L'Arena-In classe a 5 anni, è meglio?
Fa discutere la sperimentazione del ministro Moratti sulla prima elementare anticipata In classe a 5 anni, è meglio? Genitori sulle spine per la scelta. Il professor Pajno Ferrara: "Solo a...
Fa discutere la sperimentazione del ministro Moratti sulla prima elementare anticipata
In classe a 5 anni, è meglio?
Genitori sulle spine per la scelta. Il professor Pajno Ferrara: "Solo a patto che la scuola sia diversa da quello che è ora"
Esitanti o eccitati, per la prima volta infilano il portone della scuola elementare. È difficile dimenticarselo, questo ingresso. Stretti alla mano sicura della mamma che conduce verso l'ignoto, qualcuno si sente grande, qualcun altro non vorrebbe mai mollare quella presa. Per presentarsi al primo appuntamento con il dovere da quest'anno bastano poco più di cinque anni. Valgono come i sei, ma non è la stessa cosa. Una disposizione del piano di sperimentazione Moratti prevede che "possano iscriversi anche i bambini che compiono gli anni entro il 30 aprile dell'anno successivo. Anche se, procedendo per tappe, al momento la scadenza è il 28 febbraio", spiega Dino Cristanini, dirigente tecnico dell'ufficio scolastico regionale del Veneto. L'anticipazione riguarda anche i bimbi delle materne. "Il progetto nazionale è ampio", precisa Cristanini, "e questo è solo uno dei moltissimi contenuti della riforma".
L'esperimento, proprio perché tale, coinvolge un gruppetto "rappresentativo" di scolaretti: "Duecentocinquanta scuole in tutta Italia", dice Dino Cristanini, "di cui sedici nel Veneto, due a Verona". Nell'attesa di avere delle risposte, chi è genitore di un bambino che l'anno prossimo oscillerà tra i cinque e i sei anni deve cominciare a considerare le due opzioni, appellandosi a valutazioni "specialistiche" o confidando nelle proprie. Anche perché le segreterie scolastiche pretendono le iscrizioni per l'anno 2003 entro gennaio. Le osservazioni del professor Franco Pajno Ferrara, docente di neuropsichiatria infantile all'università di Verona, possono facilitare l'orientamento e sollevare dall'imbarazzo: "Non capisco per quale ragione si vorrebbe mandare un bambino a scuola prima", si domanda Pajno. "Io non sono contrario in linea di principio, ma a patto che la scuola sia diversa da quella che è".
Bisogna essere accorti anche nel figurarsi il proprio figlio calato nell'impegno: lo stesso banchetto di scuola potrebbe rivelarsi una catena. "Un bambino impiega più energia psichica a controllarsi per un quarto d'ora piuttosto che a giocare per tre, quattro ore. È una questione di vitalità, e noi rischiamo di spegnergliela. Ci sono molti casi in cui consigliamo addirittura di fare un anno in più di asilo". Piccoli costretti a fare i conti con le aspettative dei grandi: "La sensazione di inadeguatezza", spiega il professore, "è forte in un bambino al quale si chiede qualcosa cui non sa rispondere, e che viene sottoposto a delle valutazioni di merito". Per Franco Pajno Ferrara introdurre un bimbo a scuola prima del tempo è un po' come "scippargli" un anno di scuola materna: "Lo priviamo di una delle cose più belle dell'infanzia: il gioco".
"Per non fargli perdere un anno". È questa la frase che ha giustificato la maggior parte degli ingressi scolastici anticipati. E i cinquenni nelle "prime" ci sono sempre stati. Dovevano, però, rivolgersi a una scuola privata, e poi, previo piccolo esame, potevano inserirsi nella pubblica, direttamente in seconda.
A Verona sono soltanto cinque gli alunni sperimentatori, assegnati a due scuole di Borgo Trento: Provolo e Fraccaroli. Le due maestre della Fraccaroli che seguono le classi con i piccolissimi traggono le loro considerazioni, più che dalla breve esperienza di questi mesi, dai trenta e undici anni di insegnamento, rispettivamente. "Abbiamo accolto questa iniziativa per provarne la validità", dice una di loro, "per poter dire la nostra con cognizione di causa. È facile criticare teoricamente".
I nostri figli li lasciamo a quel portone, che chiudendosi raccoglie una quotidianità scolastica a noi sconosciuta. Ignorarla significa anche potersi ingannare: "Non tutti i bambini di cinque anni", dice l'altra maestra, "sono pronti a frequentare una scuola. I genitori valutano le potenzialità intellettuali, e in base a queste decidono. Ma è un errore, perché non basta, c'è una realtà emozionale da tenere in considerazione che è tutto un altro mondo. Io ne ho due, di bambini di cinque anni, in classe: una è pronta, l'altro no. Il maschietto ha seri problemi di controllo, e la scuola richiede attenzione e concentrazione. È dunque inutile anticipare quando, nonostante ci sia una intelligenza molto viva, manca una maturità emotiva e affettiva".
"Capita", s'inserisce la collega, "che tu li guardi o li riprendi e loro crollano a piangere. Questo dimostra che non sono disposti emozionalmente". Non era pronto nemmeno uno dei suoi piccoli da "esperimento". Dopo due settimane l'hanno riportato alla materna. Chissà cosa avrà raccontato ai compagni di gioco.
Luisa Marchesini