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Istituti superiori di studi musicali condannati alla chiusura

Gli enti locali non coprono le spese. «Intervenga lo Stato»

05/03/2013
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Il Messaggero

di Alessia Camplone

ROMA - Sono ventuno, ci lavorano ottocento insegnanti, ci studiano oltre settemila ragazzi. Gli istituti superiori di studi musicali sono gli ultimi condannati dalla penuria di risorse nel mondo della scuola. Ex scuole pareggiate che sono diventate formalmente pubbliche ma che restano senza soldi. Sono state equiparate ai Conservatori con la legge di riforma del settore artistico-musicale del 1999. E, anche geograficamente, sono andati a “coprire” città e capoluoghi lontani dai conservatori. Ora sono ad un passo dalla chiusura. Gli enti locali protestano, e avvertono di non farcela più se non interviene lo Stato. Solo quest’anno gli istituti musicali pesano sulle casse dei Comuni e Province per 42 milioni.
21 gli istituti superiori di studi musicali che rischiano di sparire. Troppi per i loro bilanci. E la chiusura sembra l’unica soluzione possibile. Il che vuol dire che gli alunni saranno costretti a completare gli studi in un conservatorio, magari affrontando ogni giorno anche 200 chilometri di distanza per poter seguire le lezioni. Ma, soprattutto, va a impoverirsi un’offerta formativa che, per la musica, è legata alla cultura italiana. Facendo chiudere i battenti a scuole che hanno un secolo di storia sulle spalle.
«Un patrimonio culturale e un prestigio nazionale che rischiamo di perdere – avverte Maria Cleofe Filippi, per conto dell’Anci, l’Associazione dei Comuni -. La situazione è drammatica, i costi gravano per la quasi totalità sui Comuni e le Province». Il passaggio a scuola pubblica è avvenuto sulla carta. «Un passaggio riconosciuto legalmente, ma non finanziariamente. Siamo nel guado di una situazione irrisolta. Che almeno lo Stato paghi gli stipendi agli insegnanti», chiede Dario Miozzi, docente di storia della musica all’istituto di Catania, il più grande d’Italia: 800 alunni, novanta docenti. Che spiega: «Qui a Catania la situazione è critica. Ma altri istituti rischiano l’immediata chiusura come ad esempio Ancona, Pavia e Taranto». In un comunicato diffuso dalla Flc Cgil e sottoscritto anche dalla Cisl e Uil scuola, si denuncia che «la pesante congiuntura economica, che i consistenti tagli e i vincoli imposti ai bilanci degli enti locali, stanno mettendo in serio pericolo lo svolgimento delle normali attività di questi istituti». Con una dead-line che i sindacati individuano, per molte di queste scuole, in una data drammaticamente vicina: il 31 ottobre prossimo.


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