L'anticipo c'è già e piace poco
L'iscrizione precoce in primaria, annunciata dalla Giannini, è contestata su più fronti
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Alessandra Ricciardi
L'obiettivo è uscire da scuola a 18 anni e non più a 19, in linea con la media europea. Per farlo l'ultima proposta annunciata alla stampa dal ministro dell'istruzione, Stefania Giannini, è di anticipare di un anno l'ingresso dei bambini alle elementari. Scelta che dal punto di vista dell'organizzazione dei cicli sulla carta sembra meno impattante dell'altra ipotesi, già avviata come sperimentazione e su cui si è egualmente espressa a favore il ministro, di ridurre di un anno la durata dei licei.
Lo scorso anno, secondo dati ministeriali, aveva meno di 6 anni l'8,4% dei bambini frequentati la prima classe della primaria, circa 50 mila studenti. Un dato contenuto e che soprattutto sul territorio presenta differenze notevoli: se in Calabria 3.660 bambini in prima hanno meno di 6 anni, quasi il 20%, e sono pari al 18% in Campania, il 17% in Sicilia e oltre il 16% in Basilicata, al Nord il fenomeno è veramente sporadico. Solo il 2,5% in Friuli Venezia Giulia, il 3,4% per l'Emilia Romagna e la Lombardia, il 2% il Trentino Alto Adige. In fondo alla classifica, l'Umbria con lo 0,3%. Insomma al Nord l'anticipo, di prassi concordato tra famiglie e docenti dell'infanzia, non tira.
Critiche le reazioni dei sindacati. «Vorremmo capire dove vuole andare a parare il ministro, se si fa la proposta per il bene dei ragazzi qui si sbaglia», dice Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil. Sintetizza Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola: «La scuola non è un mobile componibile. Non basta spostare un modulo per ottenere l'effetto desiderato». Aperture giungono dallo Snals-Confsal, «purché ci siano le garanzie che la durata del ciclo resti inalterato, come il personale», precisa il segretario Paolo Marco Nigi. Già, il personale: nell'organico di diritto della scuola dell'infanzia lavorano 81 mila docenti. Che fine farebbero con un anno in meno degli attuali tre?