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Il rischio del piccolo Ulivo-di Nicola Tranfaglia

Il rischio del piccolo Ulivo-di Nicola Tranfaglia Confesso di non riuscire a entusiasmarmi, né credo di essere il solo, di fronte a un dibattito politico a sinistra nel quale si parla soltanto, o...

31/07/2003
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Il rischio del piccolo Ulivo-di Nicola Tranfaglia

Confesso di non riuscire a entusiasmarmi, né credo di essere il solo, di fronte a un dibattito politico a sinistra nel quale si parla soltanto, o quasi soltanto, di liste, di interviste e di leader. Né di cogliere nella richiesta rivolta da Romano Prodi alle forze dell'Ulivo quell'embrione di "partito democratico europeo" di cui ha parlato il 29 luglio scorso Michele Salvati su La Repubblica.
A me pare, a differenza di quanto hanno detto alcuni leader nei giorni scorsi, che il problema oggi non sia quello di radunare le truppe (che Salvati ha annoverato, con singolare leggerezza, nel suo articolo nei Ds, nello Sdi e nella Margherita) ma piuttosto quello di chiedersi quale è il progetto politico e culturale in grado di sconfiggere Berlusconi e i suoi alleati nelle prossime scadenze elettorali, di cui quella europea è soltanto la prima. Continuare a pensare in termini di "piccolo Ulivo" o di "Partito democratico" significa, a mio avviso, non aver compreso, malgrado le elezioni del 2001 e degli anni successivi, che per vincere è necessario una grande alleanza che metta insieme finalmente gli elettori dei partiti della sinistra, dallo Sdi ai Ds e ai Comunisti italiani fino a Rifondazione comunista, e tutti quegli elettori che nelle ultime tornate elettorali non hanno votato, che hanno scelto per esprimersi nelle piazze e nelle strade altri strumenti democratici, le associazioni e i movimenti, per esprimere le ragioni della lotta contro il centrodestra.
Un grande, grandissimo Ulivo che abbia Romano Prodi come leader e che contrapponga al populismo liberista di Silvio Berlusconi e dei suoi alleati una visione alternativa della politica e della società italiana.
Già perché finora di questo progetto culturale e politico e di come lo si elabora e lo si costruisce si è parlato assai poco ed è invece, io credo, il punto di partenza necessario per dar vita ad una alternativa democratica credibile da parte degli italiani che non si riconoscono in questa maggioranza e nel governo che essa esprime da due anni a questa parte. A ragione Fabio Mussi ha parlato, nel suo intervento del 28 luglio su questo giornale, dell'equivoco che si cela nell'espressione di riformismo europeo proprio nelle prese di posizione di D'Alema e Fassino di fronte alla proposta di Prodi. Mussi ha ricordato i ritardi della Costituzione europea così come essa è uscita dalla convenzione europea e il rischio assai forte di una politica fondata su quel testo che non sia abbastanza autonoma e diversa dalla politica neo conservatrice degli Stati Uniti guidati da Bush. E ha indicato il bilancio negativo della globalizzazione così come si è realizzata negli ultimi cinque anni. Quale è l'atteggiamento dei cosiddetti riformisti di fronte alla "guerra preventiva" teorizzata dagli Stati Uniti e una leadership imperiale che considera l'Europa come un'alleata senza diritti di parole, se non ha l'atteggiamento della Gran Bretagna di Tony Blair o dell'Italia di Silvio Berlusconi. E tutto questo riguarda il tema centrale della politica estera europea e della sua costruzione politica che saranno nei prossimi anni al centro di ogni dibattito e di tutte le scelte fondamentali degli Stati del vecchio continente.
Ma analogo discorso vale per la politica interna italiana. Essere riformisti in questo ambito significa affrontare i problemi nazionali e le riforme indispensabili sottoponendo ad analisi critiche le lacune e gli errori del centrosinistra nel quinquennio 1996-2001 o ripercorrere quel cammino come se tutto fosse stato compiuto? Il tema del conflitto di interesse sarà al centro di una nuova stagione riformatrice o lo metteremo di nuovo da parte come già avvenuto in quella legislatura? E ci sarà l'attenzione necessaria per i problemi della comunicazione e della libertà di espressione o saremo ancora una volta distratti?
Potrei continuare ancora con molti esempi in questa materia ma quel che mi interessa in questa sede è sottolineare la necessità di chiarire, aldilà delle etichette di comodo come quella del riformismo quale società vogliamo costruire e quali scelte si vogliono proporre agli italiani perché guardino al centrosinistra come alla coalizione di governo della prossima legislatura.
Quel che di frequente non appare chiaro nelle discussioni politiche di questi mesi è la differenza tra le destre europee al potere in Francia e in altri paesi e la destra di casa nostra. Quest'ultima è profondamente diversa perché al centro delle proprie scelte ha parole d'ordine come quelle della Lega e di Forza Italia che sono indubbiamente antidemocratiche: la giustizia ineguale, la persecuzione dei giudici, l'abolizione pratica della libertà di informazione non fanno parte del patrimonio di una destra europea ma ci riportano ai tempi delle destre autoritarie precedenti alla seconda guerra mondiale. Di fronte a un quadro politico come questo è necessario contrapporre non solo leader e liste ma, ripeto, un progetto politico e culturale che convinca gli elettori ad abbandonare la sirena populista e a lottare per un'Italia moderna e democratica. Ma questo progetto non è stato ancora scritto e rischia ancora una volta di essere elaborato all'ultimo momento nelle stanze delle segreterie di partito senza utilizzare il patrimonio culturale maturato negli ultimi due anni attraverso le lotte che hanno impegnato, accanto ai politici, la parte più attiva della società civile.
Questo è, a mio avviso, il problema più urgente di fronte a cui ci troviamo e non possiamo andare avanti se parleremo soltanto di liste e di leader. Personalmente sono favorevole non da oggi alla ricostruzione dell'Ulivo e alla leadership di Romano Prodi ma a condizione che l'alleanza metta insieme anche nelle liste partiti, movimenti e società civile e sia guidata da un progetto generale capace di coniugare la cultura con la politica.


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