ItaliaOggi: Ma per Berlinguer è la didattica che non va
intervista
È il ministro che ha introdotto il concetto di debito scolastico. Siamo nel 1997 e Luigi Berlinguer, responsabile del dicastero dell'istruzione, manda in soffitta i corsi di recupero, introdotti solo due anni prima da Francesco D'Onofrio, come semplici ripetizione a carico dello stato per sostituirli con un'attività integrata da svolgere nell'anno scolastico anche durante l'orario delle lezioni ordinarie. «Perché il recupero si fa sempre», ribadisce oggi Berlinguer, presidente del Comitato nazionale per la diffusione della cultura scientifica in Italia.
D. Cosa ne pensa di un ritorno agli esami di riparazione?
R. Se una persona seria come Fioroni ci pensa, credo che abbia ottime motivazioni. Quando arrivai io al ministero, gli esami di riparazione erano già stati cancellati. E trovai che la scuola era impreparata ad affrontare la sfida di un'attività di recupero che fosse parte integrante della normale didattica.
D. Colpa dei docenti?
R. Non ci fu nessuna preparazione al cambiamento. È come quando si chiude un ospedale e non si creano strutture sanitarie alternative. I malati restano in giro. Ma c'è anche un problema di fondo, ed è quello di una didattica polverosa. Non si può pensare di continuare a insegnare a colpi di lezioni frontali e bocciature. Una scuola che lavora dall'alto, e non affianco ai ragazzi, è una scuola che alla fine fallisce.
D. Tutti concordano nel dire che bisogna ridare maggiore serietà agli studi. Fare l'esame di riparazione a settembre non è più serio che essere promossi portandosi dietro debiti che non saranno mai sanati?
R. Fermo restano che occorre vedere a che condizioni e come saranno strutturati gli esami , non vorrei si trattasse dell'ennesimo palliativo. Il vero problema, lo ripeto, è la didattica. Serve un nuovo metodo, che motivi e segua sempre gli studenti. So bene che molti docenti non sono d'accordo. Ma so anche che tanti altri, e sono quelli che non si lamentano ma fanno tanto nella scuola italiana, la pensano come me.
Alessandra Ricciardi