ItaliaOggi: Sasso: ora siamo più vicini agli standard europei

Con l'approvazione della legge 2272 (Bersani ter) e con la conversione in legge del dl sull'avvio dell'anno scolastico si chiude un lavoro durato parecchi mesi per l'approvazione di norme urgenti per la scuola.
E tra le norme più significative voglio citarne una molto attesa. La norma sul ripristino del tempo pieno secondo il modello pedagogico delle 40 ore. Un sistema da sempre apprezzato e richiesto dalle famiglie. Con una formula che potrei sintetizzare così:più tempo a scuola per imparare meglio. Un modello che ha portato negli anni passati a risultati di apprendimento molto positivi. Cancellato senz'appello nella scorsa legislatura. Ancora importanti e necessarie le norme che hanno portato un po' di sollievo ai bilanci in crisi delle scuole, dalla Tarsu, che verrà pagata direttamente dal ministero, computando la spesa sul numero degli alunni piuttosto che sui metri quadri, alle supplenze per le docenti in maternità.

Nel decreto hanno poi trovato posto le norme sulle sanzioni disciplinari. Un capitolo complesso che ha visto una lunga e approfondita discussione per arrivare a una formulazione che forse non accontenta tutti, ma sicuramente introduce elementi di maggiori garanzie costituzionali e antidiscriminatorie per coloro che fossero oggetto di sanzioni disciplinari. C'è stata molta polemica nel dibattito in commissione cultura e in aula alla camera dei deputati sul fatto che questi provvedimenti sono un po' una miscellanea. Nessuno lo nega, ma si tratta anche di questioni rimaste in sospeso, anche per inadempienze amministrative o per volontà politiche, ma che occorre al più presto risolvere come la legge o il decreto fanno. E proprio con questo spirito si è deciso, in accordo tra maggioranza e opposizione, di rimandare questioni contenute nella prima stesura della legge, come quelle relative alla riforma, attesa da tanto tempo, degli organi collegiali. In attesa appunto di un disegno di legge specifico su questo punto. Quello che continua a stupirmi è il dibattito che c'è stato in aula sulla questione dei titoli conclusivi del percorso dell'istruzione tecnica superiore.

Si tratta di una misura che completa quanto contenuto nel programma dell'Unione e cioè il potenziamento dell'intero settore dell'istruzione tecnica e professionale, segnata negli anni scorsi da un massiccio calo di iscrizioni. Già nella Finanziaria 2007 si poneva il problema di un riordino del settore. Nell'art.13 della legge 40/2007 (legge Bersani) si afferma che possono essere istituiti poli tecnico-professionali nei quali operano, insieme a strutture che operano nell'ambito dell' istruzione e formazione tecnico superiore, strutture dell'istruzione tecnica superiore. L'istruzione tecnica superiore dunque non è formazione professionale è un percorso di istruzione superiore che ha l'ambizione di essere alternativo al percorso universitario. Come avviene in molti paesi europei. Dov'è lo scandalo se è lo stato a definirne il titolo conclusivo? E dov'è lo scandalo se questo titolo permette l'accesso ai pubblici concorsi? E per finire vorrei ricordare che i poli sono istituiti «fatta salva l'autonomia scolastica» e nel «rispetto delle competenze degli enti locali e delle regioni». E proprio l'idea del polo presuppone scambio e reciprocità. Allora, dov'è il problema?

Alba Sasso, responsabile scuola Sinistra democratica, vicepresidente commissione cultura della camera