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ItaliaOggi-La Finanziaria delude gli enti locali

manovra 2005 comporta un peggioramento dei rapporti tra governo, parlamento e autonomie. La Finanziaria delude gli enti locali Il ddl impone tetti di spesa e vincoli al sistema delle...

24/12/2004
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ItaliaOggi

manovra 2005 comporta un peggioramento dei rapporti tra governo, parlamento e autonomie.

La Finanziaria delude gli enti locali

Il ddl impone tetti di spesa e vincoli al sistema delle Entrate

La legge finanziaria 2005-2007 sta concludendo il suo iter a colpi di voti di fiducia, sostanzialmente svilendo il ruolo del parlamento, bloccando qualsiasi proposta positiva avanzata sia dai parlamentari di maggioranza sia di opposizione nella definizione dei contenuti di uno strumento fondamentale per gli indirizzi di politica economica e finanziaria, che andrà comunque rivisto e reso più coerente e funzionale. Gli enti locali e le regioni sono stati mortificati e hanno visto deluse le stesse promesse minime e di buon senso che erano state fatte dai ministri del governo.
Le norme centralistiche della legge Finanziaria impongono agli enti locali tetti di spesa e vincoli al sistema delle entrate che comporteranno per i loro bilanci e programmi pluriennali l'amara scelta della riduzione dei servizi e degli investimenti.

Ogni scelta federalista e di autonomia responsabile è stata calpestata da un centralismo governativo che mai era stato così arrogante, al limite di una frattura istituzionale.

Il governo ha eluso ogni rapporto di leale collaborazione con le comunità locali, negando così un necessario coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, quale fondamento di un serio ordinamento federalista della repubblica.

Vincoli all'attuale e insufficiente sistema delle Entrate, limitazioni alle spese, un blocco di fatto del personale, previsioni di tagli e difficoltà nella sanità e nei servizi sociali, per gli anziani e l'infanzia, per la scuola e le infrastrutture comporteranno squilibri e passività nei bilanci e una diminuzione degli investimenti, con gravi conseguenze per lo sviluppo economico e sociale del paese. Il patto di stabilità interno, operante per i comuni sopra i 3 mila abitanti, per le comunità montane sopra i 10 mila abitanti e le province, impone un incremento della spesa corrente e in conto capitale per gli investimenti pari all'11,5%, rispetto alla media della spesa del triennio 2001-2003. Se gli enti hanno avuto, nel triennio, una spesa corrente superiore alla media della stessa classe demografica, l'incremento sarà limitato al 10%.

Solo a fine gennaio, entro 30 giorni dall'approvazione della legge finanziaria, con un decreto ministeriale, saranno noti i criteri e i parametri, per classi demografiche, dell'incremento del tetto di spesa di ogni ente. Se si sforano i parametri del patto di stabilità l'ente sarà sottoposto a una sorta di amministrazione controllata, con il blocco di qualsiasi investimento, di ogni assunzione e nuova spesa per beni e servizi.

I vincoli alla spesa delle regioni prevedono un incremento del 4,8% rispetto alla spesa del 2003. Enti locali e regioni per il 2006-2007 potranno prevedere un incremento della spesa corrente e in conto capitale pari solo al 2% dell'anno precedente.

Da prime valutazioni appare evidente che l'incremento dei costi reali per beni, servizi e investimenti è superiore ai parametri previsti. La rigidità della finanza locale è tale che bilanci veritieri significheranno un'inevitabile previsione di squilibrio per i bilanci consuntivi. Mentre a livello europeo il governo chiede di escludere gli investimenti dal patto di stabilità, in Italia è il primo anno che questi sono inclusi ai fini del patto di stabilità nel calcolo del disavanzo, determinando così una forte riduzione delle opere pubbliche.

Non si può dire che il governo stimoli gli investimenti e lo sviluppo. Infatti pur dicendo che si potrà eccedere il tetto della spesa corrente e in conto capitale solo per spese di investimento, pone il vincolo che ciò possa avvenire 'nei limiti dei proventi ricavati da alienazioni di beni immobili e da erogazioni a titolo gratuito e liberalità'. Inoltre è la prima volta che i vincoli restrittivi del patto di stabilità colpiscono anche i comuni minori e montani della fascia demografica dai 3 mila ai 5 mila abitanti.

A rendere ancora più difficoltosa la programmazione di nuovi mutui per investimenti è stato ridotto dal 25 al 12% dei primi tre titoli delle Entrate (del penultimo rendiconto) il livello possibile di indebitamento in conto capitale. Un vincolo ancora più rigido del 2004 è poi previsto con il blocco delle assunzioni del personale; già limitato quest'anno al 50% del turnover del 2003 ora viene, previo decreto ministeriale, ridotto al 20% del turnover del 2004. Da rilevare che la norma del 2004 è stata reputata incostituzionale dall' Alta corte. Si tratta di una prima sentenza della Consulta che avrà come effetto immediato quello di svincolare gli enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità dai vincoli centralistici della normativa in oggetto.

