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«Il sistema dei test è da rivedere» Modello francese per Medicina

Il ministro: fuori chi non supera lo sbarramento a fine primo anno

29/04/2014
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Corriere della sera

Orsola Riva

Non c’è pace per il test di Medicina. Dopo lo psicodramma del bonus maturità l’anno scorso e la pessima performance dei ragazzi alla prova anticipata di aprile quest’anno, ora spunta l’ipotesi che in futuro il sistema vada completamente rivisto. A dirlo non sono le organizzazioni degli studenti ma — a sorpresa — il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini davanti alla platea degli studenti dell’Università di Foggia.
«Voglio essere chiara — spiega il ministro di ritorno a Roma —. La programmazione a Medicina, cioè il bilanciamento tra fabbisogno di camici bianchi e numero di laureati, è sacrosanta. Ma non è detto che il sistema dei test a risposta multipla sia il migliore. Penso al modello francese che prevede un primo anno aperto a tutti con sbarramento finale: se passi gli esami ti iscrivi al secondo anno, altrimenti sei fuori. Non è che così passare diventi più facile. Semplicemente si spalma la valutazione dalla prova di un singolo giorno ai risultati di un anno intero di studio».
Va detto che, giusti o sbagliati, i test finora hanno dimostrato di «funzionare». I corsi di laurea ad accesso programmato come Medicina restano il fiore all’occhiello di un sistema universitario che tende, invece, a fabbricare fuoricorso e perde per strada buona parte dei suoi iscritti (come certificato dall’ultimo rapporto Eurostat in cui l’Italia è maglia nera in Europa per numero di laureati). Per questo, dopo anni di tagli lineari (un miliardo dal 2009), l’ultima sforbiciata da 15 milioni risulta particolarmente odiosa. «Prima di tutto voglio chiarire — dice il ministro — che non si tratta necessariamente di soldi tolti all’università, ma di risparmi chiesti al ministero dell’Istruzione che troveremo il modo di non far pesare sugli atenei. Però aggiungo che mi confronterò presto con il ministro Padoan per chiedergli una necessaria inversione di rotta. ​​Il governo dev’essere coerente con le proprie dichiarazioni. Se così non fosse sarebbe un problema». Per il governo o per la sua permanenza in esso? «Entrambe le cose. Siamo una maggioranza che ha il suo perché in quanto intende cambiare strutturalmente il Paese non solo sul lavoro ma anche sulla scuola».
Giannini ha in mente due cantieri programmatici che resteranno aperti fino a luglio. Il primo è quello sulla «valorizzazione della funzione docente: la rottura di una visione monolitica del corpo insegnante, dove non importa quello che fai, l’impegno che ci metti, perché non sono previsti avanzamenti di carriera né scatti di stipendio se non quelli legati all’anzianità di servizio». Un patto al ribasso: ti do poco perché ti chiedo poco. «E invece no — dice il ministro —. Se vogliamo una scuola di qualità bisogna poter premiare il merito dei singoli prof. Ci sono i test Invalsi che misurano i risultati delle scuole, ma penso anche al modello anglosassone basato sulle visite degli ispettori e al coinvolgimento dei dirigenti scolastici». La posta in gioco è alta, altissimi anche i rischi: come mettere in relazione il rendimento dei ragazzi al singolo docente anziché alla scuola e al suo contesto, come evitare che si scateni la guerra di un prof contro l’altro e di tutti contro il dirigente? Giannini si dice fiduciosa. Intanto, in un’ottica di concertazione, il ministro procederà subito alla firma dell’atto di indirizzo che sblocca gli scatti per il 2012. Poi ha pronto il decreto per l’aggiornamento triennale delle graduatorie di istituto, quelle da cui si pescano i supplenti annuali e brevi: un occhio di riguardo verrà dato ai giovani neo abilitati con i tirocini formativi attivi che «avranno un pacchetto di punti in più per valorizzare il loro percorso». Infine annuncia un nuovo concorso da 17 mila posti per il 2015 (fatto salvo l’assorbimento degli oltre 11 mila vincitori del concorso del 2012).
E il secondo cantiere della scuola? «Punta al rilancio dell’istruzione tecnica e della formazione professionale — spiega Giannini —. Abbiamo intenzione di aprirlo a figure esterne al ministero, in particolare ai rappresentanti del mondo imprenditoriale». Il problema è quello, noto, del disallineamento fra la formazione scolastica dei ragazzi e le competenze richieste dalle aziende. Ma per far ripartire gli istituti tecnici e professionali prima, forse, bisognerebbe lavorare sulle scuole medie che mandano i più bravi al liceo e i più «asini» (o solo i meno fortunati) li condannano alla formazione professionale...
Orsola Riva

 


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