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L’autunno caldo della scuola italiana, contro la pessima legge Giannini-Renzi

Intervista di Pino Salerno a Domenico Pantaleo, segretario generale FLC CGIL.

01/08/2015
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Jobsnews

Fine luglio 2015. L’ondata di proteste contro la riforma Giannini si è ormai fermata per ferie, anche se agosto è un mese decisivo per la scuola italiana. Rivediamo intanto i punti critici della legge Giannini sulla scuola.

Intanto questa legge non risponde ai bisogni di un sistema d’istruzione all’altezza dei tempi. Non contiene un modello di scuola, in realtà. È tutta schiacciata sulle questioni organizzative e amministrative. Non affronta i grandi temi: una profonda innovazione dei modelli didattici e dei programmi. È questo il vuoto che si avverte. Ad esempio, ci sono alcuni temi che sono stati elusi da questa legge: il primo è l’elevazione dell’obbligo scolastico a 18 anni, che è una misura in discussione in quasi tutti i paesi europei e serve a includere maggiormente nella società e nel lavoro. Più alti livelli d’istruzione significano più alti livelli d’inclusione nella società e nel lavoro, significano padroneggiare molto meglio i cambiamenti che si producono nella società, nei campi dell’economia e della comunicazione, ad esempio.

La sfida della conoscenza è anche la sfida della nuova inclusione sociale?

Certo. Questo è il punto. Questo assunto di principio si abbina alla considerazione dell’istruzione come diritto umano fondamentale e come bene comune dell’intera società. È così che occorre intendere culturalmente il tema dell’istruzione. Il secondo tema eluso dalla legge Giannini: non esiste una strategia di lotta alla dispersione scolastica, una vera piaga che sta allargandosi, anche con modalità differenti rispetto al passato. La dispersione oggi è anche il frutto della disperazione economica e sociale, della povertà in aumento, per cui molte famiglie non riescono più a mandare i propri figli a scuola. E nella legge, nulla si dice a proposito del diritto allo studio. Manca del tutto una risposta efficace, che significa anche venire incontro ai nuovi bisogni delle ragazze e dei ragazzi del nostro Paese. Il terzo tema del tutto eluso è il Mezzogiorno. Tutti i dati ci dicono che i livelli di apprendimento nel Mezzogiorno sono in grossa difficoltà, penso a materie fondamentali come l’Italiano e la Matematica, non c’è un’offerta qualitativa all’altezza dei tempi, esiste un problema infrastrutturale, con scuole che cadono a pezzi, ma anche con scuole non dotate delle necessarie infrastrutture, coma la biblioteca o la palestra, con scuole che vivono in contesti molto difficili, nel degrado delle periferie urbane. Eppure, istruzione e formazione sono utilissimi strumenti proprio per i ragazzi del Mezzogiorno, che così possono combattere l’illegalità organizzata nelle zone più a rischio.

Ma c’è bisogno di rivedere i cicli scolastici, parametrandoli proprio all’innalzamento dell’obbligo scolastico. Occorre, per esempio, rendere l’ultimo anno della scuola dell’infanzia obbligatorio. Insomma, la riforma dei cicli si porta dietro una completa rivisitazione del modo d’essere della scuola. In questa nuova strategia andrebbe ricollocata la nuova funzione dell’orientamento, che manca del tutto nel nostro paese. Penso ad esempio al potenziamento del rapporto tra scuola e università, da cui passa la scelta dell’orientamento. E infine, non vi è, nella legge Giannini, un’idea all’altezza dei tempi del rapporto tra istruzione e lavoro. È del tutto errato il modo in cui finora si è strutturato il tema dell’alternanza scuola-lavoro. Occorre invertire la logica. Non è l’istruzione che deve essere subalterna alla domanda dell’impresa, perché se così fosse, in un paese dal basso livello tecnologico nelle aziende, dalla scarsa propensione alla ricerca, con dimensioni molto piccole e scarsamente introdotte nella filiera tecnologica in cui oggi si compete, la richiesta delle imprese è quella di una istruzione scarsa e minimale. Noi invece crediamo che questa logica vada totalmente ribaltata. L’istruzione, come l’innovazione e la ricerca, devono penetrare nel sistema delle imprese, proprio per cambiare le modalità tradizionali di fare impresa. Per effetto della crisi di questi anni, le modalità del lavoro e del fare impresa cambieranno radicalmente. I giovani hanno cambiato atteggiamento verso i tempi di vita e di lavoro. Vivono quest’ultimo in modo non più totalizzante e affermano un maggiore bisogno di libertà.

Chiariamo meglio il rapporto tra giovani, scuola e lavoro. E soprattutto la risposta da dare al bisogno di libertà.

Ti faccio un paio di esempi, per chiarire ciò che penso. Oggi si verifica uno stupefacente ritorno di tanti giovani all’agricoltura, con l’effetto di modernizzare le coltivazioni e le produzioni. Essi mettono a disposizione delle campagne il loro sapere acquisito nelle scuole di specializzazione e nelle università. Non dovremmo incentivarli? E come? La riforma Giannini non risponde a questa nuova sfida. Ma penso anche all’impegno profuso da tantissimi ragazzi per l’ecosostenibilità e per l’ambiente, soprattutto nelle realtà urbane e metropolitane. Ecco alcuni esempi di legame tra saperi e lavori, con forte accentuazione della libertà di scelta. La scuola per sua natura è il centro della socializzazione, della libertà, della creatività e della democrazia. Per questo non può diventare ancella dell’impresa. La scuola non può “produrre” persone che poi vadano a lavorare con scarse competenze e a qualunque condizione che l’impresa fissa.

