alle parti più responsabili della maggioranza e dell'opposizione, del danno irreparabile che deriverebbe alla scuola italiana dall'ulteriore continuazione dello stato di grande confusione e incertezza che grava sul destino delle scuole secondarie, soprattutto quelle dell'area tecnico-professionale. Un contributo alla distensione viene anche dalle Regioni, che hanno messo la sordina alla richiesta, inizialmente avanzata da alcune di esse, di vedere preventivamente "passati" alla loro "competenza esclusiva" gli attuali istituti tecnici e professionali. In attesa di poter gestire l'insieme dell'offerta formativa di istruzione e di formazione, come la Costituzione del 2001 prevede a regime, le Regioni, sia di centrodestra che di centrosinistra, sarebbero ora orientate a non fare le barricate contro lo schema di decreto legislativo predisposto dal ministero, che pure attraverso i 12 o 13 indirizzi tecnologici ed economici inseriti nell'area dei licei confina di fatto il "sistema di istruzione e formazione" in limiti assai angusti, facendolo coincidere in pratica con i corsi triennali di qualifica realizzati dalle Regioni sulla base dell'accordo quadro con lo Stato. Caso mai, lasciano intendere gli assessori regionali (anche quelli che fanno riferimento al centrodestra), saranno le stesse Regioni, una volta pienamente attuato il nuovo titolo V della Costituzione, a gestire l'offerta formativa sul territorio in tutte le sue articolazioni, comprese quelle professionalizzanti. Fino a quel momento, in sostanza, le Regioni non sarebbero interessate ad acquisire pezzi dell'attuale sistema scolastico, anche perché non sarebbero comunque in grado di governarne l'elevata complessità: migliaia di sedi, decine di migliaia di insegnanti sindacalizzati, titolari di cattedre corrispondenti a classi di concorso stabilite a livello nazionale, sovrapposizione dei corsi dell'ex istruzione professionale e tecnica con quelli dell'ex formazione professionale regionale e così via. A favorire la creazione di un clima di minore tensione è però soprattutto il lento, ma chiaro processo di riassestamento delle proposte ministeriali riguardanti il secondo ciclo attorno a una interpretazione dello spazio da assegnare al "sistema di istruzione" tanto ampia e articolata da farvi rientrare in pratica quasi tutti gli attuali istituti tecnici e professionali. La proposta del Miur è in sostanza quella di "ospitare" all'interno dell'area liceale un'articolata subarea tecnico-professionale, che Confindustria e buona parte della sinistra e dei sindacati vorrebbe ancor più caratterizzata in senso professionalizzante. La sostanziale convergenza politico-istituzionale di un ampio schieramento trasversale attorno al modello neounitario predisposto dal Miur ha suscitato resistenze e proteste soprattutto da parte di chi aveva con maggiore convinzione sostenuto un'interpretazione coerentemente "duale" della legge n. 53/2003, all'insegna della "pari dignità" dei due sottosistemi ivi prefigurati (Udc, una parte di Forza Italia, il professor Bertagna, ispiratore della riforma). Un bel problema per il ministro, che sembra comunque intenzionata a procedere per la strada intrapresa, e a deludere le aspettative dei "falchi" di casa sua. Certo, non le sarà facile trovare un punto di sintesi all'interno della maggioranza senza poter contare, per ragioni politiche generali, su una diminuzione dell'ostilità da parte dell'opposizione e dei sindacati. Ai quali, per la verità, la piega che hanno preso le cose negli ultimi mesi non dovrebbe in fin dei conti dispiacere (come non dispiace alle Regioni), perché esprime una tendenza a rivedere la radicalità del modello "duale" in direzione di un impianto più unitario del secondo ciclo, evitando controversie di tipo istituzionale con le Regioni. Visto il profondo disagio che serpeggia tra gli istituti interessati (tecnici, professionali, istituti d'arte), e tra i genitori che devono scegliere a quale scuola iscrivere i loro figli, una soluzione come quella prospettata dal ministero, che non rinnega la "dualità" dell'offerta, ma la riconduce all'interno del sistema di istruzione (licei), avrebbe almeno il vantaggio della chiarezza. Una proposta che se accompagnata da un'apertura di credito verso l'autonoma capacità progettuale delle scuole, che sono certamente in grado di arricchire e diversificare la loro offerta in direzione delle formazione professionale e continua, potrebbe ripristinare quel rapporto fiduciario tra scuola e società senza il quale nessuna riforma potrà rivelarsi davvero efficace. Le posizioni assunte dal ministro sul secondo ciclo dovrebbero assicurare se non l'apertura di un dialogo con l'opposizione, quanto meno una tregua, che potrebbe favorire la maturazione di soluzioni ponderate, e magari più ampiamente condivise. niceforo@mclink.it
Orazio Niceforo


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