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Il Tirreno-Scuola, il giallo della lista nera

Scuola, il giallo della "lista nera" Iti, Itg, Ipsia e Nautico nel dossier-tagli del ministro Moratti E se invece che un piano di riassetto della rete scolastica fosse l'arma letale nel futuro scont...

01/09/2002
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Il Tirreno

Scuola, il giallo della "lista nera"
Iti, Itg, Ipsia e Nautico nel dossier-tagli del ministro Moratti
E se invece che un piano di riassetto della rete scolastica fosse l'arma letale nel futuro scontro sul contratto dei prof?

LIVORNO. Di sicuro c'è solo che la "lista nera" del ministro Letizia Moratti esiste e che, fra i 2.003 istituti messi in fila nelle 32 pagine fitte fitte del tabulato, figurano sette istituti scolastici della nostra provincia, quattro nella città capoluogo e due nel resto del territorio continentale e uno all'Elba.
Finiscono nel guazzabuglio del tabulato: per quanto riguarda la città capoluogo, l'Iti Galilei, l'istituto geometri Buontalenti, l'istituto professionale Orlando e l'istituto nautico Cappellini; quanto al rimanente parte del territorio provinciale, ecco comparire l'istituto Mattei di Rosignano, l'istituto comprensivo di Marciana Marina e l'istituto Volta di Piombino.
E' uno shock perché un po' ovunque in Italia il tam tam di sindacalisti e amministratori locali ritiene quest'elenco una sorta di mappa degli accorpamenti prossimi venturi. Anzi, dai quattro angoli della penisola si alza il vento della protesta: a Genova la Provincia minaccia guerra in tutte le sedi giuridiche se il ministro s'azzarda a metter mano a questo piano, s'infuria l'assessore di Reggio Emilia ("quella Moratti è una indebita invasione di campo in competenze nostre"), l'assessore regionale della Campania urla contro "una pianificazione che guarda solo a una logica aritmetica".
E' uno shock: prima di tutto perché in pratica abbraccia quasi la metà delle scuole superiori cittadine.
E poi: l'Iti da accorpare perché non rispetta gli standard minimi? Sembra una barzelletta: da anni la più grande scuola della città in tandem con il liceo Cecioni, talmente grande da esser praticamente un paese con i suoi 1.335 alunni e 154 prof. Figurarsi che, in base ai criteri-guida dei piani di riorganizzazione della rete scolastica messi in pista nell'era del centrosinistra, poteva essere tutt'al più da sdoppiare perché troppo grosso rispetto all'identikit dimensionale della scuola-tipo (da 500 a 900 allievi).
Non è tutto: nessuna delle 102 scuole toscane citate nel dossier ministeriale ha un numero di alunni più alto di quella dell'Iti livornese, e estendendo lo sguardo all'intero panorama delle oltre duemila scuole di tutta Italia, sono appena 34 quelle che superano per dimensione l'istituto tecnico industriale di via Galilei. E nel 92% dei casi, guarda un po', si tratta di Iti: nel pentolone di nomi e cifre capitombolano anche realtà scolastiche per le quali soltanto un delirio ragionieristico da burosauro impazzito potrebbe ipotizzare un bisogno di accorpamento. Non è affatto casuale il riferimento a quattro scuole, tutte Iti, che hanno più di duemila alunni: 2.080 il Volta a Palermo, 2.158 il Malignani di Udine, 2.234 il Castelli di Brescia, 2.368 il Sella di Biella.
Il tabulato ministeriale si limita ad adottare un parametro-guida: il numero di posti di insegnamento (di qualsiasi tipologia "ad esclusione del sostegno") in relazione al numero di studenti. E tira giù tutti i nomi, cognomi e indirizzi delle "istituzioni scolastiche con rapporto alunni su posti inferiore a 9,5". Come mai proprio 9,5? perché non 9 o 10? Imperscrutabile saggezza della casta di "mandarini" del ministero.

Ma quanto "vale"?

Di sicuro, comunque, c'è solo che la "lista nera" c'è: e che, sotto l'ombrello del "ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca", porta la firma del "Servizio di consulenza all'attività programmatoria. Da dove salta fuori? Nessuna certezza ma sembra che da parte della delegazione ministeriale sia stata messa sul tavolo nel corso di un faccia a faccia con i sindacati nazionali del settore scuola.
Sull'autenticità non sembrano esserci dubbi. Semmai è da chiedersi: quale grado di maturazione ha questa elaborazione? davvero c'è da credere che si tratti di nient'altro se non il ghiribizzo statistico di scattare una delle tante possibili "fotografie" della mappa scolastica nazionale?
Le indiscrezioni parlano di un piano di tagli che punta a entrare in funzione non nell'anno scolastico che sta per cominciare bensì in quello successivo. Ma, indipendentemente dal giudizio che se ne dà, sarebbe concretamente attuabile questa nuova strategia di razionalizzazione - l'ennesima - a colpi di forbiciate al sistema dell'istruzione? Guai a dimenticarsi che l'intreccio delle competenze non è una piramide gerarchica che ha al vertice il faraone-ministro alla cui volontà tutto si piega: esistono leggi specifiche, c'è l'autonomia ed è stata aggiornata la costituzione. Non basta né un dossier da ufficio studi né una circolare ministeriale a far saltare quel che c'è. E, ripetono tutti ma proprio tutti gli interpellati (dall'ultimo preside al numero uno dell'autorità scolastica regiolnale), non c'è nemmeno mezza disposizione che ufficializzi nero su bianco questo curioso parametro del rapporto numerico fra alunni e insegnanti. Come dire: il ministro non può svegliarsi domattina e chiudere l'Iti, l'Itg o l'Ipsia.
E allora? Semmai, nella redistribuzione di competenze che ha ridotto al lumicino gli ex provveditorati e ha coinvolto enti locali e Regione, al ministero resta in mano una chiave fondamentale: gli organici. Ecco che, incrociando mille informazioni ufficiose pescate a vari livelli nel mondo della scuola sia in sede locale che a livello nazionale, questo benedetto tabulato shock potrebbe leggersi ribaltando l'angolo di visuale: nel rapporto alunni-docenti l'accento è su questi ultimi.

La strana bussola

Insomma: non una nuova operazione di dimensionamento guardando allo stock di alunni iscritti ma avendo gli occhi puntati al numero di cattedre. Potrebbe spiegarsi allora come mai il ministero s'incaponisce a guardare al parametro dei 9,5 alunni per prof come unica bussola: non serve uno strumento duttile e affidabile per andare a operare nel vivo delle realtà territoriali, anzi ben venga un calderone in cui far finire di tutto e di più così da poter suonare la grancassa dei "duemila istituti" a bassa produttività docente.
Lasciamo stare quanto questi criteri siano maneggiabili sì per l'analisi della produttività industriale (quantità lavorate per ciascun addetto) ma assai poco per quella strana merce che è la formazione culturale delle nuove generazioni. Colpa forse dello strabismo professionale dei nuovi guru del ministero, al pari del ministro spesso provenienti da realtà lontane dal mondo dell'istruzione?
Le distorsioni balzano agli occhi: l'indagine ministeriale fissa ovviamente i riflettori - facendo balenare una implicita minaccia di forbici - su quella fascia di scuole che hanno fisiologicamente un più alto fabbisogno di figure diversificate di docenti. La "lista nera" è una lunga sequenza di istituti professionali e istituti tecnici, soprattutto industriali: solo cinque i licei scientifici (0,25%), sei i licei classici (0,30%), 25 i licei artistici (1,25%). Ma arriva giusto poche settimane prima di avviare una difficile trattativa sindacale sul contratto.


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