Il peso (perduto) della laurea
Lauree, i punti del contrasto
Il peso (ormai perduto) della laurea accende il dibattito. Venerdì sull'abolizione del valore legale del titolo di studio il presidente del Consiglio Monti e il ministro della Pubblica istruzione Profumo volevano andare avanti, ma hanno trovato di fronte il disaccordo dei ministri Cancellieri e Severino. Il tema resta all'ordine del giorno e sono pronte misure che potrebbero aprire la strada al provvedimento finale. Tra i nodi della questione, il fatto che oggi la laurea conseguita in una qualsiasi delle decine di università italiane ha lo stesso valore ai fini dei pubblici concorsi.
Quando ci sono contrasti forti in Consiglio dei ministri, la soluzione è mettere la materia da parte. Venerdì sull'abolizione del valore legale del titolo di studio, Monti e il ministro della Pubblica istruzione Profumo volevano andare avanti, ma hanno trovato il disaccordo dei ministri Cancellieri e Severino. Il tema resta di sicuro all'ordine del giorno ed è già pronta una serie di misure che aprirebbero la strada al provvedimento finale. La questione riguarda il fatto che oggi ogni laurea — per esempio — in Legge, conseguita in una qualsiasi delle decine di università italiane ha lo stesso valore, soprattutto ai fini dei pubblici concorsi. Il governo quindi vorrebbe cominciare abolendo il peso del voto di laurea nei concorsi, abolendo anche la differenza fra la laurea breve (3 anni) e quella magistrale (3 più 2), facendo pesare le lauree secondo le valutazioni dei diversi atenei effettuate dall'Agenzia per la valutazione delle università, assegnando valore anche ai masters, ai corsi di specializzazione, alle esperienze di lavoro, in particolare all'estero.
Se poi il governo arrivasse alla vera e propria abolizione del valore legale della laurea, allineerebbe l'Italia al sistema dei Paesi anglosassoni, Stati Uniti e Inghilterra, dove c'è molta libertà di aprire scuole d'eccellenza e di decidere gli insegnamenti e dove esistono poi agenzie statali di controllo. Nel resto d'Europa resiste il valore legale, come oggi da noi.
Da una parte l'abolizione costituirebbe una vera rivoluzione, che trascinerebbe con sé il depotenziamento di molte corporazioni. «Se così piace al cliente — scriveva Luigi Einaudi nel 1955 — non si vede perché il ragioniere non possa fare il mestiere del dottor commercialista, il geometra quello dell'agronomo e il contadino attento e capace quello del diplomato in viticultura ed enologia». Ma, dando importanza al luogo dove ci si laurea, andrebbe regolato con attenzione ai meno abbienti l'accesso alle migliori università.
Ieri la Cgil, l'Unione degli universitari e la Rete degli Studenti medi hanno apprezzato lo stop del governo. L'ex ministro di Berlusconi, Gelmini, ha detto invece: «Quel che conta è che il processo sia stato avviato». Ora si attende la vasta consultazione via Internet annunciata dal presidente Monti.
Andrea Garibaldi
agaribaldi@corriere.it