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ItaliaOggi: La paghetta non aiuta la ricerca

Purtroppo i più bravi finiranno all'estero. Occorrono obiettivi formativi chiari e trasparenti

02/07/2008
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ItaliaOggi

di Nicola Vittorio*

Il ritocco sulla borsa dei dottorandi non risolve i problemi

Aumentare di 210 euro la borsa dei 19mila dottorandi come primo atto del suo dicastero fa onore al ministro Mariastella Gelmini. In questo modo arriveranno a mettere insieme quei mille euro che sono diventati da tempo lo stigma del precariato. Ma non è così che si aumenta la qualità e l'impatto del dottorato di ricerca. I nostri dottorandi sono già merce pregiata: si tratta di giovani preparati e motivati, che fanno ricerca in condizioni ambientali difficili, ma sotto la guida di scuole accademiche che ancora tanto hanno da dire sul panorama internazionale. Purtroppo molti di loro andranno all'estero a fare ricerca, della buona ricerca, e avranno difficoltà ad inserirsi in un paese che considera la ricerca come un lusso, un privilegio per pochi e non un investimento per il suo futuro. È triste dirlo, ma dissipiamo circa la metà di questo grande patrimonio di creatività e di idee, quando il nostro sistema produttivo, per comune ammissione, non fa abbastanza Ricerca & Sviluppo e soffre della mancanza ormai endemica di innovazione. Uno dei tanti paradossi italiani cui però la tanto vituperata agenda europea può farci mettere mano. La creazione dello Spazio Europeo dell'Alta Formazione, il cosiddetto processo di Bologna, che ha portato all'introduzione dei crediti formativi e alla modulazione delle lauree in primo e secondo livello, prevedeva (e prevede) un terzo livello formativo, di durata di norma triennale, che in Europa coincide appunto con il dottorato.
Impantanati nella discussione sul 3+2, atenei, imprese, politici non hanno avviato una riflessione comune su questo gradino della formazione universitaria, misconoscendone le potenzialità e rendendolo di fatto invisibile alle diverse realtà del paese. Il dottorato concretizza un percorso formativo mirato alla ricerca, proprio attraverso la ricerca, e dovrebbe costituire la chiave di accesso a tutte le carriere correlate a Ricerca & Sviluppo. In questo senso, il dottorato deve dare risposte alle richieste di professionalità che provengono dai settori della ricerca pubblica e privata, con l'obiettivo di integrare sempre di più il sistema formativo accademico con il tessuto sociale del paese. Proviamo a pensare a dei dottorandi che possano applicarsi ad aree d'interesse per una o gruppi di aziende, che si facciano carico delle loro borse: con un investimento relativamente basso (visto il ridotto peso contributivo per i datori di lavoro) potremmo fare ricerca ed innovazione a livello capillare. Evidente il beneficio che le nostre piccole e medie aziende, il nucleo duro della nostra produzione, potrebbero ricavarne. Quelle stesse aziende infatti, ogni giorno, devono combattere la battaglia dei mercati globali, dove la competizione si fa sulla velocità di innovazione e dove non è vincente sul lungo periodo sacrificare l'arma della conoscenza di fronte alla riduzione del costo del lavoro. Naturalmente l'enunciazione non basta Occorrono obiettivi formativi chiari e trasparenti, in modo da far comprendere a tutti, anche alle imprese, i contenuti scientifici ed il livello di innovazione dei corsi di dottorato; si deve costruire un'organicità maggiore con le lauree magistrali (il cosiddetto +2), bisogna mettere a sistema valutazione e accreditamento. In questo ovviamente l'università non può essere lasciata sola, anche se deve compiere da sé buona parte del lavoro. Bloccando, ad esempio, quella parcellizzazione di iniziative che aveva portato, nel 2005/2006, a 2198 diverse denominazioni di corsi di dottorato, di cui 420 con cinque o meno di cinque iscritti. Basta, insomma, con i dottorati ad personam, di questo o quel docente, per questo o quell'allievo.

Per questo, personalmente non mi intriga l'ennesima polemica sul 3+2 ma semplicemente mi inquieta: è da tempo giunta l'ora di pensare al 2+3 e di mettere il segmento più pregiato della formazione universitaria italiana al servizio del paese.

*presidente di ConScienze e preside della Facoltà di Scienze di Tor Vergata.


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