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Il nostro impegno per rilanciare la ricerca

Maria Chiara Carrozza

25/01/2014
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l'Unità

Secondo il Researchers’ Report 2013 l’Italia dispone di un numero di ricercatori che supera di poco la quota di 4 ogni mille occupati, un quarto della Finlandia, meno della metà di Giappone e Stati Uniti, inferiore del 50% alla media Ue. Il fatto che la loro produttività scientifica sia buona per quantità e qualità non può costituire una consolazione e tantomeno un alibi per non investire nelle nostre università, nei nostri centri di ricerca, nella ricerca industriale. Del resto, questo strano paradosso italiano appare in tutta la sua evidenza nel bell’articolo di Pietro Greco pubblicato giovedì su l’Unità: i ricercatori italiani sono ben valutati e stimati nella comunità scientifica internazionale, ma, purtroppo, non lavorano in Italia. Come è stato giustamente osservato ciò dipende dalle scarse prospettive sia sul piano delle disponibilità infrastrutturali sia su quello delle carriere. Ma le cose possono cambiare, devono cambiare, stanno cambiando. In questi giorni il mio ministero è impegnato nella presentazione ai colleghi di governo del Programma Nazionale per la Ricerca. Un Programma nuovo, che si sincronizza e sintonizza con quello europeo, un Programma che crea sinergia fra amministrazioni centrali e regionali, tra fondi nazionali e fondi europei. Un Programma, questo mi preme qui sottolineare, che pone l’enfasi (e l’investimento) maggiore precisamente sul capitale umano per la ricerca, sui ricercatori. Non casualmente ho più volte dichiarato che il 2014 sarà l’anno dei giovani ricercatori. L’investimento prende a modello le migliori pratiche esistenti a livello internazionale, con l’obiettivo, fin dalla fase inizialedella formazione delle nuove leve di ricercatori (il dottorato di ricerca), di un precoce conseguimento dell’autonomia ideativa ed operativa e quello di un agevole e soddisfacente inserimento nel mondo del lavoro con una prospettiva occupazionale stabile. Le priorità sulle quali con il Programma Nazionale investiremo sono intanto i giovani laureati che, passando attraverso il dottorato, intendono fare della ricerca la loro attività professionale, anche al di fuori dell’ambito accademico, in contesti lavorativi con forte necessità d’innovazione. Non solo, come è ben noto, quello delle piccole e medie imprese, ma anche la pubblica amministrazione e i servizi, che pure hanno bisogno di forti iniezioni ricostituenti, rappresentate da giovani con la mentalità creativa del ricercatore. Una seconda priorità sulla quale intendiamo investire sono i giovani che hanno perfezionato la propria formazione dottorale e vogliono cimentarsi in maniera indipendente in attività di ricerca o d’innovazione. Per loro finanzieremo progetti all’interno dei quali potranno ricavare una dignitosa retribuzione e quanto serve per mettere alla prova le loro idee ed il loro talento. Infine, ci sarà un’azione mirata ad inserire in maniera stabile nel sistema della ricerca ed in quello dell’innovazione professionalità già affermate, provviste anche di una qualificata esperienza internazionale. Ma diversi passi avanti sono stati già fatti dal governo Letta. Proprio ieri ho firmato il nuovo Bando «SIR Scientific Independence of young Researchers», che destina oltre 47 milioni agli under 40 e allinea per la prima volta la procedura di selezione dei progetti a quella dell’ERC, European Research Council, privilegiando coloro che dimostrano di avere conseguito indipendenza ed autonomia scientifica. Voglio ricordare anche il piano «Levi Montalcini» e la semplificazione delle procedure per il rientro dei vincitori proprio dei bandi ERC in Italia. Trasparenza, apertura, merito sono le parole-chiave che, insieme a semplificazione, caratterizzeranno le procedure per attuare queste misure prioritarie d’investimento. Sono convinta che la ricerca in Italia debba e possa riconquistare un ruolo centrale. Ci stiamo impegnando per questo e perché le persone di talento, appassionate e creative abbiano la possibilità di portare il nostro sistema ai primi posti in Europa, per contribuire a restituire competitività assoluta al sistema delle imprese, con le ricadute in termini di crescita sostenibile ed inclusiva che il Paese da troppo tempo aspetta. 


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