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L’apprendimento permanente secondo il settimanale The Economist

“Dotare le persone degli strumenti per stare al passo dei cambiamenti tecnologici” oppure il rischio è la diseguaglianza.

13/01/2017
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Il secondo numero del settimanale The Economist dedicato molto provocatoriamente al Lifelong learning, con il pezzo di apertura. La prima riga è efficacissima: quando l’istruzione non mantiene il passo con la tecnologia, la conseguenza è la diseguaglianza (when education fails to keep pace with technology, the result is inequality). Molto bella anche la vignetta che accompagna lo speciale.
Un altro passaggio interessante è il seguente: If new ways of learning are to help those who need them most, policymakers should be aiming for something far more radical. Because education is a public good whose benefits spill over to all of society, governments have a vital role to play-not just by spending more, but also by spending wisely. Lifelong learning starts at school. As a rule, education should not be narrowly vocational. The curriculum needs to teach children how to study and think. A focus on “metacognition” will make them better at picking up skills later in life.... “L’istruzione è bene pubblico in cui benefici si distribuiscono in tutta la società... Insegnare ai ragazzi come studiare e pensare”. Anche questa dell’Economist è un’uscita dall’idea produttivistica della formazione del XX secolo.

Traduzione e testo integrale di seguito

Dotare le persone degli strumenti per stare al passo dei cambiamenti tecnologici
The Economist 14 gennaio 2017

Quando l’istruzione non mantiene il passo della tecnologia, la conseguenza è la disuguaglianza. Senza le capacità di rendersi utili non appena giungono le innovazioni, i lavoratori soffrono - e se un numero elevato di loro resta indietro, l’intera società comincia a restare indietro. Questo concetto fondamentale ha persuaso i riformatori della Rivoluzione Industriale, che hanno abbracciato la scolarizzazione universale finanziata dallo stato. Più tardi, l’automazione nelle aziende e negli uffici ha richiesto un aumento di personale diplomato. La combinazione di istruzione e innovazione, diffusa nel corso di decenni, ha condotto a una notevole esplosione di prosperità.

Oggi, la robotica e l’intelligenza artificiale richiedono un’altra rivoluzione educativa. Questa volta, però, la vita professionale è sottoposta a cambiamenti talmente veloci e duraturi che non è sufficiente studiare di più a scuola all’inizio. Occorre essere in grado di acquisire nuove capacità nel corso dell’intera carriera.

Sfortunatamente, come sostiene il nostro speciale, dalla formazione permanente (lifelong learning) che esiste oggi traggono beneficio soprattutto gli studenti migliori - ed è per questo che pare più verosimile un incremento delle diseguaglianze, piuttosto che una riduzione. Se le economie del XXI secolo non devono creare un sottoproletariato di massa, i legislatori devono urgentemente escogitare i modi per dare aiuto a tutti i cittadini affinché si formino mentre lavorano. Ma per ora, la loro ambizione non è stata all’altezza.

Macchine o formazione

Il modello classico della formazione - esplosivo all’inizio con integrazioni mediante formazione in azienda - sta mostrando la corda. Una delle ragioni risiede nella necessità di nuove capacità, costantemente aggiornate. L’industria richiede sempre più cervello che metodi di lavoro tradizionali. La divisione della forza lavoro americana impiegata nei lavori di routine negli uffici è scesa dal 25,5% al 21% tra il 1996 e il 2015. La carriera unica e stabile se n’è andata via come gli schedari.

Spingere la gente verso livelli sempre più alti di formazione formale e iniziale non è il modo giusto per farvi fronte. Solo il 16% degli americani ritiene che i quattro anni di college riescano a preparare gli studenti al meglio per un buon lavoro. Sebbene una formazione professionale promette quella prima vitale assunzione, quelli con formazione specialistica tendono a ritirarsi prima dalla forza lavoro rispetto a coloro che possiedono una formazione generica - forse perché si adattano meno.

Nello stesso tempo, la formazione on-the-job, sul posto di lavoro è in contrazione. In America e in Gran Bretagna si è ridotta di quasi la metà in vent’anni. Si diffonde il lavoro autonomo, che consente a sempre più lavoratori di assumersi la responsabilità per le proprie capacità. Dedicare tempo quando si è in là con l’età a riqualificarsi è una scelta, ma costa molti soldi e la maggior parte dei college sono orientati verso i più giovani.

