ItaliaOggi: Professionali, ma di Stato
La riforma nel ddl liberalizzazioni: obbligo a 16 anni, diritto-dovere fino ai 18. Intervista a Mariangela Bastico
di Alessandra Ricciardi
Alle Regioni nessun potere diretto sul personale
Si cancella un tratto, e si fa una riforma. Nella nuova scuola superiore non ci saranno più gli istituti tecnico-professionali, i tecnici e i professionali avranno ciascuno la propria dignità. Una modifica, quella passata nel disegno di legge sulle liberalizzazioni, approvato alla camera con il voto di fiducia la scorsa settimana (si veda ItaliaOggi di giovedì scorso), che è di tutta sostanza. Riporta definitivamente allo stato la competenza sul ramo professionale che invece la legge Moratti aveva trasferito nei fatti alle Regioni. E non solo. Pure per le qualifiche professionali triennali, che restano di competenza delle regioni, ci potrà essere una compartecipazione nella realizzazione dell'offerta formativa da parte degli istituti statali.
Domanda. Uno scippo, alle regioni resta la sola formazione triennale e neppure quella...
Risposta. Nessuno scippo. La formazione professionale resta alle regioni, noi abbiamo stabilito i percorsi dell'istruzione. Le scuole tecniche e professionali rilasceranno istituzionalmente diplomi di stato e non qualifiche. E saranno propedeutiche all'università.
D. Ma non si prevede che possano fare anche formazione professionale?
R. Le scuole superiori potranno concordare con le regioni percorsi comuni per offrire formazione ai fini della qualifica. Ma tutto ciò si muove in un sistema completamente rivisto.
D. Ovvero?
R. La qualifica professionale è il titolo minimo che il ragazzo deve avere a 18 anni. Ci sarà innanzitutto un repertorio nazionale delle qualifiche professionali. C'è già accordo in conferenza unificata che ne individua 14. Ripartiremo da quelle. Stabilire qualifiche comuni significa anche stabilire standard minimi che le strutture che fanno formazione regionali devono rispettare. Solo così la qualifica è spendibili a livello nazionale serve ad adempiere al diritto-dovere alla formazione fino ai 18 anni.
D. E i finanziamenti statali? Andranno solo ai centri accreditati con i nuovi criteri oppure a tutti?
R. Solo a chi avrà il nuovo accreditamento.
D. Diritto all'istruzione fino a 16 anni, diritto-dovere alla formazione fino ai 18. Un mix tra riforma Fioroni, la prima parte, e riforma Moratti, la seconda. Non c'è ambiguità?
R. Nessuna ambiguità. Non siamo mai stati contrari alla formazione, purché dopo l'obbligo scolastico.
D. Ma cosa se ne fanno di due anni di superiori i ragazzi che hanno intenzione di avere solo una qualifica? A 16 anni devono ricominciare con i corsi di formazione, per finire tre anni dopo?
R. Non è così, perché negli istituti tecnici e professionali si svolgono attività che possono essere poi fatte valere nei corsi triennali. Per avere la qualifica dopo il biennio resterà da fare solo un anno. Alla fine, sono sempre tre.
D. E se invece il ragazzo ha frequentato un liceo? Deve ricominciare tutto?
R. L'ipotesi che abbia scelto un liceo è residuale. Ma comunque prevederemo dei riconoscimenti di crediti spendibili ovunque. Anche nella formazione. Ovviamente, spetta poi ai centri dire se basta un anno oppure se ne serve un altro.
D. Quando partirà il nuovo assetto?
R. Entro il 31 luglio 2008 devono essere definiti gli impianti degli indirizzi, gli orari e i curriculum, con regolamento del ministero della pubblica istruzione. Dal 2009/2010 il nuovo sistema entrerà a vigore.
D. Un anno dopo i nuovi licei...
R. No, lo stesso anno. Sempre con il decreto liberalizzazioni abbiamo portato in avanti anche il decollo del sistema liceale. La nuova offerta delle superiori sarà pronta tutta assieme.
D. Ma i centri di formazione sperimentali, quelli introdotti dalla Moratti e nei quali i ragazzi si potevano iscrivere anche dopo la terza media per assolvere all'obbligo, quelli che fine fanno?
R. La Finanziaria 2007 ha prorogato la sperimentazione dei centri in questione. Se ci saranno accordi tra stato e regioni sugli standard, potrebbero restare in vita anche dopo. Ma riguardano solo poche regioni, Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria e Lazio.
D. A proposito di regioni, il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, rivendica la piena gestione del personale scolastico, come prevede la Costituzione al titolo V e una sentenza della Consulta.
R. Formigoni fa una fuga in avanti. Il passaggio della gestione del personale dallo stato alle regioni è oggetto di un confronto che non è finito.
D. Sì, ma intanto Formigoni porta avanti una legge regionale perché siano i presidi ad assumere direttamente i docenti.
R. La gestione del personale non vuol dire assumere, le assunzioni restano di competenza dello stato.
D. E cosa significa gestione?
R. Può significare, per esempio, articolare il personale sul territorio e tra diversi gradi di scuola, decidere se preferire l'infanzia o fare più tempo pieno.
D. E le direzioni scolastiche regionali che ci stanno a fare? Passeranno alle regioni?
R. Potrebbe anche voler dire questo. Ma non abbiamo ancora deciso nulla