Il Pd riparte dalla riforma Renzi
DL SOSTEGNI BIS/Due anni di studio sul campo e tutoraggio per diventare prof, Formazione dei docenti delle superiori sul modello Fit
Alessandra Ricciardi
Era il 2017 e si chiamava Fit, il percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente, delineato dal governo Renzi con la legge 107 del 2015 per riformare la preparazione e il reclutamento dei docenti delle superiori in modo stabile ed evitare il formarsi di nuovo precariato. Due le parole chiave per diventare insegnanti: formazione e selezione. Sono passati 4 anni, 3 governi e 4 ministri, il Fit non è mai decollato e non ha avuto sostituti, il precariato si è allargato a macchia d'olio e quel percorso, che fu avversato dai sindacati della scuola e da una parte dello stesso Pd, ora torna, anche se alleggerito per durata a prove, nelle proposte che il partito di Enrico Letta ha fatto alla Camera sotto forma di emendamenti al dl Sostegni bis.
Con una nota firmata da Manuela Ghizzoni, responsabile istruzione del Pd, Rosa di Giorgi (deputata dem) e Roberto Rampi (senatore dem), il Partito democratico ha fatto il punto sugli emendamenti presentati per modificare il dl. «Nel merito è necessario approvare per la scuola secondaria la riforma che, a regime, leghi direttamente la formazione iniziale dei docenti con l'accesso in ruolo», si legge, «che per gli attuali docenti abilitati e specializzati il requisito di servizio sia ridotto ad una annualità e la prova conclusiva sia di carattere metodologico-didattico; che sia attivata una procedura straordinaria per i docenti supplenti che hanno già maturato 3 annualità di servizio, con valutazione comparativa e integrazione delle competenze professionali acquisite».
Se da un lato il dl è molto attento al fronte dell'assunzione straordinaria dei precari, per la quale sono già in corso le trattative per un'autorizzazione aggiuntiva di posti per l'anno in corso da parte del ministero dell'economia, nulla dice sul sistema a regime per diventare docenti, limitandosi a stabilire la procedura del concorso a quiz per la prova scritta.
Il Pd riprende in mano il tema e propone una programmazione degli accessi che si accompagni a una formazione ad hoc post lauream, della durata di 2 anni rispetto ai 3 del progetto renziano. Rispondendo così a una delle critiche che erano state sollevate contro il decreto 59, reo di allungare eccessivamente i tempi per l'ingresso in ruolo di un aspirante insegnante.
Si legge ancora nella nota del Partito democratico: «Nel dettaglio, la nostra proposta riguarda un percorso post lauream di formazione tirocinio e immissione in ruolo per gli aspiranti docenti su posto comune. Al percorso gli/le aspiranti docenti accedono mediante concorso per un numero di posti corrispondenti al fabbisogno», analogamente a quanto prevedeva il precedente Fit, «ai vincitori è attivato un contratto di durata biennale, con progetto di ricerca-azione quale prova finale, ad esito positivo della quale si entra in ruolo avendo già assolto all'anno di prova».
Il percorso teorico e pratico si articola su due step: per il primo anno, che sarà retribuito come già nel progetto renziano, si prevede, «una formazione tesa alla specializzazione delle competenze professionali associata ad attività di tirocinio diretto e indiretto, nonché di insegnamento affiancato, con la collaborazione di tutor universitari e scolastici; nel secondo anno, l'attività formativa proseguirà contestualmente all'effettivo servizio di insegnamento su posto vacante e disponibile».
Da vedersi se questa volta si creeranno le condizioni per una convergenza ampia, che vada dal Pd ai 5stelle alla sinistra e magari anche a pezzi del centrodestra, convincendo quanti vorrebbero un sistema efficace che raffreddi in modo deciso la corsa alle supplenze e chi invece ha come priorità l'assorbimento dell'attuale precariato e basta.
Sul punto, il ministro dell'istruzione, Patrizio Bianchi, nel vertice che si è tenuto la scorsa settimana con i rappresentanti dei gruppi parlamentari di maggioranza in vista delle modifiche alla parte scuola del dl Sostegni bis, si è rimesso alla volontà del Parlamento.