ItaliaOggi: Il pasticciaccio dell'apprendistato
La mini riforma Cazzola al raddoppio delle ore di formazione. Ma potrebbe non bastare Tra Biagi, Fioroni e Gelmini, a caccia della norma giusta
Alessandra Ricciardi
Il destino della mini riforma Cazzola sarà deciso oggi, dal comitato dei nove presso la camera. «Si tratta di chiarire meglio la portata della proposta, ma il principio resta», dice convinto Giuliano Cazzola, deputato Pdl e relatore del ddl delega sul lavoro all'esame dell'aula di Montecitorio. È lui l'autore dell'emendamento (si veda altro articolo in pagina)che consentirebbe, se approvato, di anticipare l'apprendistato a 15 anni d'età contro i 16 di oggi. In sostanza di sbloccare il secondo anno del biennio dall'obbligo scolastico per trasferirlo nell'impresa. Un'operazione che molti giudicano negativamente. Non solo per questioni di merito (troppo presto decidere del destino dei ragazzi, è una delle critiche), ma anche solo formali: non è infatti abrogata la legge che prevede l'obbligo di istruzione fino a 16 anni. «Nella nuova versione dell'emendamento chiariremo che l'apprendistato si può svolgere nell'ambito del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione in cui si colloca la legge Biagi», precisa Cazzola, «e che ci vorrà un'apposita intesa tra ministeri competenti e regioni perché si realizzi. Con un monte ore di formazione che sarà più alto di quello previsto per l'apprendistato standard. Potrebbe essere anche raddoppiato». Ma, secondo il Pd, non basta. Già, perché l'obbligo a 16 anni resta, come prevede l'articolo 1 comma 622-624 della legge 296/2006, la prima Finanziaria dell'ultimo governo Prodi. Ed è cosa diversa dal diritto-dovere all'istruzione e formazione professionale fino a 18 anni, previsto dalla riforma Moratti e su cui andrebbe a incidere l'emendamento Cazzola. «Ricordo a questa lungimirante maggioranza», attacca Giuseppe Fioroni, responsabile welfare del Pd ed ex ministro dell'istruzione, «che, fino a prova contraria, le leggi vigenti prevedono l'obbligo di andare a scuola fino a 16 anni e il buon senso dovrebbe suggerire, proprio nei momenti di crisi economiche violente come quella che ancora attraversiamo, di intensificare la preparazione anche come misura di contenimento degli effetti sociali della crisi, non di giocare al ribasso».
L'accusa di voler riportare a 15 anni l'età per l'accesso al lavoro è respinta al mittente da Cazzola. «Il governo non intende modificare la norma che ha elevato a 16 anni la soglia d'età minima per lavorare. A nessuno sarà consentito di fare l'operaio o l'impiegato a 15 anni. Chi vuole potrà fare, a quell'età l'apprendista». Resterebbe, a questo punto, un anno morto, però. Quello dei 15 anni, quando il ragazzo si troverebbe a fare un anno di superiori per poi fare l'apprendista. «Meglio un solo anno perso che due», commenta Cazzola. E però se la proposta, seppure modificata, dovesse passare, sarebbe un problema per il ministro dell'istruzione, Mariastella Gelmini, alle battute finali con i provvedimenti che da settembre faranno partire le nuove superiori. La riforma prevede, proprio per ottemperare all'obbligo di istruzione a 16 anni, un primo biennio con materie in comune tra i vari indirizzi. Biennio che matura crediti, consente passaggi tra una scuola e l'altra e costituisce una base culturale per chi decide poi di fare la formazione o l'apprendistato. Ad oggi le nuove superiori non prevedono la possibilità che il passaggio all'apprendistato si faccia un anno prima. E nulla dicono sul valore dell'anno superstite.