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Il Nuovo -Intervista a Bertagna

"La riforma Berlinguer è anticostituzionale" Il professor Giuseppe Bertagna è la mente del progetto del ministro Moratti che ridisegna i cicli dalle elementari fino ai liceo. L'uomo, insomma, che...

19/01/2002
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Il Nuovo

"La riforma Berlinguer è anticostituzionale"

Il professor Giuseppe Bertagna è la mente del progetto del ministro Moratti che ridisegna i cicli dalle elementari fino ai liceo. L'uomo, insomma, che ha rimesso nel cassetto la riforma Berlinguer.
di Alberto Giostra

ROMA - Classe 1951, docente di filosofia dell'educazione all'Università di Bergamo, ancor prima docente di fiolosofia nei licei, il professor Giuseppe Bertagna collabora da tempo con la casa editrice La Scuola di Brescia. Il suo è ormai un nome popolarissimo fra studenti, genitori e insegnanti. A lui si deve infatti la riforma del ministro Moratti che ridisegna i cicli dalle elementari fino ai liceo. E', insomma, l'uomo contemporanamente più amato (dal Polo) e più odiato (dal centrosinistra e da alcune sigle del mondo sindacale) per aver rimesso nel cassetto la riforma Berlinguer.

Professor Bertagna, perchè avete modificato la legge di riforma dei cicli di Berlinguer che non era ancora stata attuata?
A non consentire l'attuazione della legge sono state le inadeguatezze del piano di fattibilità elaborato dal Ministro De Mauro, che hanno consentito alla Moratti di dire che la legge non è stata sospesa ma semplicemente non perfezionata. Era intervenuta anche una sentenza della Corte dei Conti, una del Tar del Lazio e la critica del Consiglio superiore del Ministero della Pubblica Istruzione. Ma fin qui siamo ai pretesti e non agli argomenti. L'argomento decisivo che ha spinto a porre mano alla legge 30 è che questa legge non aveva nel suo codice genetico il titolo V della Costituzione così come era stato riformato dal Parlamento e successivamente da un referendum.

Sostanzialmente Lei sta dicendo che l'Ulivo faceva la riforma della scuola non rendendosi conto che si metteva contro la Costituzione?
E' proprio così. Anche perchè la riforma della scuola è stata fatta un anno prima ed è stata fatta in pieno periodo statalista e di monopolio del Ministero della Pubblica Istruzione. La legge 30 era letteralmente incompatibile con la Costituzione. Il centro, lo Stato cioé, deve dettare le norme generali e deve assicurare la prestazione dei livelli essenziali riferita al godimento dei diritti civili e sociali dei cittadini stessi. Se il diritto all'educazione fino a 18 anni è un diritto essenziale lo Stato può dettare solo i livelli essenziali di questa prestazione. Questa è la vera motivazione per cui si è cambiata la legge 30.

Siete stati accusati di aver cancellato l'obbligo scolastico previsto dalla Costituzione.
Il concetto che l'obbligo scolastico si svolga nelle scuole dello Stato mentre l'obbligo formativo si svolga negli istituti regionali, e quindi che ciò che è garantito dalle scuole statali è nobile e rassicurante mentre ciò che è assegnato alle regioni è plebeo e precario, rappresenta una mentalità ormai improponibile. Ecco perchè siamo stati costretti a superare il concetto di obbligo scolastico e formativo e a parlare di obbligo di formazione almeno per 12 anni, o comunque fino all'ottenimento di una qualifica. Perchè se entriamo nell'ottica del godimento di un diritto essenziale come quello all'istruzione per 12 anni, e diciamo che questo è un bene deve essere soddisfatto dalla Repubblica, non possiamo più introdurre gerarchizzazioni di sorta tra istituzioni scolastiche che dipendono dallo Stato e istituzioni che dipendono dalle Regioni. Perchè ormai sono pari.

