Il Nuovo-Precaria della scuola, una vita di corsa
Precaria della scuola, una vita di corsa Laura, una vita passata a fare supplenze. Convocazione al mattino presto, corsa in automobile, per uno stipendio che a fine del mese spesso non arriva. Ep...
Precaria della scuola, una vita di corsa
Laura, una vita passata a fare supplenze. Convocazione al mattino presto, corsa in automobile, per uno stipendio che a fine del mese spesso non arriva. Eppure lei si ritiene una privilegiata, al contrario di sua zia...
di Giancarlo Castelli
ROMA - Lei e sua zia. Due precarie in famiglia. "Io almeno ho la macchina - dice Laura, la nipote, supplente elementare - mia zia neppure quella. Quando la chiamano per una supplenza quà e là, deve chiedere un passaggio al marito o prendere un taxi. Salvo, poi, arrivare in ritardo lo stesso". E sì, perché la vita da precario della scuola significa anche questo: essere convocati al mattino e prepararsi in fretta e in furia per arrivare in tempo al lavoro. Laura, 30 anni, sposata, un figlio, insegnante elementare non di ruolo, dallo scorso anno lavora come supplente con contratto annuale. Ma per sei anni ha conosciuto l'odissea di tanti altri suoi colleghi che lavorano, come dire, a giornata: Campagnano, Formello, Sacrofano, dovunque era necessaria anche una giornata di supplenza, Laura, sempre pronta con la sua automobile: insomma, la classica trafila del lavoro da pendolare. Una situazione, spiega, resa ancora più complicata dal recente allargamento dei circoli didattici: da tre che erano, sono diventati trenta. E quando si dà la propria disponibilità, si può essere spediti da qualsiasi parte.
Allora, l'unico modo per rinunciare è semplicemente non rispondere al telefono. Una volta che si è risposto alla convocazione del circolo, infatti, non si può dire di no, pena l'esclusione dalla graduatoria. Lei, comunque, è stata una privilegiata: "Si può essere spostati in una qualche città del nord, come un mio collega trasferito a Verbania. O come mia zia che ha lavorato per alcuni mesi a Brescia". Lei, la zia, Margherita, 35 anni e un figlio di 10, interviene e spiega: "Precariato significa anche dover aspettare mesi per uno stipendio. Mi hanno pagato in questi giorni quello di febbraio". Sì, perché i supplenti percepiscono lo stipendio direttamente dall'istituto. E, spesso, i direttori, pardon, i dirigenti ti dicono che non ci sono soldi e che bisogna aspettare qualche mese.
Quest'anno Laura si aspettava l'entrata in ruolo definitivo. Il blocco, deciso dalla Moratti, significherà ancora un anno di passione: "Speriamo di no - sospira la giovane insegnante - il ministro ha promesso che esaminerà la situazione nei prossimi mesi, ad anno scolastico iniziato". Eppure, lei, continua a pensare di essere una privilegiata rispetto a tanti altri suoi colleghi: ha superato il corso con un punteggio alto, ha effettuato stage a pagamento, ha una buona classifica in graduatoria. E poi, ha sempre la sua automobile quando il telefono squilla per correre verso un incarico da ogni parte della città.