Il mercato sta innovandosi per dare la possibilità ai lavoratori di formarsi sempre di più in tanti modi. I providers della General Assembly to Pluralsight costruiscono aziende in base alla promessa del potenziamento o del riavvio delle carriere. Corsi online aperti a tutti hanno scelto di virare dalle lezioni su Platone o sui buchi neri verso corsi che rendano gli studenti meglio occupabili. A Udacity e a Coursera, i lavoratori autonomi pagano per programmi brevi e poco costosi, che conferiscono “microcredenziali” e “nanodiplomi”, cioè, ad esempio, sulle auto senza guidatore o sul sistema operativo Android. Con l’offerta di diplomi online, le università rendono più semplice ai professionisti migliorare le loro capacità. Un programma individuale della Georgia Tech, un master, potrebbe aumentare di quasi il 10% il numero dei laureati in Scienze informatiche in America.

Questi sforzi dimostrano come si intrecciano le carriere e la formazione. Il punto è che abbandonato ai propri mezzi, questo nascente mercato servirà esclusivamente a coloro che già possiedono vantaggi. È più facile formarsi più tardi nella vita se ci si guarda attorno in una classe: quasi l’80% degli studenti a Coursera ha già in tasca una laurea. La formazione online richiede una certa alfabetizzazione informatica, e solo uno su quattro, nei paesi OCSE, non ne possiede o ne possiede in misura limitata. Le capacità si atrofizzano se non vengono utilizzate, e molte occupazioni di gamma inferiore offrono poche possibilità di praticarle.

Cercasi tecnico shampista

Se le nuove tecniche di formazione devono aiutare coloro che ne hanno più bisogno, allora i legislatori dovrebbero elaborare qualcosa di molto più radicale. Poiché l’istruzione è un bene pubblico i cui benefici si diffondono nell’intera società, i governi hanno un ruolo vitale da giocare - non solo investendo di più, ma soprattutto investendo più sapientemente.

La formazione permanente ha inizio a scuola. Di norma, l’istruzione non dovrebbe essere esclusivamente professionale. Il curriculum necessita di insegnare agli studenti come studiare e come pensare. L’obiettivo della “metacognizione” li metterà in condizione di sfruttare al meglio le capacità più tardi nella vita.

Ma il cambiamento più grande è di rendere la formazione adulta abitualmente accessibile a tutti. Uno dei modi è quello di dare la possibilità ai cittadini di ottenere dei voucher che possano usare per la formazione. Singapore ha introdotto questi “conti individuali per la formazione” (individual learning accounts), e ha dato soldi agli over 25 da spendere in oltre 500 corsi approvati. È vero che per ogni cittadino si tratta di poche centinaia di dollari, ma solo all’inizio.

I corsi pagati dai contribuenti rischiano di essere uno spreco. Tuttavia, l’industria potrebbe contribuire aiutando la gente verso quelle capacità che desidera, collaborando coi college per delineare corsi ritenuti importanti. Le aziende potrebbero incoraggiare il proprio personale a formarsi. AT&T, azienda di telecomunicazioni che vuole formare la sua forza lavoro alle capacità digitali, spende 30 milioni di dollari l’anno in rimborsi dei costi formativi dei dipendenti. I sindacati potrebbero giocare un ruolo utile come organizzatori di formazione permanente per i lavoratori delle piccole aziende o per gli autonomi, per i quali non è possibile la formazione garantita dalle grandi aziende. Un programma di formazione gestito dal sindacato in Gran Bretagna ha il sostegno dei partiti politici, di destra e di sinistra.

Perché tutta questa formazione sia utile, i governi devono tagliare gli obblighi di autorizzazione e le altre barriere che rendono difficile essere assunti ai i nuovi venuti. Piuttosto che imporre almeno 300 ore di pratica per qualificare una shampista, ad esempio, lo stato del Tennessee dovrebbe consentire alle parrucchiere di decidere da sé chi sia la persona migliore da assumere.

Non tutti avranno successo nella navigazione del mercato del lavoro in mutamento. Quelli più a rischio di disturbo tecnologico sono i colletti bianchi, molti dei quali rifiutano di assumere ruoli meno “maschili” in aree lavorative sempre più crescenti, come quella dell’assistenza sanitaria. Tuttavia, per ridurre al minimo quelli rimasti indietro, tutti gli adulti dovrebbero avere accesso a una formazione flessibile e accessibile. I secoli XIX e XX videro progressi stupefacenti nell’istruzione. È questa la misura delle ambizioni, oggi.