Lei con questo vuole rispondere alle polemiche che hanno investito la Moratti, accusata di aver creato una scuola di serie A e una scuola di serie B?
Abbiamo detto che la vera sfida è che il canale della formazione professionale non sia più una scuola di serie B ma di serie A. Perchè non possiamo più immaginare di affidare qualcosa alle regioni che sia residuale e ospedaliero. Questa ottica gerarchizzata delle formazione professionale è una grande offesa alle Regioni. Per non tradire la nuova Costituzione siamo stati costretti ad elevare il livello delle scuole professionali. Lo Stato deve intervenire con il principio di sussidarietà per supplire alle inefficienze delle Regioni. Se le Regioni non ce la fanno ad offrire una scuola di serie A lo Stato deve intervenire. Ma prima si deve vedere se le Regioni non ce la fanno a fornire un percorso di eccellenza.

Si dice che avete costretto le famiglie a una scelta troppo radicale fra licei e istruzione professionale...
A 14 anni non si sceglie per la vita. A parte che abbiamo introdotto tutta una serie di cautele per rendere permeabili i due tipi di scuola fino a 18 anni, non abbiamo attribuito carattere drammatico alla scelta perchè chiediamo alle Regioni per la prima volta di assumersi l'onere di interpretare in via esclusiva la formazione professionale non nel modo addestrativo e squalificato con cui finora è stata intesa, al servizio più delle aziende che della persona, al servizio di automatismi e meccanicismi, ma di invertire questa logica concependo unite formazione e istruzione. Per cui se la nostra formazione contiene l'istruzione, qual è il dramma della scelta? Se si sceglie per le scuole professionali non si sceglie un canale inferiore.

La grande novità sarà la frequentazione di stage aziendali e l'alternanza scuola-lavoro.
La posizione davvero conservatrice era quella della riforma Berlinguer. Noi abbiamo proposto l'alternanza scuola lavoro non come contratto ma come grande canale formativo. Sarà possibile diplomarsi e lavorare, studiare latino e greco e frequentare aziende. Si prolunga il percorso formativo di un anno ma si rende possibile all'istruzione di diventare formazione e alla formazione di riempirsi di istruzione. L'unica cosa che ci si può davvero rimproverare è di essere stati troppo temerari, che abbiamo voluto raccogliere una sfida che non tutte le Regioni possono sostenere. Ma noi non potevamo continuare a tollerare che una Regione potesse avere livelli di apprendimento della matematica come Singapore e altre invece del livello dell'Angola.

Nella sintesi del rapporto finale lei scriveva: è inopportuno ridurre ad un unico ciclo di sette anni elementari e medie, ovvero quello che la riforma dei cicli di Berlinguer cercava di fare. Perchè questa inopportunità?
Noi abbiamo chiesto ai genitori se erano d'accordo all'unione di scuola elementare e media. Solo il 20% ci ha risposto di sì. Noi non abbiamo mantenuto la scuola elementare e la media così come erano. Noi chiamiamo la scuola elementare scuola primaria e la scuola media scuola secondaria di I grado. Non è un caso. Noi cercavamo di distinguere tra un sapere primario non ancora formalizzato e categorizzato dalle discipline e un sapere secondario in cui questi canoni formalizzati e mobili entrano prepontemente nell'organizzazione del sapere. Noi non abbiamo lasciato le due scuole così come erano. Infine posso dire che non abbiamo voluto disturbare l'attuale organizzazione del personale. Pensi che caos si sarebbe creato mescolando gli insegnanti della scuola media e quelli delle elementari. Noi vogliamo collegare le due scuole solo attraverso il quinto anno, collegando i due ordini di saperi e i tipi di apprendimento. Quando il processo di trasformazione sarà assimilato vedremo se si andrà a questo 5+3 o ad un 4+4 o addiritura ad un 6+6.

Lei scriveva che era preferibile evitare una scolarizzazione precoce. Ma ora il nuovo disegno di legge della Moratti parla di anticipo a due anni e mezzo per le materne e cinque anni e mezzo per le elementari.
La moglie ubriaca e la botte piena non si possono avere. Se lei considera che avevamo previsto un liceo di quattro anni con un diploma a 18 anni, con la nuova scelta del liceo a cinque anni le scelte sono due: o si esce a 19 anni o si entra prima. Uscendo a 19 anni non si rispetta una direttiva europea. Quindi la scelta dell'anticipo è obbligata e la soluzione trovata mi sembra molto prudente.


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