ItaliaOggi: Università, arrivano i voti ai prof
Nelle linee guida anche il no al valore legale del titolo di studio. Ma su tutto decide il parlamento
Per le sue riforme la Gelmini si ispira di nuovo al modello Usa Adesso i voti anche ai baroni. Sembra proprio sia il modello americano, quello di Barack Obama quindi, a cui guarda il ministro dell'Istruzione e dell'Università, Mariastella Gelmini, nel metter a punto le riforme per il sistema accademico. A veder bene, infatti, il fiore all'occhiello della sua politica sarà, proprio come negli Stati Uniti, la valutazione. Non solo della ricerca, ma anche dell'attività svolta dai docenti, proprio come accade negli Usa dove, in molti casi, l'assunzione a tempo indeterminato, viene conseguita solo in caso di valutazione positiva dell'attività svolta per un certo periodo di tempo. Dopo il decreto approvato la settimana scorsa (vedi altro articolo in pagina) in cui sono stati affrontati i nodi immediati, primo tra tutti quello dell'attuale tornata concorsuale, la Gelmini mette in pista con le sue linee guida, misure di più ampio respiro che partono proprio da qui: carriere dei docenti e valutazione dei risultati. Perché, per il numero uno di Piazzale Kennedy, i dati la dicono lunga: solo nell'ultimo anno, l'offerta universitaria ha raddoppiato il numero di insegnamenti spesso coprendoli con retribuzioni aggiuntive riconosciute al personale già di ruolo. Una tendenza che ha moltiplicato le cattedre, soffocato i bilanci, soprattutto con le promozioni e sulla quale l'obiettivo è proprio quello di invertire la rotta. Come? Passando sotto la lente d'ingrandimento anche l'attività dei docenti e collegandone le relative retribuzioni. Secondo quanto si legge nelle linee guida, infatti, è allo studio un modo per rivedere il meccanismo degli automatismi stipendiali sostituendolo con la valutazione dell'attività svolta. E per definirne gli indicatori di qualità che dovranno servire alla valutazione, il ministro ha chiesto una mano al suo organo consultivo, il Consiglio universitario nazionale (Cun), che sta mettendo a punto per ogni area indicatori di qualità scientifica e di ricerca che serviranno a stabilire anche i livelli per accedere ai concorsi. Le linee guida affrontano il nodo dei concorsi, non più prove scritte e orali per i ricercatori e distinzione ben precisa tra reclutamento e promozione per i meccanismi di selezione dei professori associati e ordinari. E sempre nella lotta per eliminare gli sprechi, distorsioni e lauree facili, il governo torna al vecchio cavallo di battaglia annunciato anche in campagna elettorale: l'eliminazione del valore legale del titolo di studio, “un istituto”, si legge nelle linee guida, “le cui ragion d'esser sembrano superate” e che invece saranno sostituite dall'accreditamento. Sarà questo, d'ora in poi, il lasciapassare per un corso di laurea che garantirà “il valore sostanziale dei titoli rilasciati dagli atenei, superando una concezione formalistica che è anche causa non ultima di alcune degenerazioni del sistema”. Verranno definiti standard precisi che daranno un quadro di garanzie anche agli studenti, rendendo possibile la trasparenza dell'offerta didattica, la mobilità e la compatibilità con il resto d'Europa. E tra le novità contenute nel testo, oltre a quelle già annunciate, spunta la riforma del dottorato di ricerca. Anche in questo caso sarà necessaria una sforbiciata che punti ad una razionalizzazione e riorganizzazione dei dottorati attraverso la riduzione del numero dei corsi, ma anche il rafforzamento delle scuole dottorali di ateneo. Ma soprattutto una riforma del dottorato vincolata al raggiungimento di risultati scientifici. |