ItaliaOggi-Riforma superiori, prime manovre
La Moratti saggia il terreno: industriali, sindacati e regioni contrari, allo studio le modifiche. Riforma superiori, prime manovre Tecnici convertiti in licei tecnologici, esperti...
La Moratti saggia il terreno: industriali, sindacati e regioni contrari, allo studio le modifiche.
Riforma superiori, prime manovre
Tecnici convertiti in licei tecnologici, esperti al posto dei prof
Lavori in corso a viale Trastevere per la riforma delle secondarie. Dopo la scuola primaria, il ministero dell'istruzione ha messo a punto la bozza di decreto di riforma della scuola superiore (il cui testo è disponibile sul sito www.italiaoggi.it). Un provvedimento che interviene tra l'altro anche sull'accesso alla professione affidando (articolo 20) alle regioni, nell'ambito delle proprie competenze, il compito di garantire che l'insegnamento sia assegnato a personale abilitato ovvero 'a esperti in possesso di documentata esperienza maturata per almeno cinque anni nel settore professionale di riferimento'.
Il testo, attuativo della legge n. 53/2003, è ancora in fase di elaborazione e il ministro dell'istruzione, Letizia Moratti, ha dichiarato l'intenzione di sottoporlo al confronto con le parti sociali agli inizi di gennaio. Il provvedimento dovrà poi seguire un lungo iter, che prevede passaggi al consiglio dei ministri, al parlamento e in Conferenza stato-regioni, prima di essere definitivamente approvato entro ottobre del 2005. Ottobre e non marzo 2005: sei mesi in più rispetto alla prima scadenza che dovrebbero consentire alla Moratti di raggiungere se non un accordo generalizzato almeno un clima di maggiore serenità nel quale avviare la riforma. Gli effetti dovrebbero prodursi dall'anno scolastico 2006/2007. Un percorso lungo, e presumibilmente accidentato. La bozza infatti ha raccolto più critiche che favori, dagli industriali ai sindacati, alle regioni, che hanno indotto gli esperti del ministero a elaborare le prime modifiche. Le linee guida prevedono in sostanza una proliferazione del sistema dei licei che affiancherà ai tradizionali classici, scientifici e linguistici, quelli economici, artistici e tecnologici, per un totale di circa 20 diversi profili. Licei che saranno in parte la specializzazione di indirizzi già esistenti, ma anche la 'promozione' di istituti appartenenti al canale più propriamente professionale. È il caso del liceo tecnologico, che assorbirà gli attuali istituti tecnici.
Una modifica che sarà non solo nominale, visto che cambieranno anche i programmi: entra lo studio della filosofia, escono almeno sei ore di laboratorio. Attualmente sono infatti contemplate 36 ore settimanali, delle quali otto con attività tecnico-pratiche. Con il liceo tecnologico, le ore settimanali saranno di 30, a cui se ne aggiungeranno al massimo tre facoltative. Una scelta di campo che non piace agli industriali, i quali da tempo chiedono una preparazione professionale di qualità, adeguata alla domanda del mondo del lavoro. Il canale tecnico, che finora forniva una base importante per l'accesso al lavoro, finirebbe per perdere, secondo via dell'Astronomia, proprio quel profilo professionalizzante di cui le imprese hanno bisogno.
Sul piede di guerra poi le regioni, a cui resterebbero solo i corsi professionali: tre anni la durata dei corsi per un orario di almeno 990 ore annue. Troppo poco, nell'ottica di una riforma federale che accentua il ruolo dei governatorati regionali.
Il titolo V della Costituzione prevede che siano le regioni a dover gestire il personale, tutto il personale scolastico, e le linee di indirizzo programmatico della formazione professionale. Allo stato va invece la programmazione dei licei. Attualmente gli istituti tecnici sono i più gettonati tra le scuole superiori, con circa 900 mila studenti contro i 545 mila dei professionali e gli 800 mila alunni dei licei, tra classici, scientifici, artistici.
Aggiudicarsi gli istituti tecnici significherebbe dunque gestire il troncone dell'istruzione più consistente, una bella sfida per misurare la forza di governo centrale e periferico, di ministero e regioni. Una prova di forza nella quale la formazione professionale rischia di restare la cenerentola dell'istruzione. Un risultato che invece proprio la filosofia della riforma Moratti dovrebbe scongiurare. La premessa della legge n. 53 è infatti la pari dignità tra istruzione e formazione professionale, con l'utilizzo di passerelle che permettano ai giovani di transitare da una canale all'altro senza dover ricominciare tutte le volte daccapo. E sugli effetti della riforma per le superiori mette in guardia anche Giuseppe Bertagna, uno dei padre putativi della riforma: se la bozza di decreto dovesse essere confermata, 'si scardina uno dei principi della riforma, un sistema unico con due sottosistemi che dialogano e interagiscono tra loro'. 'Mentre l'avvio del confronto con i sindacati di categoria', dichiara Enrico Panini, segretario nazionale della Cgil scuola, 'deve aspettare il mese di gennaio, vengono resi noti dei contenuti della riforma che, se confermati, apriranno inevitabilmente un nuovo fronte di scontro fra la scuola e il governo'. Ribadisce la necessità di un confronto vero Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola, 'contrariamente a quanto avvenuto per la primaria'. Anche lo Snals Confsal, pur se con toni più cauti, esprime preoccupazione, in particolare sulle 'politiche del personale docente che dovrà essere, inevitabilmente, protagonista della riforma'. Parla di un decreto confuso, 'che non risolve i conflitti di competenza tra stato e regioni', Alessandro Ameli, coordinatore nazionale di Gilda. La Cisl scuola di Francesco Scrima punta invece l'attenzione sul sistema delle passerelle tra istruzione e formazione professionale, un sistema che se non sarà agile ed efficiente 'negherà nei fatti la pari dignità dei due canali'.