Il Manifesto - Scuola e pensioni scontro continuo
Scuola e pensioni scontro continuo Provocazioni Il ministro Maroni: "Berlusconi non deve incontrare i sindacati". E Cgil, Cisl, Uil si preparano alla rottura. Sarà sciopero? PAOLO ANDRUCCIOLI - R...
Scuola e pensioni scontro continuo
Provocazioni Il ministro Maroni: "Berlusconi non deve incontrare i sindacati". E Cgil, Cisl, Uil si preparano alla rottura. Sarà sciopero?
PAOLO ANDRUCCIOLI - ROMA
Grandi manovre di scontro sindacale. Dopo le ultime dichiarazioni ufficiali degli esponenti del governo Berlusconi ai suoi massimi livelli (la più chiara è stata quella di Gianfranco Fini), la possibilità che si arrivi a un scontro frontale tra governo e sindacati si fanno sempre più consistenti. Le materie del contendere si allargano a vista d'occhio: dalle pensioni, alla riorganizzazione del pubblico impiego, passando per la scuola. Ieri - sulle pensioni - il ministro del welfare, Roberto Maroni, ha dichiarato testualmente che l'incontro urgente richiesto giovedì da Cgil, Cisl, Uil al premier Silvio Berlusconi è in realtà "inutile". Il ministro ha anche criticato i sindacati che si attarderebbero ancora a contestare le deleghe, quando invece dobrebbero capire che si tratta di strumenti buoni, più agili per arrivare più spediti al risultato. Ma il ministro tralascia di spiegare il risultato finale, che evidentemente è un nuovo taglio alla pensione per lasciare lo spazio libero alle pensioni integrative e quindi ai fondi pensione. Per il segretario della Uil, Luigi Angeletti, lo scopo vero del governo è colpire le pensioni d'anzianità. In ogni caso, sempre per il ministro del welfare Maroni, la decisione sulla delega è una questione su cui i sindacati non devono mettere bocca perché riguarda i rapporti tra governo e parlamento, non tra governo e parti sociali. Insomma, per farla breve nello stile finiano ormai consolidato, secondo il ministro Maroni, il segretario della Cgil, Cofferati, agiterebbe il problema della delega solo in modo strumentale.
I sindacati hanno risposto al ministro con un nuovo secco no alle deleghe e hanno ribadito la loro intenzione di incontrare Silvio Berlusconi. "Noi siamo sempre in attesa dell'incontro che abbiamo richiesto - ha detto ieri il segretario generale della Cgil, Sergio Cofferati da Napoli - ma se il governo dovesse confermare le proprie intenzioni di una legge delega per la riforma delle pensioni la rottura sarà inevitabile". E mentre tutte le organizzazioni sindacali dei pensionati - senza distinzioni - si dichiarano già pronte a scendere in sciopero, il segretario della Cisl, Savino Pezzotta dice che è prematuro pensare a forma di protesta prima che il sindacato abbia incontrato il presidente del consiglio e verificato in che modo intenda venire incontro alle esigenze dei lavoratori. Per la Cisl è dunque importante prima di tutto avere il confronto e comunque verificare se il governo lo voglia davvero, prima di decidere qualsiasi cosa.
Intanto il governo accelera il discorso sull'aumento delle pensioni minime. Dopo giorni e giorni di dichiarazioni contradditorie, di prese di posizione e anticipazioni poi puntualmente smentite e controsmentite, ieri il governo ha fatto sapere i criteri per cui saranno attribuiti gli ormai famosi aumenti ai pensionati più poveri. Le pensioni più basse saranno portate a un milione al mese non a tutti (come era stato più volte dichiarato da esponenti di prestigio del governo), ma solo a due categorie precise di pensionati. L'aumento sarà concesso agli ultrasettantenti con redditi da pensione sociale, e gli ultrasessantenni invalidi al 100%. In ogni caso la cifra stanziata è rimasta la stessa, 4200 miliardi. Per portare a termine l'operazione propagandistica così come era stata proposta durante la campagna elettorale ci sarebbero voluti il doppio dei soldi, ovvero più di 8000 miliardi di lire. Procede anche il discorso della sanataria per i circa 800 pensionati che avrebbero dovuto restituire dei soldi all'Inps.
Ma oltre alle pensioni, l'altra questione che agita molto le acque del conflitto sociale è quella della scuola. Lunedì sarà proprio la giornata della scuola. Dopo lo sciopero generale di ieri del settore del pubblico impiego, ora tutti i sindacati (Snals escluso) sono in sciopero contro la legge finanziaria e in particolare contro gli articoli 9 e 13. Quest'ultimo, quello che stabilisce tra l'altro i tagli alle spese e i principi di riorganizzazione compresi l'aumento dell'orario di lezione e l'abolizione delle nomine per le supplenze, è stato approvato ieri dal senato. I sindacati, Cgil scuola, Cisl, Uil, Gilda e Unicobas, nonché tutti i sindacati confederali dell'università e della ricerca, scioperano contemporaneamente anche se con motivazioni e accenti diversi. Cisl e Uil, per esempio, scioperano solo sulla questione del differenziale di inflazione (ovvero gli aumenti di stipendio), mentre gli altri bocciano tutta la struttura della legge finanziaria perché - anche a livello di riorganizzazione - penalizza la scuola pubblica, accelera il processo di privatizzazione, premia i docenti di religione inseriti in ruolo in base alle valutazioni di merito dei vescovi e infine riforma la scuola, introducendo divisioni di classe (nel senso di classe sociale) da anni cinquanta, quando solo i figli dei ricchi andavano al liceo.
Gli insegnanti sono intenzionati dunque a dare battaglia perché, secondo il loro modo di vedere, con le scelte che si stanno approndando in finanziaria, si ridisegna completamemte il volto della scuola. Ci sono in ballo i diritti di chi lavora, ma soprattutto i diritti alla conoscenza delle giovani generazioni.