Il Manifesto-Riforma truccata
Riforma con il trucco Il consiglio dei ministri approva una nuova legge delega sull'istruzione, dopo un lungo lavoro con gli enti locali. Ma gli emendamenti non sono quelli concordati e i comuni inso...
Riforma con il trucco
Il consiglio dei ministri approva una nuova legge delega sull'istruzione, dopo un lungo lavoro con gli enti locali. Ma gli emendamenti non sono quelli concordati e i comuni insorgono: "A questo punto, diamo parere negativo". Il testo dovrebbe approdare in parlamento alla fine del mese " CINZIA GUBBINI - ROMA
Il testo di riforma della scuola, approvato dal Consiglio dei ministri, ha stravolto l'emendamento presentato dall'Anci (accolto dal ministro) che aveva consentito un parere criticamente positivo dell'Associazione nazionale dei comuni italiani in conferenza unificata. E' grave che un impegno di governo assunto nella conferenza venga poi disatteso. Pertanto la nostra posizione è fortemente critica e negativa sulla riforma varata dall'esecutivo". Non poteva esserci miglior benvenuto alla nuova versione della legge delega con cui il governo intende approvare l'ormai arcinota riforma Moratti sulla scuola. Ma cosa è successo? Dopo l'approvazione della legge delega sulla riforma scolastica da parte del consiglio dei ministri (il 1 febbraio) regioni province e comuni imposero alcune modifiche: riconoscere un ruolo più operativo agli enti locali - che più volte si erano lamentati di non essere stati ascoltati - e trovare una soluzione per rispetto agli ingressi anticipati dei bambini nelle scuole dell'infanzia e nelle scuole elementari. Molti comuni, infatti, denunciavano l'impossibilità di accogliere una simile richiesta. Mancano gli edifici e mancano soprattutto i soldi, visto che l'ultima finanziaria impedisce ai comuni di spendere più del 6% rispetto al bilancio del biennio precendente. Alla fine si giunse ad un accordo in conferenza unificata (che raccoglie regioni, comuni e province). Per la verità le regioni di centrosinistra espressero un parere negativo, l'Anci approvava il testo "criticamente" e anche le province eranno abbastanza perplesse. Il ministero riuscì a strappare un "sì" ai comuni solo grazie all'articolo 7, quello che stabilisce l'ingresso anticipato dei bambini alla scuola dell'infanzia e alla scuola elementare "compatibilmente con la disponibilità dei posti e delle risorse finanziare dei comuni". Ma dopo doveva essere specificato che gli oneri finanziari sarebbero stati a carico delle regioni e dello stato. Questo punto è sparito, ed ecco spiegata la marcia indietro dell'Anci. Ma aldilà di questo pasticcio, quali sono i principali cambiamenti del nuovo testo della legge delega? Il punto essenziale riguarda il riconoscimento alla conferenza stato-regioni dell'"intesa" su tutti i decreti delegati che riguarderanno il canale dell'istruzione-formazione, un vago ripristino del termine "obbligo scolastico", e la faccenda dell'ingresso anticipato a scuola modulato sulle capacità di risposta dei comuni. Per il resto è tutto esattamente come prima. Rimane la divisione tra istruzione e formazione e la possibilità di scegliere anche tra scuola e lavoro. Rimane la scelta dei canali a 13 anni e mezzo. E, finalmente, è definitivamente chiarito che l'obbligo scolastico sarà di otto anni: l'articolo 2, infatti, spiega che l'obbligo stabilito dall'articolo 34 della costituzione (cioè 8 anni si istruzione) sarà "ridefinito e ampliato nei termini di diritto all'istruzione e formazione e correlativo dovere".
"Mi chiedo come farà il ministro a portare avanti una riforma che è duramente contestata, nel merito, non solo dalle regioni di centro-sinistra, che sono organi istituzionali e con cui il minisetro dovrà necessariamente confrontarsi. Ma soprattutto quando c'è un'opinione pubblica palesemente contraria", riflette Adriana Buffardi, coordinatrice in seno alla conferenza stato-regioni degli assessori all'istruzione. Ma anche tra gli assessori comunali si respirano molte perplessità. "Siamo rassicurati dalla possibilità di avviare le iscrizioni scolastiche anticipate gradualmente - spiega l'assessore alla cultura di Torino, Paola Pozzi - ma questo apre un futuro problematico: se la legge prevederà questa possibilità, e noi non potremo offrire il servizio, come la prenderanno i cittadini?". E questa non è la sola perplessità: "Durante i tavoli tecnici l'ufficio legislativo del ministero ha preso molti impegni con noi - continua Pozzi - Ad esempio: ci hanno assicurato che rimarrà il tempo pieno, e che anche l'orario del pasto sarà considerato "tempo scuola". Ma nella legge delega non si entra nel merito. Dobbiamo prestare ancora molta attenzione". In effetti, il governo tira brutti scherzi.