L'Arena-Insegnanti sul piede di guerra
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- PERCHÉ SCIOPERO
Insegnanti sul piede di guerra
Lunedì di mobilitazione, si prevede il blackout. Protestano anche i presidi
Salgono a dieci le sigle sindacali pronte a far crollare il numero delle presenze a scuola, lunedì prossimo, 15 novembre. Oltre ai sindacati confederali di Cgil, Cisl e Uil hanno già offerto il proprio "sì" alla manifestazione anche i comitati di base, Cobas, l'associazione Unicobas, il sindacato corporativo della Gilda e le sigle Ugl, Usi Ait, Antes ed SdbS.inCobas. Uno sciopero che preannuncia il black-out quasi totale dalle lezioni per gli oltre 8 mila dipendenti del settore (infanzia 582, primaria 3268, medie 1845, superiori 2445, a fronte di 95.688 alunni), con il solo sindacato autonomo Snals a non partecipare alla manifestazione. Numerosi i punti rivendicati dal sindacato contro ministero e governo. Oltre ai tagli previsti nei finanziamenti alla scuola per effetto della manovra finanziaria che, stando ai primi calcoli, erogherà soltanto il 2% dei fondi previsti, si protesterà in piazza anche per il blocco delle assunzioni stabilito dalla legge 143 in materia di precariato. "Ma è sul contratto di lavoro, fermo nella sua parte economica ormai da undici mesi, e sulle proposte del governo di concedere solo il 3,7% di aumento di stipendio per i prossimi due anni a fronte di una richiesta sindacale dell'8, che si concentrerà il dissenso dei lavoratori", spiega Francesca Pavanello, segretario provinciale Cisl-Scuola. "Per non parlare dell'iniziativa di modificare lo stato giuridico del personale scolastico "regimentando" tutta la storia di ciascun dipendente - dal primo rapporto di lavoro a tempo indeterminato e fino al termine della carriera - in maniera "militaresca e gerarchica" trasferendone la competenza dalla contrattazione sindacale ad istituzioni decise dal governo stesso".
E di motivi, per così dire, "satellite" per fare numero lunedì mattina non ne mancheranno. Tra i tanti si fa strada anche la proposta ministeriale di abolire, nella scuola primaria, gli insegnanti specialisti di lingue straniere. Chi è in ruolo, indipendentemente dalla materia che insegna, secondo quanto deciso dal ministro Moratti, potrà seguire specifici corsi di aggiornamento e formazione per poter insegnare agli studenti la lingua inglese. Una presa di posizione, questa, denunciata a più riprese dai sindacati, quale pericoloso inizio di un inarrestabile processo di "scadimento" della qualità del servizio scolastico pubblico.
Ma non sarà soltanto il corpo docente e quello del personale Ata ad incrociare le braccia lunedì. In corteo sfileranno anche i capi di istituto. Pur appoggiando in tutto le proposte finora presentate dai sindacati, la loro presenza è soprattutto per richiamare l'attenzione sul mancato accordo contrattuale, scaduto ormai da tre anni.
"Motivo di rivendicazione è il rinnovo del contratto della quinta area della dirigenza pubblica nella sua parte economica fermo al 31 dicembre del 2001", interviene Vincenzo Sabellico, coordinatore dei dirigenti scolastici di Cgil, Cisl e Uil che, ieri mattina, nel corso di una conferenza stampa svoltasi nell'aula magna della scuola media Pacinotti di quartiere Stadio, ha stilato un documento indirizzato anche al Csa di Verona e che sottolinea le richieste della categoria.
"Denunciamo la mancata equiparazione delle cosiddette "retribuzioni di posizione" dei presidi di scuola con quelle degli altri dirigenti statali", ha concluso Sabellico, "Per fare soltanto un esempio i presidi percepiscono in quarta fascia, la più bassa, 3500 euro l'anno di retribuzione di posizione contro i 6 mila di tutti gli altri dirigenti di stato".
