ItaliaOggi: Rispunta la Moratti. Per fare i tagli
Ill ministro Gelmini ha un anno per attuare per decreto la riforma e ridurre la rete scolastica
Concorrerà a eliminare 110 mila posti. C'è il rischio di esuberi
La riforma Moratti tornerà in auge per realizzare i tagli della Gelmini. Lo prevede l'articolo 64 del decreto legge 112 del 25 giugno scorso. Il taglio complessivo risulterà da una riduzione di circa 70mila cattedre e da non meno di 40mila Ata. La riduzione dell'organico sarà distribuita nei prossimi tre anni e deriverà da una serie di misure. Per quanto riguarda il personale anmministrativo, tecnico e ausiliario la scure dell'esecutivo determinerà una diminuzione del numero degli addetti pari al 17% dell'organico attuale. Allo stato l'organico si aggira intorno ai 250mila posti. Di qui la cifra di circa 40mila posti in meno derivante dalla riduzione del numero degli addetti secondo la percentuale prevista dal decreto. Il numero dei docenti, invece, verrà ridotto aumentando il numero degli alunni per classe e riducendo il numero delle ore di lezione, in particolare negli istituti tecnici e nelle scuole primarie. L'aumento degli alunni per classe avverrà da una parte rivedendo le disposizioni che regolano la compilazione degli organici. E dall'altra attraverso un aumento del rapporto alunni/docenti di un punto. Ci sarà una razionalizzazione della rete scolastica, promuovendo, ad esempio, la formazione di consorzi tra comuni, e un taglio del monte ore di lezione, ha annunciato il ministro Gelmini ieri, nel corso di un convengo promosso dalla Flc-Cgil di Enrico Panini. L'operazione sarà condotta a termine, con ogni probabilità, applicando la riforma Moratti anche agli organici. Ad oggi, infatti, la riorganizzazione dell'orario di servizio non ha comportato effetti sugli organici, perché il sistema informativo del ministro della pubblica istruzione calcola il fabbisogno di personale applicando le norme che erano in vigore prima della riforma. Ciò è l'effetto di una serie di proroghe che si sono succedute di anno in anno che, però, ha determinato il proliferare del fenomeno delle ore a disposizione nelle scuole medie. In modo particolare per i docenti di lettere. Non di meno l'attuazione della riforma comporterà esuberi strutturali la cui gestione creerà non pochi problemi. Per fare fronte a questa necessità il governo ha previsto la rivisitazione delle classi di concorso nel senso di un ampliamento dei cosiddetti ambiti disciplinari . Così da consentire un utilizzo fungibile dei docenti appartenenti a diverse discipline. E' ragionevole ritenere che tale fungibilità avverrà tramite l'utilizzo per classi affini. Da tutte queste operazioni il governo conta di ricavare circa 5miliardi euro in 3 anni, fino al 2011. Dal 2012 in poi il ricavo dovrebbe aggirarsi in circa 3200 milioni di eruo. Il 30% di questi risparmi sarà utilizzato per finanziare la carriera dei docenti. In sostanza, dunque, l'esecutivo conta di ridurre la spesa pubblica e, nel contempo, di rivedere totalmente i meccanismi che regolano gli incrementi retributivi dei docenti. A questo proposito è già stata presentata una proposta di legge che prevede l'introduzione di meccanismi di carriera che dovrebbero suddividere la funzione docenti in tre stadi. E al passaggio dal livello inferiore al livello superiore dovrebbe corrispondere una retribuzione più elevata. Stando a quanto si legge nel decreto legge, però, tutti i passaggi che dovrebbero portare alla riduzione di spesa dovrebbero essere regolati per decreto, tempo un anno. In parte per decreto ministeriale e in parte con decreto del presidente della repubblica. Fermo restando che la ratio resta sempre quella della stretta dei cordoni della borsa. E per vigilare sul raggiungimento degli obiettivi sarà costituito un gruppo di tecnici, che monitorerà tutti i vari processi. In ogni caso, se al termine delle operazioni i risparmi non ci saranno, il ministero dell'istruzione dovrà tirare la cinghia. Il decreto, infatti, prevede l'applicazione della cosiddetta clausola di salvaguardia: una sanzione introdotta dal governo Prodi, che dispone la decurtazione dei trasferimenti all'amministrazione scolastica se non raggiunge gli obiettivi di contenimento della spesa.