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Il Piccolo: Cgil nazionale: col friulano derive separatiste

Critiche dai presidi: a rischio l’autonomia scolastica. Colussi: anch’io sono perplesso

15/09/2007
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Il Piccolo

commissione

Franzil e Antonaz replicano: abbiamo ascoltato, terremo conto dei suggerimenti. An: norma fuori della realtà

UDINE La legge sul friulano, ieri a Udine, va all’esame, non esente da critiche, del mondo della scuola e del sindacato regionale. Ma l’attacco più pesante arriva da Roma, dal sindacato di categoria della Cgil nazionale. «Il disegno di legge del Friuli Venezia Giulia – si legge in una nota – rompe il carattere unitario del sistema italiano di istruzione e formazione, non garantisce a tutti gli studenti pari opportunità, crea fratture all’interno delle comunità, rivela una concezione asfittica di cultura locale». La chiusura dell’intervento da una cartella e mezzo della segreteria Cgil-Flc, una difesa a spada tratta della scuola nazionale, è durissima.

«Anche da questa strada – conclude il comunicato – si arriva a minare le fondamenta di quel sistema nazionale di istruzione, baluardo contro le derive secessioniste e separatiste, verso le quali sono tentate anche altre regioni, che noi siamo fortemente impegnati a contrastare».
STECCATI Premesso che la tutela delle minoranze linguistiche non è in discussione, la Cgil nazionale si preoccupa innanzitutto dell’ampiezza dei contesti di cui il ddl si occupa: non solo scuola, ma anche pubblica amministrazione, cartellonistica, toponomastica, stampa e media. «Più che la tutela di un patrimonio culturale che non si vuole vada disperso, c’è il rischio di nuovi steccati e ulteriori separazioni, in un contesto regionale dove più diffusa che altrove è la presenza anche di altre minoranze linguistiche».
OBBLIGO «Il carattere di separatezza nel ddl friulano – prosegue il sindacato di categoria – si accentua se si considerano le parti che riguardano la scuola, dove si prevede un insegnamento obbligatorio che si prende a scatola chiusa e senza possibilità di ripensamento, con un meccanismo alquanto discutibile di silenzio assenso, quasi a vita. Non si fa più così nemmeno con l’insegnamento della religione cattolica, per il quale le diverse opzioni hanno, almeno formalmente, la medesima dignità».
DOCENTI E ancora la Cgil denuncia l’uso veicolare della lingua: «Il rischio è di reintrodurre l’idea di classi differenziate, a fronte di una battaglia di civiltà che tutti insieme abbiamo vinto, grazie alla quale le diversità vivono dentro le scuole e le classi e non fra scuole e classi distinte sulla base delle diversità culturali, linguistiche e religiose». Affonda sull’impianto: questo tipo di legge «dovrebbe essere un’opportunità per non perdere le proprie radici, non un obbligo da cui chiedere l’esenzione». E rileva i problemi dal punto di vista dei docenti: «Parametri e condizioni di accesso all’insegnamento del friulano, formazione, modalità di reclutamento, mobilità del personale docente sono campi nei quali il Friuli Venezia Giulia intende esercitare, ”con la collaborazione delle autorità scolastiche e previa consultazione delle organizzazioni sindacali”, competenze che non le appartengono».
A SCUOLA In un’atmosfera molto civile non sono mancate ieri mattina pure le critiche – non all’impianto ma su alcune questioni chiave – dei dirigenti scolastici (una sessantina i presenti) invitati dalla sesta commissione nell’aula magna dell’istituto Malignani di Udine. Alessandro Tesini, il presidente del Consiglio regionale, ha in premessa sottolineato il fatto che «la legge non inventa un bisogno, non lo crea artificialmente, ma si pone il problema di sostenere quella che in parte è già una realtà e in parte un'opportunità pedagogica».
Introdotto dal presidente della commissione Kristian Franzil e illustrato dall’assessore all’Istruzione Roberto Antonaz («E’ un provvedimento doveroso e di democrazia»), il testo è stata quindi “vivisezionato” dal mondo della scuola.
LE CRITICHE Chi ha parlato ha per lo più criticato. Lo hanno fatto il preside del Malignani Arturo Campanella che, “da cittadino”, ha suggerito di pensare di più all’assistenza e ai corregionali all’estero, e il preside del Liceo Leopardi-Majorana di Pordenone Sergio Chiarotto, perplesso sul tema delle classi omogenee: «Perché non c’è il coraggio di una scelta catalana?». E ancora, tra gli altri, Pasquale D’Avolio (istituti di Paularo), che ha posto questioni di legittimità costituzionale e chiesto chiarimenti sull’ora alternativa, e Stefano Stefanel, dirigente scolastico in due scuole medie di Udine «con il 19% di extracomunitari». «Questa legge – ha detto Stefanel – non offre opportunità ma impone organizzazioni». Né è mancato chi ha chiesto di dare priorità alla legge più generale su istruzione e formazione.
«Abbiamo ascoltato e terremo conto dei suggerimenti», è la risposta di Antonaz e Franzil. Il presidente della commissione assicura anzi che «si andrà incontro sulle questioni legate all’autonomia scolastica e alle classi omogenee».
I SINDACATI All’ora di pranzo, nella sede della Regione a Udine, un’altra audizione, con i sindacati. Si è entrati nel dettaglio. E si è evidenziata la necessità di chiarimenti e precisazioni nella formulazione del testo in più punti. Ruben Colussi, segretario regionale della Cgil, perplesso pure lui, li ha chiesti sui nodi dell’autonomia, del reclutamento del personale, del silenzio-assenso. «Inoltre – aggiunge – l’uso veicolare va deciso dalle scuole. E vanno pure definiti i nuovi criteri dell’adesione dei comuni all’area friulanofona». An, intanto, torna a tuonare con Paolo Ciani: «Le critiche del mondo della scuola confermano che il testo non tiene conto della realtà».
Marco Ballico


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