ItaliaOggi-Da rifare gli organi collegiali
Scaduta la delega, il ddl Moratti va in soffitta dopo le proteste degli enti locali. Da rifare gli organi collegiali Torna a galla la riforma elaborata da Berlinguer Riforma degli organi col...
Scaduta la delega, il ddl Moratti va in soffitta dopo le proteste degli enti locali.
Da rifare gli organi collegiali
Torna a galla la riforma elaborata da Berlinguer
Riforma degli organi collegiali, tutto da rifare. È definitivamente tramontata la riforma Moratti degli organi collegiali (si veda ItaliaOggi del 4 febbraio scorso), vista la mancata approvazione da parte del consiglio dei ministri del relativo decreto. Provvedimento, questo, che operava nell'ambito di una delega data al governo dalla legge n. 137/2002, che prevedeva un tempo massimo di 18 mesi per disciplinare la materia. Il termine è scaduto il 28 gennaio scorso e la delega non è stata esercitata dall'esecutivo Berlusconi. Tornano così in vigore le vecchie norme sugli organi collegiali, quelle dettate dal decreto legislativo n. 233 del 1999, ossia la riforma che l'ex ministro dell'istruzione, Luigi Berlinguer, aveva messo a punto e che la Moratti aveva sospeso in attesa che sulla materia si tornasse a legiferare.
La decisione della Moratti di non portare avanti il proprio provvedimento è stata fortemente influenzata non solo dal parere negativo espresso dallo stesso Cnpi, ma anche dalle opposizioni degli enti locali, i quali, in seno alla conferenza unificata del 15 gennaio scorso, lamentavano di ricoprire nel nuovo assetto un ruolo marginale rispetto alle competenze previste dal titolo V della Costituzione. Gli organi collegiali sono organismi consultivi e propositivi dei vari livelli dell'amministrazione scolastica, articolati nel consiglio locale, regionale e nazionale. Una sorta di mini-parlamenti nei quali sono presenti le varie componenti del mondo scolastico. Proprio sulla composizione dei collegi, in particolare a livello nazionale, si sono giocati i contrasti tra ministero e controparti. La bozza della Moratti, è l'accusa formulata dai sindacati, limitava la presenza dei rappresentanti del personale della scuola eletti in base a liste presentate da sindacati o associazioni di categoria. Inoltre, aggiungono gli enti locali, prevedeva come minoritaria la rappresentanza delle istituzioni diverse dallo stato, 'nella tendenza a riportare in ambito statale competenze già chiaramente attribuite alle autonomie locali e regionali', ha sottolineato l'Anci, l'Associazione nazionale dei comuni, che ha espresso soddisfazione per il ritiro del procedimento.
La RIFORMA MORATTI
Il consiglio formula proposte ed esprime pareri obbligatori al ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica sugli indirizzi e gli standard nazionali del sistema educativo, sui piani di studio nazionali, sui crediti scolastici, sui livelli essenziali in materia di formazione professionale, sulle classi di concorso. La riforma Moratti prevedeva 55 componenti, dei quali dieci di nomina ministeriale. Di diritto, ne avrebbero fatto parte i presidenti e i vicepresidenti dei consigli regionali. I componenti di diritto sarebbero stati i presidenti e i vicepresidenti dei consigli scolastici locali. Presso le articolazioni territoriali della direzione regionale è istituito il consiglio locale. Il ruolo è sempre consultivo, nei confronti dell'amministrazione scolastica periferica e delle stesse scuole su tutte le materie di competenza.
LA DISCIPLINA ATTUALE
Risale alla riforma del 1974 ed è ancora in vigore, in fase transitoria. La composizione del consiglio nazionale della pubblica istruzione è di 74 membri, dei quali 64 nominati direttamente dal personale, su liste sindacali o di associazione, quattro di nomina ministeriale e cinque designati dal Cnel. Vi si aggiunge il ministro.
LEGGE BERLINGUER
La legge n. 233/99 aveva anch'essa ridimensionato la composizione del Cnpi, portandola da 74 a 36 membri, contenendo al 50% la rappresentanza della categoria e prevedendo il restante 50% di nomina ministeriale. (riproduzione riservata)