Io le chiedo: ma questa è vera didattica?
Lettera aperta di una dirigente scolastica
Io le chiedo: ma questa è vera didattica?
Adriana Colloca
Cara Ministra, chi le scrive è una Dirigente Scolastica. Neoassunta. In Lombardia. A Milano. Ai tempi del Covid. Non voglio affrontare l’argomento generale «istruzione». Sono consapevole che tante falle hanno radici lontane e che la responsabilità intera non possa essere attribuita a lei. Però voglio farle alcune domande legate alla situazione contingente perché, a quasi due mesi dalla ripresa delle attività scolastiche, forse soltanto lei potrà chiarire e motivare. Le scuole italiane hanno una storia ben nota di problemi strutturali: spazi, personale, arredi. La scorsa estate era chiaro a tutti che avremmo dovuto affrontare ancora il problema Covid sulla riapertura sicura delle scuole: in che modo è stato fatto? L’opinione pubblica è stata quasi solamente bombardata da notizie relative all’invio di banchi con rotelle e mascherine. Il problema legato al personale scolastico in tutte le sue componenti è enorme. Grave. Evidente. Sarebbe stato bello che, per una volta, si partisse «dal basso» per capire i problemi. E per individuare le soluzioni. Ad esempio: gli ingressi degli alunni vanno smistati per evitare assembramenti. Ottima idea. Ma la sorveglianza va raddoppiata o triplicata. Con quale personale? I collaboratori scolastici spesso sono in numero insufficiente. Il personale amministrativo non sempre riesce a far fronte alla mole di lavoro che quotidianamente la complessa gestione di un Istituto Scolastico comporta. E l’organico «Covid»? Bloccato per errori di calcolo delle risorse. Il nuovo meccanismo delle graduatorie provinciali per le supplenze ha comportato ritardi. Per alcune cattedre siamo ancora scoperti. Tralasciando la qualità della didattica — la questione più importante ma che, obtorto collo, sta passando in secondo piano — e il diritto all’inclusione degli alunni con disabilità (gli insegnanti di sostegno sono stati gli ultimi ad essere assegnati, laddove sono stati assegnati!), ogni mattina sorgono problemi nel garantire l’orario scolastico. Gli alunni non possono essere smistati nelle classi, le richieste di «fragilità» aumentano (l’età media degli insegnanti italiani è superiore alla media dei Paesi Ocse) e i docenti hanno le stesse problematiche di tutte le altre categorie professionali. È necessario agire per offrire soluzioni: è possibile pensare al ritorno del doppio organico alla scuola primaria e al potenziamento «rafforzato» alla secondaria? Per i «lavoratori fragili», perché la decisione di lavorare in caso di fragilità (che non è malattia), deve essere demandata alla scelta del singolo? E poi, in che modo possiamo tutelare la salute dei docenti che, allo stato dell’arte e per «far andare avanti la baracca», si sobbarcano supplenze su supplenze, passando da una classe all’altra? Il sistema sta collassando. Lei ha spesso ribadito il valore di una didattica in presenza che, in termini valoriali, condivido in assoluto. Ma di didattica si deve parlare. Perché, per quanti sforzi si profondano, le scuole del secondo ciclo stanno operando a distanza. E, quelle del primo ciclo, stanno diventando baby parking: ammortizzatori sociali necessari affinché i genitori possano lavorare. Questa dovrebbe essere una delle funzioni collaterali del fare scuola. Non l’elemento principale. Ma oggi è così. A Milano. In Lombardia. E, penso, anche altrove. Spero che lei, per conforto e/o per dovere, possa rispondere ai miei quesiti. Le auguro buon lavoro.
Dirigente IC «P.Thour - Gonzaga» Milano