Torniamo alla stretta attualità agostana. Affrontiamo più da vicino la questione della stabilizzazione dei precari. Qual è il punto di vista della Cgil?

Intanto, dobbiamo essere consapevoli del fatto che i meccanismi tradizionali di reclutamento dei docenti non funzionano più. Per questa ragione abbiamo chiesto con insistenza al ministro Giannini di elaborare nuove strategie e nuovi progetti di riqualificazione della funzione docente, dando però a tutti prospettive, ai precari e ai giovani che volessero entrare nel mondo della scuola. Invece il governo ha scelto la via più breve e la più demagogica. La conclusione è che siamo in pieno caos. Tantissimi docenti precari sono meridionali, e la proposta che verrà fatta loro sarà: o emigri al nord o altrimenti perdi questa opportunità. Ora, noi sappiamo che si tratta di precari “storici”, che hanno messo su famiglia e hanno contratto mutui, che si sono adattati alle realtà dell’insegnamento delle scuole del sud. Improvvisamente e improvvidamente saranno sradicati. Tutto ciò è l’effetto dei tagli ai docenti e al personale Ata effettuati all’epoca del ministro Gelmini, pari a 130 mila unità, e del cambiamento demografico avvenuto al nord per la massiccia presenza degli immigrati. Pertanto, oggi vi sono pochi posti disponibili al sud e molti posti al nord. È una doppia ingiustizia, nei confronti del Mezzogiorno, che si vede svuotare di tante energie intellettuali, e nei confronti dei singoli docenti. Siamo appunto in una situazione caotica, determinata proprio dalle scelte, assunte o mancate, da questo governo, al di là delle chiacchiere demagogiche. Aggiungici l’assenza dei rinnovi contrattuali e l’apertura di una grande questione salariale, e ti spieghi perché sarà un autunno molto caldo per la scuola italiana. Mentre i contratti non si rinnovano, vengono imposti nuovi meccanismi premiali, fino a duecento milioni di euro. Un grave errore.

Aggiungo anche il fenomeno del “caro scuola”, che anche quest’anno vedrà aumenti sia nei libri di testo, programmati tra il 18 e il 30%, che nell’insieme dei prodotti di cartoleria. Nuove ingiustizie sociali si presenteranno all’inizio dell’anno. Quali sono le tue valutazioni?

Intanto, io penso che vi sia bisogno di una grande alleanza, tra docenti, personale non docente, dirigenti scolastici, famiglie e studenti, i territori, perché sono in gioco alcuni valori costituzionali fondamentali. Tutto ciò che si sta costruendo da parte di questo governo sulla scuola, spinge verso una direzione chiara: la scuola di massa, come l’abbiamo conosciuta, non viene più considerata sostenibile in questo paese, perché secondo loro costa molto. Non a caso è stata lanciata un’offensiva contro il ’68, proprio dal ministro Giannini, che evidentemente è contraria all’istruzione di massa. Siamo di fronte ad un attacco contro la scuola per tutti, che passa sotto mille forme, dal caro libri al contributo “volontario” delle famiglie, alla riduzione di molti servizi. È un’operazione subdola. Con l’attribuzione dei fondi in base a cervellotiche valutazioni, alcune scuole, dei ricchi, saranno favorite, anche nell’offerta formativa, mentre le scuole dei poveri continueranno ad essere penalizzate. Si sta compiendo una vera e propria selezione di classe. E una profonda disuguaglianza. Si sta costruendo scientificamente la frattura tra nord e sud, e tra ricchi e poveri. Questo è il peggior danno che si sta portando alla scuola.

Il governo ha sposato in pieno le ricette ultraliberiste. Per questo occorre un’alleanza che garantisca, a tutti, livelli ottimali d’istruzione. Non intendiamo mollare. Stiamo già preparando, anche in piena estate, la fase della mobilitazione a settembre. Lo faremo dentro le scuole, e anche al di fuori delle scuole. Dentro le scuole, mettendo in discussione i capisaldi della riforma Giannini, e per affermare con forza che libertà e democrazia non si possono cancellare nelle scuole. E al di fuori, tenteremo un accordo tra scuole e università, perché, secondo me, lo stesso modello ultraliberista si intende applicarlo alle università. Anche per l’università, il concetto prevalente di questo ministro e del governo è che non possano accedere tutti. Stanno costruendo le nuove elite politiche e sociali a tutto discapito della Costituzione e della giustizia sociale. Il punto di raccordo sarà anche la lotta per i rinnovi contrattuali, fermi dal 2009. Metteremo in campo tutto questo, fino ad arrivare in autunno ad un grande sciopero generale. La scuola è un bene comune, è un bene sociale, e determina le forme dell’inclusione o dell’esclusione. Per questa ragione, interessa tutti i cittadini. Ed è per questo che uniremo le strategie vertenziali con l’apertura di una grande campagna di comunicazione sul tema della centralità della scuola e dell’istruzione per tutti, come diritto umano fondamentale e inviolabile.


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