Io, professore di liceo, difendo i voti bassi
Gentile Veladiano, sono un tuo collega e ti scrivoapropositodell’articolo del 14 agosto “Cari prof, non date mai meno di 4 agli studenti”. Ho sempre ritenuto opportuno usare tutta la gamma dei voti (escluso per la verità l’1 ed assegnando con molta parsimonia il 10) e non ho mai avuto casi di autolesionismo; e molto raramente casi di ritiro da scuola. Il problema, secondo me, non sta nel voto numerico, che resta, nella totalità della sua gamma, il mezzo più diretto, economico, semplice e trasparente per graduare i risultati dell’apprendimento; i giudizi rischianodiessereintrisidi“didattichese” e di eufemistiche ipocrisie, come spesso è avvenuto in questi anni nella scuoladell’obbligo;siaccusanosempre i voti troppo bassi di creare disagio psicologico, ma non si dice mai che certi entusiastici giudizi ammanniti con larghezza ed opportunismo nella scuola dell’obbligo, anche nella tanto esaltata scuola elementare, hanno talora creato sensi di onnipotenza altrettanto pericolosi ed incapacità di rapportarsi alle
difficoltà della vita. Ricordo che qualche anno fa un mio conoscente lamentava il fatto che la propria figlia di 9 anni commetteva errori di ortografia ma che i suoi elaborati venivano valutati con il giudizio di “eccezionale” o “eccezionale ++” (
sic.);
per cui quando raccomandava alla bambina di stare più attenta agli errori, lei rispondeva: «Ma non sono “eccezionale”?». Non si tratta di abolire il voto numerico o eliminare quelli meno graditi, ma di ricondurre il voto alla sua giusta dimensione: ovvero la misurazione singola di una singola prova, che fa parte di un percorso di apprendimento- formazione, il cui andamento complessivo, con tutti i suoi margini di progresso, se saputi cogliere, determinerà la vera e propria valutazione. Sarebbe opportuna proprio una distinzione terminologica fra i due momenti, per togliere drammaticità, mantenendo l’oggettività, alla “misurazione” della verifica. Ovviamente, il voto numerico negativo dovrà essere sempre accompagnato da una spiegazione di ciò che si è sbagliato a livello disciplinare o
metodologico e del percorso da svolgere per progredire, e dall’uso “saggio ed esperto dell’incoraggiamento” (splendida espressione di R. Dreikurs); sarà poi cura del docente cogliere tutti i successivi spunti positivi, per rafforzare l’autostima dell’alunno: io mi servo ad es. dei famigerati voti spezzettati (ad 7-, invece di 6,5; 5-invece di 4,5): ho visto molti esultare per un 6-- dopo una serie di voti insufficienti, perché fa loro capire che, sebbene non tutto sia risolto, il risultato è a portata di mano. Occorrerebbe poi un’analoga educazione riguardo alla natura del voto anche nei confronti dei genitori, i quali lo considerano sempre più spesso un trofeo da esibire o una vergogna da nascondere o un’offesa personale. Molte delle tragiche vicende cui facevi riferimento nel tuo articolo nascono, più che dagli errori della scuola, da una pressione familiare derivata da questa perversa e deformata visione del voto.
Lodovico Guerrini —
Liceo Classico Piccolomini, Siena