Mentre aumentano le funzioni e le pressioni sociali che chiamano in causa i comuni, le province e le regioni, al centralismo sul versante della spesa si accompagnano scelte conservatrici per quanto riguarda la riforma per il federalismo finanziario e fiscale. La legge finanziaria 2005 registra una continuità rispetto ai tagli dei trasferimenti e alla sospensione di alcune potestà impositive degli enti locali. Per i bilanci di previsione 2005 gli enti locali dovranno esercitarsi nel taglio dei servizi, anche perché le uniche possibili risorse potranno essere date dall'aumento delle rette e delle tariffe dei servizi, da qualche ritocco alle aliquote dell'Ici e da eventuali iniziative di recupero di evasioni. I trasferimenti statali sono congelati a livello del 2004, senza il riconoscimento del tasso di inflazione; la sospensione degli aumenti dell'addizionale Irpef è confermata sino al 31 dicembre 2005 (salvo per gli enti che non hanno mai applicato tale addizionale e che potranno cosi adottarla entro il tetto massimo dello 0,1% nel triennio 2.005-2007). Una modifica positiva è stata quella di prevedere la possibilità di utilizzare, sino al 75%, i proventi delle concessioni edilizie per fronteggiare le spese correnti.

Le regioni vedono anch'esse sospesa la facoltà di incrementare le addizionali Irpef e Irap, che potranno però riapplicare per finanziare i disavanzi di gestione accertati e stimati nel settore sanitario. Cosa che si verificherà puntualmente in presenza di un fondo nazionale sanitario di 88.195 milioni di euro; cioè un fondo che continua a essere annualmente sottostimato di circa 3.000 milioni di euro. Oltre al normale recupero di evasioni Ici, la Finanziaria prevede che i comuni possono chiedere un nuovo classamento degli immobili; ciò quando si constata l'esistenza di immobili non dichiarati o con classamenti catastali non adeguati rispetto ai valori di mercato. In tal caso i comuni potranno chiedere alla proprietà o agli usufruttuari la presentazione, entro 90 giorni, di atti di aggiornamento. In caso di inadempienza, nel termine di 90 giorni dalla notificazione, sarà l'Agenzia del territorio a provvedere all'iscrizione dell'immobile in catasto o alla verifica del classamento. Con un comma della Finanziaria, di difficile lettura, sembra che l'Ici debba essere pagata anche per gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per speciali esigenze di un'attività industriale o commerciale, anche se fisicamente non incorporati al suolo; cioè sembra si debba pagare l'Ici anche su ciò che immobile non lo è affatto e non risulta nemmeno accatastato. Non si tratta certamente di un aiuto alle imprese e allo sviluppo, ma di una nuova norma ambigua e di difficile applicazione. Infine va rilevato che siamo in presenza di un'Alta commissione per il federalismo fiscale che da due anni rinvia le sue conclusioni e proposte operative in applicazione all'art. 119 della Costituzione, ma intanto il governo aumenta le imposte di registro, ipotecarie e catastali.

La legge finanziaria 2005 sia sul piano del metodo sia del merito registra solo un peggioramento dei rapporti tra governo, parlamento e autonomie locali. Le comunità locali e regionali non possono accettare passivamente l'offensiva anti riformatrice e centralista che sta affossando ogni prospettiva federalista. È tempo che comuni, province e regioni propongano una forte iniziativa unitaria, con la riconvocazione degli stati generali delle autonomie. Il coordinamento e la collaborazione di un sistema finanziario e fiscale federalista deve vedere gli enti locali non più vincolati da incerti trasferimenti statali, ma garantiti da un sistema di compartecipazioni all'Iva, all'Ire e a altri cespiti erariali sulla base di meccanismi dinamici collegati alle basi imponibili; da interventi perequativi; da imposte proprie certe, a iniziare dall'unificazione nell'Ici di tutte le imposte e tasse sugli immobili; da interventi speciali trasparenti, finalizzati allo sviluppo e a un programma di opere pubbliche e infrastrutturali. Da subito deve essere richiesto che gli investimenti siano esclusi dal tetto di spesa del patto di stabilità interno.

L'elaborazione, la discussione e l'approvazione dei bilanci di previsione annuali 2005 e pluriennali 2006-2007 devono essere l'occasione per verificare, in concreto, lo stato della finanza locale e per riprendere il cammino di un federalismo finanziario fiscale solidale. È urgente proporre leggi riformatrici in applicazione dell'art. 119 della Costituzione, sostenute dall'impegno unitario delle associazioni degli enti locali e delle regioni e da un ampio movimento popolare federalista. (riproduzione riservata)

* Vicepresidente Legautonomie


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