Equipping people to stay ahead of technological change

When education fails to keep pace with technology, the result is inequality. Without the skills to stay useful as innovations arrive, workers suffer-and if enough of them fall behind, society starts to fall apart. That fundamental insight seized reformers in the Industrial Revolution, heralding state-funded universal schooling. Later, automation in factories and offices called forth a surge in college graduates. The combination of education and innovation, spread over decades, led to a remarkable flowering of prosperity.

Today robotics and artificial intelligence call for another education revolution. This time, however, working lives are so lengthy and so fast-changing that simply cramming more schooling in at the start is not enough. People must also be able to acquire new skills throughout their careers.

Unfortunately, as our special report in this issue sets out, the lifelong learning that exists today mainly benefits high achievers - and is therefore more likely to exacerbate inequality than diminish it. If 21st-century economies are not to create a massive underclass, policymakers urgently need to work out how to help all their citizens learn while they earn. So far, their ambition has fallen pitifully short.

Machines or learning

The classic model of education - a burst at the start and top-ups through company training - is breaking down. One reason is the need for new, and constantly updated, skills. Manufacturing increasingly calls for brain work rather than metal-bashing (see Briefing). The share of the American workforce employed in routine office jobs declined from 25.5% to 21% between 1996 and 2015. The single, stable career has gone the way of the Rolodex.

Pushing people into ever-higher levels of formal education at the start of their lives is not the way to cope. Just 16% of Americans think that a four-year college degree prepares students very well for a good job. Although a vocational education promises that vital first hire, those with specialised training tend to withdraw from the labour force earlier than those with general education - perhaps because they are less adaptable.

At the same time on-the-job training is shrinking. In America and Britain it has fallen by roughly half in the past two decades. Self-employment is spreading, leaving more people to take responsibility for their own skills. Taking time out later in life to pursue a formal qualification is an option, but it costs money and most colleges are geared towards youngsters.

The market is innovating to enable workers to learn and earn in new ways. Providers from General Assembly to Pluralsight are building businesses on the promise of boosting and rebooting careers. Massive open online courses (MOOCs) have veered away from lectures on Plato or black holes in favour of courses that make their students more employable. At Udacity and Coursera self-improvers pay for cheap, short programmes that bestow “microcredentials” and “nanodegrees” in, say, self-driving cars or the Android operating system. By offering degrees online, universities are making it easier for professionals to burnish their skills. A single master’s programme from Georgia Tech could expand the annual output of computer-science master’s degrees in America by close to 10%.

Such efforts demonstrate how to interleave careers and learning. But left to its own devices, this nascent market will mainly serve those who already have advantages. It is easier to learn later in life if you enjoyed the classroom first time around: about 80% of the learners on Coursera already have degrees. Online learning requires some IT literacy, yet one in four adults in the OECD has no or limited experience of computers. Skills atrophy unless they are used, but many low-end jobs give workers little chance to practise them.

Shampoo technician wanted

If new ways of learning are to help those who need them most, policymakers should be aiming for something far more radical. Because education is a public good whose benefits spill over to all of society, governments have a vital role to play-not just by spending more, but also by spending wisely.

Lifelong learning starts at school. As a rule, education should not be narrowly vocational. The curriculum needs to teach children how to study and think. A focus on “metacognition” will make them better at picking up skills later in life.

But the biggest change is to make adult learning routinely accessible to all. One way is for citizens to receive vouchers that they can use to pay for training. Singapore has such “individual learning accounts”; it has given money to everyone over 25 to spend on any of 500 approved courses. So far each citizen has only a few hundred dollars, but it is early days.

Courses paid for by taxpayers risk being wasteful. But industry can help by steering people towards the skills it wants and by working with MOOCs and colleges to design courses that are relevant. Companies can also encourage their staff to learn. AT&T, a telecoms firm which wants to equip its workforce with digital skills, spends $30m a year on reimbursing employees’ tuition costs. Trade unions can play a useful role as organisers of lifelong learning, particularly for those - workers in small firms or the self-employed - for whom company-provided training is unlikely. A union-run training programme in Britain has support from political parties on the right and left.

To make all this training worthwhile, governments need to slash the licensing requirements and other barriers that make it hard for newcomers to enter occupations. Rather than asking for 300 hours’ practice to qualify to wash hair, for instance, the state of Tennessee should let hairdressers decide for themselves who is the best person to hire.

Not everyone will successfully navigate the shifting jobs market. Those most at risk of technological disruption are men in blue-collar jobs, many of whom reject taking less “masculine” roles in fast-growing areas such as health care. But to keep the numbers of those left behind to a minimum, all adults must have access to flexible, affordable training. The 19th and 20th centuries saw stunning advances in education. That should be the scale of the ambition today.

Testo originale


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