Il Tempo-Quella pioggia di riforme che ha flagellato la scuola italiana
Quella pioggia di riforme che ha flagellato la scuola italiana DAL 1969 in poi nella scuola italiana sono state tentate riforme di ogni tipo, da quella generale a quella sperimentale, da quell...
Quella pioggia di riforme che ha flagellato la scuola italiana
DAL 1969 in poi nella scuola italiana sono state tentate riforme di ogni tipo, da quella generale a quella sperimentale, da quella democristiana fino a quella di origine comunista. Nessuna è mai riuscita nel suo intento: quello di dare all'Italia repubblicana, evito la retorica, una scuola moderna ed efficiente, capace di uscire da quell'impianto neoidealista, che già a Giuseppe Bottai andava stretto. È vero che la scuola Media e quella Elementare sono state riformate, ma la scuola superiore è rimasta intatta nell'impianto voluto dagli Alleati nel dopoguerra. La scuola italiana è figlia di Giovanni Gentile, che con i suoi allievi ha aperto alla visione che nel presente si realizza sempre lo spirito di un'epoca.
Questa si è andata consolidando a partire dalla contestazione del 1969, quando quella del 1968 si politicizzò e divenne momento di conquista del potere, per certi figli della borghesia, desiderosi di comandare, per una ipotetica ed utopica rivoluzione, fatta in nome e per conto degli operai. In realtà quella rivoluzione con il cambiamento della società aveva poco o nulla a che fare. In quegli anni l'on. Gui di Padova tentò un cambiamento e così pure l'on. Sullo. Gli studenti contestatori di allora li bocciarono.
Il Partito Comunista Italiano, dopo il Convegno di Frascati del maggio 1970, propose una legge di riforma, che è stato l'impianto al quale ha attinto l'onorevole Berlinguer. Le prospettive di riforma scolastica del defunto partito comunista non riuscirono che a portare ai provvedimenti urgenti per le università, dove, senza concorso, divennero cattedratici diversi personaggi, che oggi non ricordano più quella fortunata circostanza. Provvedimenti quelli che consentirono l'infeudamento politico-ideologico delle università, ma nulla produssero a livello della scuola superiore. Nel frattempo la sovietizzazione della scuola andava avanti con i famosi Decreti Delegati del 1974 con i quali si affidava la gestione della scuola ai genitori ovvero alla cosiddetta società reale. Da un lato vi fu l'illusione che i partiti, attraverso i genitori, avrebbero cambiato la scuola, ma, in realtà, fu l'inizio di una burocratizzazione mastodontica e di scontri politici, anziché di riflessione su che cosa di valido per la vita insegnare e su come bene insegnare.
L'ultimo serio tentativo di riforma fu compiuto dall'on. Brocca, ma peccava di sperimentalismo e di gigantismo. Mancava, come sempre, una vera definizione di che cosa dovesse essere la scuola. Negli anni Novanta, a parte i tentativi discreti e fischiati del ministro Rosa Russo Jervolino, non ancora accettata pienamente dalla sinistra, nulla sembrò realizzarsi. La cronaca delle riforme più recenti non meriterebbe menzione alcuna, perché è prevalsa quella di costruire contenitori, dove i contenuti sono proprio opzionali e relativi a quanto poco sanno gli insegnanti. Della riforma Berlinguer ricorderemo solo l'emanazione di centinaia di Decreti legge, di Circolari, di chiarimenti e di norme, che hanno portato a termine il processo di assoluta burocratizzazione. Ogni scuola è divenuta autonoma, perché è capace di incartarsi da sola.
Genitori e autorità pubbliche spenderanno denari pubblici, sottratti a miglior destinazione, per far godere, come vorrebbe Vasco Rossi?, la gioventù italiana. Si mormora che quest'anno sono stati effettuati, dopo opportuna programmazione, girotondi....per cascare giù dal mondo. I professori inoltre hanno scioperato massicciamente prima contro l'onorevole Berlinguer e poi contro il ministro Moratti. Quest'ultima ha ereditato una scuola allo sfascio e allo sbando, con un apparato tutto forgiato a sinistra, e ha costruito anch'ella un contenitore, dove non si sa che cosa sia la scuola. Mentre vado in un ospedale so che lì dovrebbero, spero, curarmi. Se entro in una scuola non so se lì mi insegneranno a leggere, scrivere e far di conto, oppure a essere creativo a comando, o a costruire categorie problematiche sulla globalizzazione.
Rileggendo proprio la cronaca di tutti i tentativi di riforma della Scuola Superiore Italiana, viene il fondato sospetto che si agisca come quei nobili codini del Settecento francese che chiedevano le riforme, ma guai se queste fossero state effettivamente messe in atto. Speriamo non ci voglia un Robespierre per spazzare via tutto ciò!
venerdì 7 giugno 2002