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Il rimpianto di Renzi sulla scuola «3 miliardi ma sono tutti arrabbiati»

Il bilancio amaro del premier sui primi 1000 giorni: «Ho tanti rimpianti, uno è la scuola. Abbiamo messo 3 miliardi ma siamo riusciti a fare arrabbiare tutti. Bisogna essere bravi per riuscirci. Evidentemente qualcosa non ha funzionato»

20/11/2016
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Corriere della sera

A differenza dei governi precedenti, abbiamo messo tre miliardi nella scuola. Nonostante questo siamo riusciti a fare arrabbiare tutti. Bisogna essere bravi per riuscirci. Evidentemente qualcosa non ha funzionato». Non ha usato mezzi termini ieri sera, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, Matteo Renzi durante la presentazione dei mille giorni dell’esecutivo, per esprimere il suo disappunto su come è stata gestita la riforma della scuola. E lo ha ripetuto poche ore dopo su La7, ospite di Lilli Gruber. «Ho tanti rimpianti, uno è la scuola».

Ciambelle senza il buco

Non è la prima volta che il presidente del Consiglio parla con amarezza della legge 107 che, nata con l’intento di stabilizzare quasi 100 mila precari storici e porre fine alla cosiddetta «supplentite», si è tradotta in una mobilitazione senza precedenti del mondo della scuola. I sindacati arrabbiati per essere stati bypassati dal governo con quei 500 euro in più per l’aggiornamento professionale che aggirano la questione centrale del rinnovo del contratto. Per non parlare del bonus ai docenti più «meritevoli» la cui assegnazione da parte dei dirigenti ha suscitato non pochi malumori dentro le scuole. I precari stessi delusi e amareggiati perché molti dei neo assunti venivano dal Sud ma hanno trovato un posto al Nord e sono stati costretti a lasciare casa e famiglia. Per non parlare di quelli che sono stati tagliati fuori, anche se avevano un’abilitazione in tasca: a loro è toccato affrontare un concorso che, per come era stato concepito, ne ha bocciati buona parte (anche se poi molti sono rientrati a scuola quest’anno come supplenti). Poi ci sono i presidi alle prese con i buchi nell’organico causati dal combinato disposto della mobilità straordinaria e delle assegnazioni provvisorie concesse ai docenti meridionali per non costringerli a fare le valigie. E naturalmente le famiglie perché, centomila assunti dopo, mancano ancora insegnanti di matematica e di sostegno, di lingue e di laboratorio. Con buona pace della fine della supplentite promessa dal governo.

Giro di poltrone

Era stato lo stesso Renzi poco più di un mese fa a riconoscere, durante un’intervista radiofonica, il pasticcio commesso con i posti rimasti scoperti al Nord: «Abbiamo preferito trovare le soluzioni per i professori che avrebbero dovuto muoversi, abbiamo permesso ad alcuni, soprattutto al Sud, di restare e abbiamo scoperto alcune cattedre al Nord: non tutte le ciambelle riescono con il buco. Se fossimo stati più bravi a gestire questa vicenda sarei stato più contento». Poi di nuovo ci era tornato su in tv da Vespa, tanto che il ministro Stefania Giannini, sentendosi chiamata in causa, aveva risposto ai giornalisti:«Per quanto mi riguarda, più che gli errori credo che ci sia una complessità della legge». Scintille, quelle fra premier e ministro, che non sono rimaste inosservate. Tanto che da settimane a Montecitorio si rincorrono voci sul fatto che in caso di rimpasto post-referendario la prima testa a saltare potrebbe essere proprio quella della titolare dell’Istruzione. In pole per sostituirla, la deputata pd Simona Malpezzi.


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