L'apprendistato perde lo studio
Il ministro del lavoro Poletti contro la disoccupazione punta sulla semplificazione. Salta l'obbligo di formazione pubblica, è discrezionale
Giovanni Scancarello
L'apprendistato è stato commissariato. L'istituto, pensato per innestare l'occupazione sulla formazione, è stato semplificato soprattutto nella parte che riguarda la formazione e l'inquadramento degli apprendisti in organico. Semplificazioni che dovrebbero servire come arma contro l'emergenza occupazione.
Il decreto legge n.104/2014, in gazzetta ufficiale dal 20 marzo scorso, libera le mani al datore di lavoro che potrà ricorrere all'apprendistato senza più gli obblighi formativi e di assunzione che lo hanno vincolato in passato nella stipula di contratti. La semplificazione è rivolta a favorire il ricorso all'apprendistato che negli ultimi tempi aveva cominciato ad arrancare. Il provvedimento a firma del ministro del lavoro Giuliano Poletti intende caricare invece a molla l'apprendistato per farlo diventare il driver per il primo accesso soprattutto dei più giovani nel mondo del lavoro. Ma restano i dubbi per una tenuta della riforma in Europa.
I dati in calo. Già nel 2011 l'apprendistato registra una flessione del 6,9% rispetto all'anno precedente. Il trend negativo inizia dopo il 2008, con i contratti di apprendistato che nelle aziende artigiane passa dal 32,1% nel 2009 al 31,7% nel 2011. Soprattutto i lavoratori più giovani quelli che hanno pagato maggiormente la crisi dell'apprendistato: dal 2009 al 2011 i contratti di qualifica e diploma professionale diminuiscono del 36,2%. Oggi solo il 10% dei lavoratori entra con contratto di apprendistato, mentre il 68% accede al primo impiego con contratto a termine. Di fronte ai dati disastrosi sull'occupazione (il 12,9% degli italiani è disoccupato, un giovane su due a casa al Sud, il 22,4% di 15-24enni è neet, a Poletti è stato chiesto di agire da commissario straordinario.
Via l'obbligo di formazione e assunzione. Il decreto 34 modifica il decreto legislativo n. 167/2011 intervenendo innanzitutto sull'art. 2 co. 1, espungendo l'obbligo della forma scritta del piano formativo individuale. Resta solo la forma scritta del contratto e del patto di prova. Ciò dovrebbe semplificare, almeno nelle intenzioni del governo, il ricorso dell'apprendistato da parte delle imprese, calmierando il rischio di contenzioso, che ha visto spesso soccombere i datori di lavoro . Abrogando i commi 3 bis e 3 ter dell'art. 2 del Dlvo 167, il decreto Poletti rende anche più facile assumere apprendisti. Mentre prima il datore non poteva stipulare nuovi contratti di apprendistato, se nei tre anni precedenti non avesse assunto almeno il 30% dei suoi apprendisti, adesso non è più necessario soddisfare tale requisito, in precedenza al 50%
Altra novità, la retribuzione. Verrà retribuito solo il 35% delle ore di formazione. È quanto previsto dal decreto quando parla dell'apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale. «Fatta salva l'autonomia della contrattazione collettiva, in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, al lavoratore è riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonchè delle ore di formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo». Diventa discrezionale, infine, l'obbligo della formazione pubblica delle regioni nella formazione trasversale degli apprendisti.
Questioni aperte. L'istituto continuerà a produrre i suoi effetti sugli sgravi fiscali riconosciuti ai datori di lavoro. Gli scettici temono che possa finire come è stato per il contratto di formazione lavoro, per cui l'Italia, nel 2011, venne condannata dalla Corte di Giustizia europea a pagare 80 milioni di euro per gli aiuti di Stato concessi alle imprese, attraverso la mancata riscossione degli sgravi da esse goduti nella stipula di contratti di formazione. Come spiegato nel 2010 (sentenza n. 19834)dalla Cassazione, c'è bisogno che il contratto di apprendistato abbia un effettivo contenuto formativo in forza della subordinazione delle agevolazioni contributive, non solo in conseguenza dell'obbligo di formazione in capo al datore di lavoro, ma anche alla partecipazione a iniziative di formazione esterne previste dai contratti collettivi nazionali. Ci si chiede se l'elemento della discrezionalità sull'attivazione delle misure per la formazione potrà bastare