ItaliaOggi: Riforma universitaria al palo
La Corte conti non registra i due dm perché ledono l'autonomia degli atenei. Stop ai decreti. Ma Mussi ha già pronta la difesa
La Corte dei conti fa le pulci ai decreti sulle nuove classi di laurea del ministro Fabio Mussi. Ma il dicastero di piazzale Kennedy non ci sta e si affretta a preparare la sua risposta. Nell'occhio del ciclone della magistratura contabile, in particolare, il numero massimo di esami e la quantità di crediti che uno studente si può veder riconosciuto in caso di trasferimento da un'università all'altra. Gli schemi del decreto sulla disciplina dei corsi di laurea triennale e magistrale, attuativi del dm 270/2004, introducono a partire dal 2008 il tetto massimo di 20 esami per conseguire la laurea triennale e di 12 per quella magistrale con un chiaro invito per le università a far sì che più moduli vengano aggregati al fine di raggiungere uniche prove finali e meno frammentazione didattica. Ma non solo. Il testo di Mussi si sofferma anche sul problema dei crediti vincolati e stabilisce che agli studenti che cambiano sede o corso vada riconosciuto il maggior numero possibile di crediti secondo criteri e modalità previsti dal regolamento del corso di laurea di destinazione. Quando il trasferimento avviene nell'ambito di una stessa classe la quota di crediti deve essere pari al 50% di quelli maturati. Proprio quest'ultimo punto rappresenta uno degli elementi più controversi, perché, secondo la Corte dei conti, l'obbligo per le università di riconoscere la metà dei crediti già maturati contrasterebbe con la previsione del Dm 509/99 e del dm 207/2004, riguardanti entrambi l'autonomia didattica. Tali provvedimenti attribuiscono, per la magistratura contabile, alla competenza della struttura accademica la valutazione di un lavoro già svolto dallo studente. Ma fonti vicine ad ambienti ministeriali fanno sapere che tutte queste norme non solo sono pensate a tutela degli studenti, ma sono state poi fortemente volute dalla conferenza dei rettori. Così come le disposizioni che pongono un limite al numero degli esami. Infatti la Corte pur concordando sulla necessità di evitare la parcellizzazione delle attività formative sostiene che le università dovrebbero poter scegliere il modello didattico da offrire agli studenti. Un rilievo questo che, per i tecnici del ministero, se esce dalla porta rientra comunque dalla finestra. I paletti sui requisiti minimi per i corsi di laurea saranno infatti contenuti in un decreto ministeriale che sarà pronto a fine maggio e che è comunque indipendente rispetto agli schemi sulle classi di laurea. Privo di fondamento infine per il dicastero di Fabio Mussi il diverso trattamento riservato agli atenei statali rispetto a quelli privati che emerge dai rilievi dei giudici contabili. Infatti per la Corte il criterio secondo il quale il 50% della didattica di un corso deve essere affidato a docenti e ricercatori di ruolo può essere legittimo per le università statali ma non per quelle non statali. Ma se un ateneo privato sottoscrive le stesse regole di un'università pubblica e di conseguenza usufruisce anche degli stessi finanziamenti allora avrà anche gli stessi oneri. Mentre la Corte dei conti sottolinea che le strutture non statali possono coprire gli insegnamenti anche con personale docente di altre istituzioni universitari.