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Il Tempo-Dalle piazze alle aule: la protesta dei ricercatori universitari contro il disegno di legge Moratti

ROMA '#8212; Dalle piazze alle aule: la protesta dei ricercatori universitari contro il disegno di legge Moratti ... ... sullo stato giuridico dei docenti ritorna al suo luogo d'origine. È il...

11/12/2004
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Il Tempo

ROMA '#8212; Dalle piazze alle aule: la protesta dei ricercatori universitari contro il disegno di legge Moratti ...
... sullo stato giuridico dei docenti ritorna al suo luogo d'origine. È il momento di andare oltre la richiesta di ritiro, in blocco, del ddl. Aula Gini, Facoltà di Statistica della Sapienza: docenti e studenti sui banchi, deputati, senatori e vari esponenti del mondo accademico in cattedra. Per fare proposte e approfondire il problema della riforma universitaria. Bivacchi di studenti all'esterno, atmosfera pesante (e non solo per i caloriferi a tutta callara), all'interno dove si parla del futuro dell'Università. La platea è agguerrita. Chiede il riconoscimento della docenza ai ricercatori, nuovi metodi di valutazione per l'avanzamento di carriera, e soprattutto investimenti. La nota dolente, ancora una volta, i fondi per la ricerca ridotti all'osso e decisamente inferiori rispetto agli altri Stati. "Ho lavorato due anni in un laboratorio scientifico in Usa che ha sfornato 13 premi Nobel per la ricerca di base - spiega un professore - Fondi statali: due miliardi di dollari. Sapete perchè da noi i cervelli fuggono? Una brava ricercatrice di 35 anni dopo aver lavorato all'università di Nottingham non è più tornata. Percepiva uno stipendio mensile di 3.000 e passa euro. Lo stesso che prendo io, però a 60 anni. Per entrare da noi, in Italia, bisogna essere senza cervello, credo".
C'è un ricercatore di Architettura che spara sul ddl: "Il riordino non è una riforma ma un'escamotage per ridurre il peso economico dell'Università alle casse dello Stato. Investire nell'università è un'esigenza strategica. La precarizzazione porterà a realizzare sempre più progetti fuori dagli atenei". A fare da contraltare ci sono le istituzioni. "Valuteremo fino all'ultimo momento le proposte dei ricercatori insieme al comitato di maggioranza e poi col governo, per arrivare a un tetto condiviso che è ancora tutto da scrivere" cerca di calmare le acque l'onorevole Mario Pepe, membro della Commissione giustizia della Camera e relatore di maggioranza sul ddl delega del governo. La platea rumoreggia: nessuno si fida più. Si parla ancora di università statunitensi, ma l'America è lontana, anzi non abita qui, come ricorda Domenico Volpini vicepresidente della commissione cultura della Camera che dice: "Nel nostro paese manca una mentalità che incentivi le aziende alla sponsorizzazione dei progetti di ricerca". E c'è chi aggiunge: "Non è la Moratti il nostro referente ma il ministero del Tesoro". Poi Pepe conferma: "La riforma sarà approvata nel primo ramo del parlamento nel mese di gennaio".
Ma cosa vogliono i ricercatori? Un periodo limitato di contratti a tempo determinato (non più di tre, cinque anni) prima di accedere al ruolo unico della docenza. E nella docenza tre fasce diverse dell'impegno didattico e di ricerca. E progressione di carriera a numero aperto.
N.P.

sabato 11 dicembre 2004


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