Il nuovo art.18. Nella Scuola si, no, anzi vedremo
Dopo la mezza retromarcia del Min. della Funzione Pubblica Patroni Griffi, rimane il giallo dell’applicabilità dell’art.18, nella nuova riformulazione voluta dal governo Monti, agli statali e quindi anche al personale della Scuola
di Pippo Frisone
Dopo la mezza retromarcia del Min. della Funzione Pubblica Patroni Griffi, rimane il giallo dell’applicabilità dell’art.18, nella nuova riformulazione voluta dal governo Monti, agli statali e quindi anche al personale della Scuola. In attesa di conoscere il testo definitivo dell’art.18 che varerà il consiglio dei ministri, il fronte dei critici e degli scettici dell’ultima ora s’infoltisce sempre più. La Cgil della Camusso ha proclamato 18 ore di scioperi, assemblee e mobilitazioni , seguite da iniziative spontanee, a volte unitarie delle RSU e dei lavoratori, soprattutto nelle fabbriche del nord.
Forti perplessità, dopo le voci di immediata estensione della nuova normativa dell’art.18 a tutto il pubblico impiego, l’hanno manifestata la CISL di Bonanni e l’UGL, mentre la UIL non si pronuncia in attesa di conoscere il testo finale. Anche la Cei si è detta perplessa contro la mercificazione del lavoro.
Mentre il PD si ricompatta e chiede sostanziali modifiche in Parlamento, il PDL insiste per lasciare il testo così com’è , sollecitando addirittura un decreto legge sull’intera normativa che riguarda il mercato del lavoro. Se il provvedimento assumerà la forma di un decreto legge, seguito dall’ennesima fiducia, o di un disegno di legge ancora non si sa.
E’ certo che su questo provvedimento il governo tecnico e le forze politiche che lo sostengono stanno giocando una partita decisiva. Scontato il no della Lega e Idv.
Le dichiarazioni di alcuni ministri ed in particolare del Min. della F.P. hanno messo in allarme i 3milioni e mezzo di pubblici dipendenti.
Che la legge 300/70 si applichi interamente al pubblico impiego e quindi anche l’art.18 vecchio o nuovo che sia è fuori dubbio. E’ stata recepita prima nel dlgs n.29/93 poi del dlgs.165/01 che regola i rapporti di lavoro nel pubblico impiego.
Come è fuori dubbio la peculiarità del settore statale che contrariamente al settore privato non risponde a mercati, non teme alcuna concorrenza internazionale ma deve fare i conti comunque con l’efficienza e la produttività, con un debito pubblico oramai di 2mila miliardi di euro .
Del resto, pur se con sfumature diverse, tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi vent’anni hanno preso di mira i pubblici dipendenti, o per blandirli (centrosinistra) o per bastonarli (centrodestra ).
Dal 2008 al 2011 il governo Berlusconi ha tagliato 135mila posti di lavoro solo nella scuola.
A rimetterci il posto in questo caso sono stati soprattutto i precari ma anche 10mila docenti di ruolo che attualmente rispetto alle piante organiche risultano privi di cattedra , in esubero.
Questo personale è risultato in eccedenza sicuramente per motivi economici e scelte governative del centro-destra di ristrutturazione, riorganizzazione del sistema scolastico. Meno tempo scuola, più alunni per classe, dimensionamento e razionalizzazione della rete scolastica= meno posti di lavoro.
Quanto invece, in questi casi, è previsto dalle norme a tutt’oggi non è stato mai applicato. Esuberi da riqualificare per ricollocarli dove è possibile anche i altri comparti pubblici, altrimenti liste di mobilità, cassa integrazione e licenziamenti.
Un percorso quello del nuovo art.18 il cui approdo finale potrà risultare identico a quello degli altri lavoratori privati.
Ma sin’ora questo problema dei licenziamenti collettivi o individuali per motivi economici non è mai stato affrontato fino in fondo nella scuola né nel resto del pubblico impiego. Stabilito il principio, sono mancate le norme applicative che sicuramente in fase di gestione saranno diverse da quelle del settore privato ma identiche nella conclusione e a questo punto per chi non si adegua, riqualifica o ricolloca ci sarà alla fine del percorso il licenziamento.
Oggi l’art.18 rimane un punto di riferimento anche nel settore pubblico nei casi di licenziamenti discriminatori o nei licenziamenti disciplinari, giudicati illegittimi dal tribunale.
Nell’un caso e nell’altro è previsto il reintegro sul posto di lavoro.
Nella nuova versione dell’art.18 della ministra Fornero, il reintegro opera per legge solo nei casi riconosciuti dal tribunale come discriminatori. Nei casi di licenziamenti disciplinari viene demandata al giudice la decisione se reintegrare o risarcire il lavoratore.
Nei licenziamenti cosiddetti economici la norma prevede esclusivamente il risarcimento.
Con piena soddisfazione di Confindustria e PDL.
Un po’ più di America e meno Germania.
E sulle modifiche all’art.18 il Governo Monti e il Parlamento, con la CGIL tornata sulle barricate, si giocheranno la finalissima di una partita che questa volta non potrà più essere rinviata né finire in pareggio.