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ItaliaOggi: Più saperi forti per tutti

Le scelte di politica educativa decisive per innalzare la competitività del paese.

13/06/2006
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ItaliaOggi

di Gaetano Domenici*

Innalzare l'obbligo, incrementare la valutazione

Se esaminato con occhi attenti, lo stato di salute della scuola italiana risulta assai più grave di quanto i più pessimisti possano immaginare. Per il fatto che gli effetti delle modifiche dei sistemi educativi si registrino solo dopo qualche lustro dalla loro messa in atto, molti, soprattutto i fautori della continuità ad ogni costo, si illudono che i cambiamenti introdotti negli ultimi cinque anni siano pressoché privi di conseguenze gravi per la scuola e per la società. Purtroppo non è così. Le scelte di politica educativa compiute dal centro-destra fanno venire in mente i bellissimi versi del canto Il cozzo e la morte che Garcìa Lorca scrisse per la tragica morte di Ignazio Sanchez Mejias: ´La morte pose le uova nella ferita,/ alle cinque della sera'.
L'abolizione dell'obbligo scolastico, la canalizzazione precoce delle scelte e dei percorsi formativi, la localizzazione dei programmi e dei contenuti di insegnamento, la diminuzione dei fondi per la ricerca, anche educativa, lo svuotamento di senso degli esami di stato, le costosissime (ma inaffidabili) rilevazioni degli apprendimenti sull'intero universo scolastico, l'introduzione del portafoglio delle competenze, e occorre qui fermarsi, rappresentano solo alcune di quelle uova poste dal passato governo nel corpo sempre gracile e già ferito della scuola. Uova della morte che occorre accortamente evitare che, dopo un impercettibile periodo di latenza e incubazione, si schiudano, così da scongiurare i loro effetti esiziali non solo sul sistema pubblico dell'istruzione, ma anche sulla società nel suo complesso. Di fatto, una forte miopia intellettuale ha impedito al ministro, Letizia Moratti, di cogliere le relazioni dirette, tra formazione e sviluppo economico.

Oggi, ai vertici delle necessità strategiche vi è l'innalzamento della cultura dell'intera popolazione (anche attraverso l'elevazione dell'obbligo scolastico) in modo che la proficua valorizzazione della diversità avvenga su quelle basi conoscitive comuni indispensabili per l'esercizio pieno della cittadinanza. L'alta qualità del sistema formativo sta proprio in questo, ovvero nella sua capacità di far diventare di tutti (per l'appunto con l'istruzione obbligatoria) i vantaggi che derivano dalle nuove conoscenze e dalla tecnologia, garantendo diffusamente la padronanza di quegli strumenti concettuali; rendendo reale l'offerta di una moderna pratica di uguaglianza delle opportunità di successo per tutta la durata dell'istruzione obbligatoria innalzata almeno a 16 anni. D'altro canto, persino i fautori della professionalizzazione precoce converranno che nei confronti internazionali ciò che fa la differenza è la massa culturale critica di un paese non già la cultura delle sue élite o quella delle basse professionalità. È infatti con quella dimensione quali-quantitativa che si correlano brevetti e know-how; così come alla significatività delle esperienze scolastiche si connette la capacità di apprendere per tutta la vita in forma soprattutto autonoma. L'eccessiva variabilità del prodotto culturale scolastico tra aree geografiche, tra centro e periferia degli agglomerati urbani e persino tra gli allievi di un medesimo istituto, e di una stessa classe, che ancor più di oggi si profila nel prossimo futuro a legislazione costante, così come hanno fatto registrare tutte le indagini sui risultati formativi della scuola italiana svolte fino ad oggi dalla fine degli anni 60, non solo perpetua forme inaccettabili di iniquità, perché dovute non al demerito o alla casualità delle dotazioni individuali, bensì alla casualità del luogo di nascita e della scuola frequentata, ma produce effetti economici che anche i neocon vorrebbero forse evitare.

Occorre allora irrobustire l'istruzione e la funzione insegnante (mai così socialmente e culturalmente svilita) affinché la scuola, intesa come ambiente specialistico della formazione formale, diventi, almeno da questo punto di vista, fortemente e orgogliosamente autoreferenziale. Un luogo artificiale, ancorché non separato, nel quale in forma certo ludica e gratificante, ma in modo rigoroso, si fanno costruire quei saperi che è difficile, e non di rado impossibile, acquisire altrove, ma che rappresentano il nuovo

Dna culturale del cittadino e del produttore di oggi. Tali scelte, lungi dal mettere a soqquadro il sistema, creando nuovo spaesamento, lo riorientano per il perseguimento di finalità sociali, culturali e produttive che, se raggiunte, possono contribuire a bloccare la deriva quartomondista verso cui sta da anni scivolando inesorabilmente il nostro paese. Serve un sistema in grado di far esercitare a ognuno, ai pur differenti livelli di responsabilità, una leadership effettiva, cioè le funzioni di indirizzo, attuazione, gestione, controllo e modifica del proprio e/o dell'altrui operato, ovvero di ognuna e delle differentissime azioni e attività che hanno luogo nella e per la struttura educativa. In presenza di una responsabilità consapevole, l'attività valutativa diventa funzionale alla necessità di far conoscere ai principali attori dei processi formativi, nonché all'opinione pubblica, le scelte compiute e i vincoli entro i quali sono state fatte, i processi attivati e gli esiti conseguiti, persino i problemi aperti e le possibili soluzioni. Ma occorre che i dati valutativi siano affidabili, capaci cioè di rispecchiare di fatto la situazione che vogliono rappresentare, e che non mutino di significato complessivo a seconda di chi li abbia raccolti o li diffonda. Solo così diventa possibile, anzi abbastanza agevole, permettere a tutti di leggere e interpretare gli eventi educativi scolastici, offrendo maggiori strumenti di analisi e di intervento.

*ordinario di docimologia università Roma Tre,

presidente della Sird (Società italiana di ricerca didattica)


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