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Il Nuovo-uno su 10 non finisce le medie

Scuola, uno su 10 non finisce le medie Da un sondaggio svolto dalla Lapis su un campione di 3368 diciottenni a Napoli, Bari e Catanzaro, risulta che il 6,7% non ha finito le elementari e l'8,4% s...

19/12/2001
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Il Nuovo

Scuola, uno su 10 non finisce le medie

Da un sondaggio svolto dalla Lapis su un campione di 3368 diciottenni a Napoli, Bari e Catanzaro, risulta che il 6,7% non ha finito le elementari e l'8,4% si è fermato alla quinta elementare.
di Riccardo Venturi
LE STORIE DEI RAGAZZI

IL PROGETTO CHANCE A NAPOLI

IL CEDE: IL LIVELLO CULTURALE DEI 18ENNI E' MOLTO BASSO

NANDO DALLA CHIESA: "Il fenomeno dela dispersione è sottovalutato"

ROMA - Il 6,7 per cento non ha finito le elementari, l'8,4 si è fermato alla quinta elementare, l'11,1 non ha raggiunto la licenza media. Sono i risultati del sondaggio sulla dispersione scolastica svolto dalla Lapis , la Libera associazione per il progresso dell'istruzione scolastica, su un campione di 3368 diciottenni che hanno svolto le visite di leva a Napoli, Bari e Catanzaro nel maggio del '#8216;99. Eppure secondo i dati ufficiali del ministero della Pubblica Istruzione la dispersione nella scuola dell'obbligo è un fenomeno ormai marginale anche al sud, con tassi di alunni non valutati per mancata frequenza inferiori allo 0,1 per cento per le elementari e all'1 per cento per le medie. I risultati dell'indagine realizzata dalla Lapis sono dunque sbagliati e fuorvianti? Non si direbbe, almeno facendo un confronto con gli ultimi dati ufficiali disponibili, quelli del censimento del 1991. Dieci anni fa, infatti, fra i ragazzi di età compresa fra 15 e 18 anni la percentuale di chi non aveva ottenuto la licenza media era del 16,22 per cento in Campania, dell'11,98 in Puglia e del 16,85 in Calabria. In dieci anni qualche progresso nella lotta contro la dispersione scolastica è stato senz'altro ottenuto, ma quelli del censimento '#8216;91 sono comunque dati compatibili con i risultati del sondaggio Lapis, un po' meno con la rosea situazione tratteggiata dalle cifre ministeriali. Il problema, si dirà, rimane comunque confinato al sud. Non è così: sempre secondo il censimento di dieci anni fa, la percentuale di ragazzi fra 15 e 18 anni senza licenza media era sì nettamente più alta al sud (13,75 per cento) e nelle isole (15,55 per cento), ma toccava comunque quota 8,3 per cento al centro e 4,46 per cento al nord. La media nazionale si attestava al 9,01 per cento, il che significa che oltre 308mila 15/18enni su un totale di 3.418.518 non avevano raggiunto la licenza di scuola media inferiore.

Una recente e autorevole conferma dei risultati del sondaggio svolto dalla Lapis e, più in generale, della perdurante gravità della dispersione nella scuola dell'obbligo, viene da uno studio pubblicato quest'anno dal Cede, l'istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione: la Rilevazione sulle competenze alfabetiche dei diciottenni. Come nell'indagine Lapis il campione maschile (più ridotto ma più distribuito sul territorio nazionale) è stato raggiunto in occasione delle visite di leva; in questo caso ce n'è anche uno femminile, contattato a domicilio. La conferma viene non tanto dalle sconcertanti lacune culturali dimostrate dai diciottenni (solo il 45,5 per cento conosceva il significato della locuzione "a domicilio", solo l'8,7 per cento sapeva cos'è la causale di un bollettino postale), quanto dai dati sul numero di ragazzini che si mettono a lavorare in età di obbligo scolastico. Fra i maschi, infatti, al sud il 13,2 per cento ha iniziato a lavorare entro i 13 anni, il 4,2 per cento addirittura entro i 10 anni. Dati confermati da un recente studio della Cgil, secondo il quale in Italia ci sono cinquecentomila lavoratori entro i quindici anni di età. É dimostrato che quando un bambino si mette a lavorare, nella gran parte dei casi la sua carriera scolastica è compromessa.

Come si spiega, allora, l'esiguità dei dati ufficiali sulla dispersione scolastica forniti dal ministero della Pubblica istruzione? Quelle statistiche si limitano ai casi che vengono formalmente catalogati dopo che è scattato un intervento attivo, come una denuncia o un altro provvedimento pubblico. Il grosso del fenomeno resta al riparo dalle statistiche ufficiali, spesso con la complicità delle famiglie e della stessa scuola. Ecco l'emblematica testimonianza di un'insegnante di una scuola elementare di un quartiere a rischio di Roma, il Laurentino 38, la cosiddetta zona dei ponti: "Le statistiche ufficiali parlano di una bassa dispersione scolastica. Per forza, scattano pochissime denunce! In una realtà come quella romana la scuola, e soprattutto i dirigenti scolastici, non si prendono le responsabilità che dovrebbero. Parlo del mio istituto e di molti altri di cui conosco la realtà, specie in altre zone a rischio: Romagnina, Tor Bella Monaca... Se io, insegnante, mi espongo facendo una denuncia contro la famiglia di un bambino che non va a scuola (ciò che ho fatto più di una volta) diventa quasi un fatto personale. Secondo la legge è il dirigente scolastico, avvertito dall'insegnante, che deve contattare gli enti pubblici preposti. Ma spesso e volentieri il dirigente non si prende la responsabilità di far intervenire i servizi sociali del comune e tanto meno il Tribunale di minori, perché sono rogne, magari si viene chiamati dal Tribunale, ci si espone alle ritorsioni delle famiglie, si compromette il buon nome della scuola... Io e altre insegnanti avevamo creato uno sportello per la prevenzione della dispersione e del disagio, avvalendoci delle possibilità fornite dall'autonomia scolastica. Il nostro progetto è stato osteggiato dal collegio dei docenti, prono ai voleri del dirigente scolastico, e ora lo sportello è stato chiuso. Quanto ai servizi territoriali che abbiamo contattato chiedendo collaborazione (circoscrizione e Asl), si sono defilati. Qui a Roma non funzionano, e soprattutto non collaborano fra loro: la rete integrata di servizi che lavora sul territorio non esiste. In queste condizioni combattere la dispersione scolastica è impossibile. Le denunce non ci sono, e le statistiche ufficiali continueranno a parlare di cifre bassissime".


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