ItaliaOggi: Lezioni difficili, colpa dei bulli
Nel rapporto Talis, l'Ocse chiede ai governi europei più sostegno alle politiche scolastiche Il 70% degli insegnanti accusa: si perde tempo a tenere l'ordine
Emanuela Micussi
Bulli, indisciplinati, vivaci. Sono loro, gli studenti da 5 in condotta, a rallentare l'insegnamento in classe sottraendo ai docenti tempo ed energie. In Italia, si dirà. Certo, ma anche negli altri 22 paesi dell'area Ocse che hanno aderito all'indagine Talis su “Insegnamento e creazione di ambienti di apprendimento efficaci” (Talis) presentata il 16 giungo in Messico (www.oecd.org/edu/talis/firstresults) e riferito all'anno 2008.
La condotta frena
Uno studio su oltre 70 mila insegnati e dirigenti scolastici che fornisce dati comparabili su scala internazionale sulla qualità dell'educazione scolastica. Più del 70% dei docenti delle scuole secondarie inferiori in Italia, Spagna, Slovenia, Estonia e Messico afferma che la cattiva condotta degli allievi in classe impedisce in una certa misura o molto il processo di apprendimento. Ulteriore sottolineatura: in media i docenti impiegano il 13% del tempo in aula a mantenere la disciplina. Proporzione che in Brasile e Malesia sale al 17%. Del resto, il comportamento degli alunni disturba la lezione in 3 scuole su 5. Gli studenti dalla condotta irreprensibile invece nell'Est d'Europa: indestibile solo il 10% di lituani, estoni, bulgari e polacchi. A ostacolano il buon lavoro dei prof anche l'assenteismo degli studenti (46%), il linguaggio osceno e le bestemmie (37%), l'intimidazione o gli insulti all'indirizzo dei compagni (35%). Insomma, tutta colpa degli alunni. «Abbiamo ragione noi a volere più rigore», è stato il commento del ministro dell'istruzione, Mariastella Gelmini.
Manca una politica adeguata
A leggere il rapporto però emerge che il 38% degli insegnanti lavora in scuole che risentono di una carenza di personale qualificato. Mancano strutture adeguate e sostegno didattico per l'efficace apprendimento degli studenti. Problemi che in Polonia interessano solo il 12% delle scuole, ma in Turchia il 78%. «Nonostante queste sfide», spiega Angel Gurrìa, segretario dell'OCSE, «una grande percentuale degli insegnanti nella maggior parte dei paesi presi in esame sono soddisfatti del loro posti di lavoro e crede di fare una differenza significativa di istruzione per i loro studenti». È il caso di Norvegia, Belgio e Austria. Mentre in Ungheria o nella Repubblica di Corea i docenti tendono ad essere meno ottimisti nei propri sforzi. L'Ocsde fotografa anche alcune situazione emblematiche sul fronte della carriera dei docenti. In Australia, Belgio (Fiandre), Danimarca, Irlanda e Norvegia più del 90% degli insegnanti non si attende nessuna ricompensa per il fatto di migliorare la qualità del proprio lavoro. Meno pessimisti i bulgari, i malesi e i polacchi, ma quasi la metà di loro afferma che non vi sono incentivi. Un dato che accomuna 3 docenti su 4 dell'area Ocse. Non aiuta la carriera professionale la mancanza di una valutazione sistemica dei docenti e di un feedback sul loro lavoro. È il caso di oltre il 25% degli insegnati in Irlanda e Portogallo, il 45% in Spagna, il 55% in Italia. «Maestri e professori di alta qualità sono essenziali per una realizzazione efficace delle politiche educative», ricorda Gurrìa, «La qualità di un sistema educativo non può del resto essere superiore a quella dei suoi insegnanti e del loro operato». Il commissario all'istruzione Jan Figel' puntualizza: «Nell'Unione europea si stima vi siano 6 milioni e 250mila insegnanti che hanno bisogno di tutto l'aiuto che le autorità educative possono dar loro per impartire il giusto tipo di insegnamento in contesti scolastici in rapida evoluzione. Ciò richiede determinazione e impegno dei politici a sostegno dei nostri insegnanti, non solo per la loro formazione ma anche il miglioramento delle loro condizioni di lavoro».