Intervista a Guglielmo Epifani: 'Stiamo galleggiando nella Crisi'
investimenti in infrastrutture e soprattutto non materiali come sono la scuola, la ricerca, l’università, l’innovazione che soprattutto nelle aree più arretrate come quelle del Mezzogiorno devono costituire dei punti da cui ripartire per fare ricrescere queste zone e queste comunità.
COSENZA - Guglielmo Epifani già segretario generale della Cgil ed attualmente presidente dell’associazione Bruno Trentin, ieri, a margine dell’incontro all’Università della Calabria sul tema “Crisi… usciamone con la Conoscenza”, ha risposto alle nostre domande sottolineando che l’Italia è un Paese che da dodici anni è ormai fermo e che la crisi è senza via d’uscita.
Partendo dal tema dell’incontro, davvero con la Conoscenza è possibile uscire dalla crisi?
Stiamo vivendo una crisi davvero drammatica della quale non riusciamo a veder la fine, c’è bisogno di affiancare alla politica dei tagli o del rigore anche una politica che stimoli almeno quei settori che siano in condizioni di preservare le condizioni materiali e professionali per il futuro. Quindi bisogna chiedere al Governo ma anche all’Unione Europea, di cambiare politica ed affiancare al rigore gli stimoli alla crescita ed agli investimenti, in modo particolare gli investimenti in infrastrutture e soprattutto non materiali come sono la scuola, la ricerca, l’università, l’innovazione che soprattutto nelle aree più arretrate come quelle del Mezzogiorno devono costituire dei punti da cui ripartire per fare ricrescere queste zone e queste comunità.
La Legge Gelmini apre l’università ai privati creando un’asimmetria tra Nord e Sud. Possibile che non si è fatto nulla per evitarlo?
È questo il problema perché mentre nelle zone più avanzate dove c’è un tessuto produttivo industriale ed un rapporto tra università pubblica e centri privati può essere fruttuoso sia per l’università pubblica sia per le aziende private, se su questo si costruisce una riduzione di trasferimento all’università pubblica nelle zone dove non c’è l’apporto dei privati si riducono le possibilità di essere un punto di riferimento per le realtà esistenti.
Epifani, in che condizioni è l’Italia?
Un Paese che non produce reddito per oltre 12 anni, è di fatto un Paese fermo, che ha visto aumentare le differenze interne e tra le generazioni. Quelle precedenti sono cresciute in un contesto che cresceva, le ultime, invece, nella immobilità. In questi anni siamo tornati indietro, mettendo fuori gioco chi non aveva una storia familiare solida alle spalle. Infatti la cosa peggiore è che si sono generati problemi micidiali per la società e si è operato un potere delle vecchie gerarchie. Un Paese che non ha mobilità sociale in ragione di questa visione è un Paese che anziché guardare avanti, guarda indietro portandolo a non costruire il proprio futuro. E tutto ciò perché siamo stati caduti nella trappola europea.
Il problema nasce dunque dall’Europa?
Uno Stato nasceva quando poteva “battere moneta”. Storicamente la moneta ha il suo potere contrassegnato dalla presenza di uno Stato ma qui c’è l’euro senza che vi sia lo Stato europeo, senza una banca centrale che possa emettere denaro, senza una politica di equilibrio tra le varie nazioni.
Se ci fosse una Stato Europeo, la Bce dovrebbe stampare euro, ma non lo fa perché il Trattato non lo prevede e non può farlo nemmeno uno Stato surrogato. Siamo cittadini con la stessa moneta ma non dello stesso Stato. In questo momento stiamo galleggiando in una situazione di equilibrio precario tra i diversi sviluppi politici dei vari Stati, nella speranza che non accada l’irrimediabile, ma di fatto non c’è soluzione se non quella di spingere sugli investimenti e tra questi anche quello legato alla conoscenza che è il fondamento del diritto di cittadinanza.
Politica ed antipolitica.. e non si sa se si andrà a votare ad ottobre. Cosa sta facendo il Sindacato?
C’è una grande confusione, una grande difficoltà, una grande incertezza. La cosa che il sindacato sta facendo, e continua a fare, è di chiedere al Governo di battere di più i pugni in Europa. Non possiamo consentire che la Merkel dica le cose che dice ed invece bisogna fare una politica che stimoli gli investimenti e lo sviluppo. Bisogna affiancare al rigore lo sviluppo sennò l’Italia finisce come la Grecia. C’è bisogno che Monti faccia questo e lo faccia nelle sue condizioni per dare una mano vera e credibile. Ma soprattutto oggi c’è bisogno di risolvere il problema del credito. Le banche non danno soldi né alle famiglie né alle aziende, né agli artigiani che ne hanno bisogno e bisogna venire a capo di questo problema