In marcia per la scienza
Intervista di Emanuele Perugini ad Alessandro Arienzo del comitato promotore della Marcia per la Scienza in Italia.
Il prossimo 22 aprile a Roma, ma anche in altre città europee e americane si svolgerà una interessante e insolita iniziativa: una marcia per la scienza. È la prima volta in assoluto che in tutto il mondo persone sentano il dovere di scendere in piazza, di mobilitarsi per difendere la scienza. In tempi di attacchi al metodo scientifico (i vaccini) e di post verità, non ci meraviglia però che qualcuno abbia avvertito l’esigenza di alzare la voce, nei confronti di un tema, che è centrale nella qualità del dibattito pubblico (e delle democrazie) occidentali.
Alessandro Arienzo, dell’Università “Federico II” fa parte del comitato promotore della Marcia per la Scienza in Italia.
Ci spieghi che cosa è questa giornata e chi la sta organizzando?
La Marcia per la Scienza è stata lanciata nei mesi scorsi negli Stati Uniti da ricercatori e semplici cittadini preoccupati dai continui attacchi verso il ruolo della scienza della nostra società e dalle scelte del nuovo governo statunitense in materia ambientale e scientifica. Non a caso, il 22 aprile è da anni il giorno in cui si celebra la “Giornata della Terra” al fine di porre l’attenzione sui cambiamenti climatici prodotti dall’uomo e sulla necessità di uno sviluppo attento all’impatto sull’ambiente e sulla qualità della vita. L’iniziativa si è subito allargata nella gran parte dei paesi del mondo e un gruppo di ricercatori italiani, di studenti, di cittadini ha deciso di organizzarla anche in Italia. L’iniziativa ha il sostegno di diverse organizzazioni, associazioni e gruppi e speriamo possa avere presto – come accade anche negli altri paesi – sostegno da parte di istituzioni, università ed enti di ricerca.
Intanto avete il sostegno di Pianetascience, per quel che vale. Comunque ci sembra di ricordare che proprio la contestazione delle informazioni scientifiche sia stato uno dei principali catalizzatori di una serie molto ampia d movimenti, su scala internazionale, che hanno alimentato diverse realtà populiste, tra cui quella che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca. Insomma dalle scie chimiche, (in Italia prima ancora il Caso Di Bella) alle iniziative contro i vaccini, c’è un fil rouge che li lega, la misinformation crea community contestando i dati scientifici?
Sicuramente. Le politiche populiste si basano su letture semplificate, emozionali, della realtà, che contrastano col metodo scientifico. I “fatti alternativi” di Trump non sono semplicemente falsità, sono messaggi che vogliono alimentare il rancore e l’astio verso l’impegno intellettuale e scientifico che, in questi anni, è stato spesso dipinto come elitario e separato. Ed invece la scienza è democratica nei suoi obiettivi, nella sua natura dialogante e collaborativa. Però poi è metodo, rigore e valutazione dei fatti e delle teorie. Lo scopo della marcia, e delle iniziative collegate, è ribaltare la visione populista e mostrare che la scienza, i suoi migliori risultati, sono di tutti e per tutti. E che i problemi del nostro presente possono solo essere risolti col contributo di cultura, ricerca, conoscenza.
Possiamo dire che allora è una marcia contro la post-truth? È così grave la situazione?
È anche una marcia contro la post-truth. Nel senso che tra i campi in cui la post-verità di sta affermando ci sono quelli dell’ambiente e della ricerca scientifica. In tal senso, tra le organizzazioni che stanno aderendo in Italia ci sono quelle della “Coalizione clima” perché il tema ambientale è diventato prioritario. Ma è anche una marcia per la democrazia, perché la post-verità – l’uso sistematico di notizie false e distorte – sta inquinando il confronto politico e civile. La situazione è grave, non solo negli Usa. Sono moltissimi i paesi nel mondo in cui si disinveste in ricerca, cultura e istruzione. Sono moltissimi i paesi in cui la scienza è sottoposta al controllo politico e sempre meno indipendente dagli interessi economici. Più grave è l’indebolirsi del valore sociale che i cittadini attribuiscono alla ricerca – quale che sia il campo in cui essa si esercita. Noi non facciamo distinzioni tra “scienze naturali” e “scienze umane”; tra ricerca applicata e teorica.
Non credi che ci sia il rischio di una polarizzazione? Di un effetto “Montecchi contro Capuleti” con i complottisti da una parte e gli scientisti dall’altra? Non Pensi che una mobilitazione come la Marcia, possa offrire il fianco a questo tipo di rischio?
Non penso. In primo luogo, la marcia è parte di uno sforzo educativo e culturale più ampio che rivendica la libertà della scienza e della ricerca, l’importanza della sua funzione sociale. In fondo è anche un modo per rendere gli stessi ricercatori parte attiva di un confronto democratico. Senza dare per scontato il proprio ruolo nella società, ma spiegandolo, raccontandolo. E poi il bisogno che muove “i complottisti” – quando non vi sono interessi specifici, come nel caso del negazionismo climatico – non è razionale, è emotivo: in un mondo complesso si cercano risposte semplici, evocative, misteriose. Tra queste due posizioni c’è un conflitto di fatto, che sarebbe in fondo anche poco importante se non fosse diventato dirimente per la tenuta democratica della nostra società e per il nostro futuro.
A questo punto non resta che darci appuntamento: a che ora e dove?
L’appuntamento per la marcia è il 22 aprile, a Roma, alle ore 16. Ci incontriamo in Piazza della Rotonda (nei pressi del Pantheon) per recarci in Campo dei Fiori. E nuovamente alle 18 per un dibattito pubblico, e un poco di musica, sulla terrazza del Pincio. Spero che anche in altre città si organizzino momenti di incontro.
Per rimanere aggiornati e se vuoi partecipare, supporta l’iniziativa attraverso i social media (#ScienceMarch https://twitter.com/ScienceMarchIT, https://www.facebook.com/sciencemarchit).
A breve anche un sito. La nostra mail è: sciencemarchit@gmail.com.