Roberto Peretti
"Credo in una scuola pubblica, democratica e libera". E' il commento a caldo di Marilla Franco, 33 anni di scuola elementare, da cinque al III circolo didattico di borgo Trento. La sua posizione è per il "sì" allo sciopero. "La riforma? Mi sembra, in realtà, una autentica controriforma che va nella direzione opposta a tanti provvedimenti importanti introdotti da anni nella scuola statale: i moduli, l'integrazione dei bambini "diversamente abili", l'accoglienza degli stranieri, la pari dignità delle educazioni, la pluralità di insegnamenti. Il tutto avviato per gradi, secondo l'introduzione prima delle sperimentazioni e interpellando la classe docente". "Questa riforma pecca di arroganza", sottolinea Marilla Franco, "viene introdotta secondo un preciso slogan pubblicitario elettorale del governo ma senza che sia voluta né dalla scuola e tanto meno dagli utenti. Ho lavorato all'estero, in Germania, all'inizio della carriera, impegnata nei corsi di avviamento alla scuola dei figli degli immigrati italiani. Da quella esperienza difficile, soprattutto da parte degli studenti nell'essere completamente inseriti ed integrati nel settore scolastico, nel nostro Paese siamo passati invece ad una logica dell'accoglienza grazie alla legge 517 sull'inserimento dei bambini diversamente abili prima e quella sull'accoglienza dei cittadini stranieri poi. La riforma Moratti sembra ripetere gli spettri del passato, proponendo il concetto di "assimilazione" di alunni in classe, anziché una vera e propria integrazione di diversi soggetti. La ragione è presto detta. La finanziaria prevede tagli al personale per gli insegnanti del sostegno, per quelli specialisti oltre ad eliminare ore ai moduli e contrarre l'orario delle singole materie e dei programmi che saranno appiattiti ed impoveriti nei contenuti. Non ultima la "precarizzazione" del lavoro".
Sul fronte degli stipendi è forte infine il dissenso. "Guadagno 1.300 euro al mese dopo 33 anni di servizio. Siamo ben lontani dalla campagna di governo di adeguamento dei salari dei lavoratori dalla scuola alla media europea". (r.per.)
"La professionalità docente? Ridotta oggi alla sostituzione dei colleghi assenti da scuola". Il fronte del "no", pur consapevole dei difetti della riforma Moratti e condividendo in parte le pretese economiche di chi sciopera, rimane a scuola. Non risponde punto a punto alle rivendicazioni di chi protesta, ma guarda comunque con senso critico alle innovazioni del passato che hanno inciso sull'odierna scuola statale. "Si parla tanto di integrazione degli studenti stranieri e di quelli in difficoltà ma quale è ormai oggi quella scuola che utilizza le ore di compresenza degli insegnanti per progetti di inserimento degli alunni quando la prima preoccupazione sta diventando quella di sostituire i docenti assenti dal lavoro?". Risponde così agli strenui difensori del sistema scolastico attuale Graziella Terribile, da 28 anni nella scuola elementare, ex maestra unica, oggi in servizio all'istituto comprensivo di Castelnuovo. "Dall'inizio dell'anno è assente nel nostro plesso una collega che a turno dobbiamo sostituire perché non si provvede ancora a nominare un supplente. Purtroppo dei bellissimi progetti di integrazione avviati in passato dal ministero oggi si deve fare i conti anche con la politica dei risparmi intrapresa ormai da anni dalle scuole. Quanto alla scuola dei moduli, se è vero che l'offerta formativa rivolta alle famiglie è importante, è altrettanto vero che ormai stiamo perdendo di vista l'obiettivo primo dell'istruzione: l'educazione dei bambini. Crediamo che sappiano ogni cosa. In realtà sanno di tutto un po' e, spesso, sono totalmente impreparati nelle discipline fondamentali. E questa è conseguenza diretta dei moduli che hanno ridotto le ore di alcune materie a vantaggio di attività collaterali. Certo la riforma Moratti non è perfetta, ma equilibrare il programma senza i soliti assilli di fine anno dei colleghi presi dalla mancanza di tempo per svolgere l'intero programma, mi sembra il modo migliore di soddisfare le singole richieste degli alunni in aula. Oggi la quantità ha mascherato spesso la qualità dell'insegnamento in classe". (r.per.)