FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3797497
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » L'Arena-"La riforma svuota i centri professionali"

L'Arena-"La riforma svuota i centri professionali"

Grido d'allarme dei sindacati e degli addetti al lavoro che non condividono una parte del nuovo decreto del ministro Moratti "La riforma svuota i centri professionali" Il timore è che si perd...

30/07/2005
Decrease text size Increase text size
L'Arena

Grido d'allarme dei sindacati e degli addetti al lavoro che non condividono una parte del nuovo decreto del ministro Moratti
"La riforma svuota i centri professionali"
Il timore è che si perda la cultura del lavoro e diventino luoghi di istruzione di serie B
Una riforma che divide il settore scolastico.
È quella della formazione professionale affidata ai diversi centri presenti sul territorio veronese. Nonostante i primi decreti attuativi, firmati dal ministro Letizia Moratti, pare stiano facendo breccia tra la diffidenza generale delle famiglie e le opposizioni dei sindacati, si continua ad alzare il muro contro la riforma. Soprattutto da parte degli addetti ai lavori i primi a mettere in atto le modifiche ministeriali. Sono loro a vedere, in questo riordino del sistema scolastico, messa sempre più in crisi una istituzione: quella dei cosiddetti Cfp, i centri di formazione professionale, fino ad oggi l'autentica alternativa al percorso scolastico tradizionale di licei ed istituti tecnici.
Una scuola in cui si predilige un approccio diretto al fare le cose, ancor prima, del saperne cogliere le nozioni e le teorie, frequentata finora da un numero crescente di studenti che, in numerosi casi, non solo hanno raggiunto il diploma ma hanno persino intrapreso il percorso universitario.
Oggi di questa esperienza, del tutto parallela all'istruzione professionale, potrebbe rimanere il vuoto. E il condizionale sembra sempre più la regola attraverso cui leggere la stessa riforma Moratti, accusata da più parti di lasciare "vuoti" normativi destinati a molteplici e contrastanti interpretazioni.
I vantaggi della nuova formazione professionale? Ce ne sono. Almeno sulla carta. Innanzitutto la creazione delle passerelle anche per gli iscritti ai Cfp, consentendo a molti giovani di venire "riorientati" verso altri ordini di studio, senza l'obbligo di frequenza di corsi propedeutici o anni integrativi, e tanto meno di dover sostenere rigidi esami di ammissione.
E poi la qualifica, che si ottiene al compimento del terzo anno di studio, che rivoluziona anche la durata stessa della formazione professionale dai due anni del passato ai futuri tre. Qualifica che potrà dare accesso anche al quarto anno di studi per coloro che vorranno sostenere la "maturità".
Insomma novità importanti che, però, si scontrano inevitabilmente con i punti "no" del decreto Moratti. Arturo Gabanizza, da 35 anni docente di grafica e cultura civica al centro di formazione professionale dei Salesiani San Zeno di Borgo Milano ha cercato di sintetizzarli.
"Il rischio più grosso è la "marginalizzazione" della formazione professionale. La riforma demanda alle regioni il compito del finanziamento delle attività. Queste, con appartenenze politiche diverse su tutto il territorio nazionale, possono destinare o meno i fondi necessari all'avvio dei dei corsi della formazione. Finora il ministero ha affermato, ad esempio, che metà dei finanziamenti possono essere attinti dal Fondo sociale europeo, ma questo, ad esempio, scade quest'anno e grava così l'incognita subito per gli anni a venire".
Sono solo alcune ragioni contenute in una lettera aperta indirizzata al nostro giornale e firmata anche dalle rappresentanze sindacali del Centro San Zeno dove, ad oggi, sono tre gli indirizzi della formazione professionale, grafico, elettrotecnico e meccanico, frequentati ogni anno da più di 500 studenti.
"Il timore da più parti paventato è che si perda la cultura del lavoro", ha concluso Gabanizza, "e che la formazione professionale finisca per diventare una scuola di serie B".
Preoccupazioni a cui fa eco Franco Piazzi, coordinatore regionale della Formazione Professionale per conto del sindacato Uil-Scuola: "La bozza di decreto è molto, anzi troppo vaga. Proprio nel silenzio e nella duplice interpretazione dei testi si può passare da un sistema all'altro come sta accadendo già in alcune regioni italiane. Ad esempio c'è il rischio che molti centri di formazione professionale debbano chiudere i battenti se l'indirizzo del decreto Moratti dovesse venir letto nella direzione di permettere l'insegnamento solo a quei docenti in possesso dell'abilitazione. Attualmente l'80 per cento del personale ne è sprovvisto, perché fino ad oggi non richiesto. È ovvio in tal modo che ciò che svolge il Cfp verrebbe così ad essere "assorbito" dagli Ipsia, cioè dall'istruzione professionale che comunque si differenzia per un approccio meno pratico nelle diverse attività didattiche".
Infine i finanziamenti. "La regione Lombardia, ad esempio ha già operato alcune scelte nei corsi da sostenere economicamente", ha ripreso Piazzi, "obbligando, ad esempio, molti indirizzi ad essere a totale carico di chi li frequenterà. Come si comporterà la regione Veneto che ha ancora da stanziare 20 miliardi delle vecchie lire per far partire tutti i corsi di formazione istituiti a livello regionale?".
Ciò che può sembrare all'apparenza un vantaggio della riforma, poi, rischia di trasformarsi in ulteriore problema da risolvere. "L'innalzamento dell'obbligo scolastico per gli studenti del Cfp, ad esempio, ha comunque introdotto nuovi contenuti didattici rivolti a giovani che fino ad oggi sceglievano proprio la formazione professionale perché meno portati allo studio teorico delle diverse discipline", interviene Cristiana Mattioli, responsabile provinciale Rsu dei centri professionali per conto della Cisl-Scuola.
"L'assorbimento dell'obbligo, dapprima salutato come una importante innovazione della riforma, sta già portando ad un progressivo aumento nel numero degli studenti. In molti casi di tratta anche di stranieri che evidenziano problemi di lingua ed integrazione. Il tutto a pesare sulle spalle della categoria insegnante, già chiamata a lavorare per 26 ore frontali la settimana, con un contratto scaduto da tempo e che demanda ad una concertazione regionale in realtà mai esistita". (r.p.)


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL