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ItaliaOggi-Via la riforma che non va-di Enrico Panini

I motivi della protesta. Via la riforma che non va Giudichiamo negativamente la legge n. 53 ed i suoi effetti (tutor morattiano, devoluzione dei professionali alle regioni, riduzione...

15/03/2005
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ItaliaOggi

I motivi della protesta.

Via la riforma che non va

Giudichiamo negativamente la legge n. 53 ed i suoi effetti (tutor morattiano, devoluzione dei professionali alle regioni, riduzione dell'offerta formativa). Abbiamo chiesto ai lavoratori della scuola di incrociare nuovamente le braccia contro il taglio degli organici e contro i continui rinvii nelle nomine in ruolo. Scioperiamo perché sui rinnovi contrattuali la situazione è davvero pessima. Dopo il grande sciopero del 15 novembre scorso, il governo non ha aperto alcun tavolo di confronto.
Ormai, se si contano i tempi tecnici di una trattativa, siamo in ritardo di quasi due anni per docenti e ata e di quasi quattro per il rinnovo del contratto dei dirigenti scolastici. Un numero crescente di famiglie di lavoratori della scuola vive in una situazione economica in progressivo peggioramento. Come ci dimostra una recente inchiesta del Censis si comincia a risparmiare anche sulle spese alimentari.

Diversi insegnanti ci segnalano di una riduzione del numero di alunni, figli di colleghi, che usufruiscono del servizio di mensa per difficoltà dei genitori di far fronte alle spese per la retta. A fronte di questa situazione davvero drammatica il governo non intende rinnovare i contratti. Non siamo di fronte a una tattica. Il governo ha scelto di puntare sulla riduzione fiscale per i redditi alti e vuole isolare gli statali agli occhi dell'opinione pubblica o imporre una chiusura al ribasso, a fronte della richiesta di incrementi pari all'8%. L'unica strada per battere questa ostinazione e aprire le trattative è lavorare per una massiccia adesione allo sciopero generale. Solo una rinnovata protesta può sperare di scalfire il muro di indifferenza che ci viene opposto dal governo. L'esecutivo deve essere richiamato alle sue responsabilità e solo i lavoratori, compatti quelli del pubblico impiego, possono dare la scossa necessaria a invertire la rotta.


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