Il Manifesto - Riappropiamoci del sapere
Il forum antiliberista critica la privatizzazione della conoscenza. E elabora una strategia CINZIA GUBBINI - ROMA Oggi come non mai il "sapere è potere" e la battaglia decisiva che si gioca a l...
Il forum antiliberista critica la privatizzazione della conoscenza. E elabora una strategia
CINZIA GUBBINI - ROMA
Oggi come non mai il "sapere è potere" e la battaglia decisiva che si gioca a livello mondiale è proprio sul governo della conoscenza. Una conoscenza che si vuole sempre più espropiata al collettivo e "recintata" (con il moderno strumento degli accordi internazionali, travestiti da esigenza di regolamentazione per la pacifica convivenza) dentro veri e propri feudi impegnati nello sfruttamento di questa illimitata risorsa. In grado, più di ogni altra cosa, di produrre profitto. Non solo perché la domanda di sapere è di per sé illimitata, ma anche perché permea ievitabilmente tutti gli ambiti del lavoro.
Su questo e su altro si è confrontato ieri mattina il forum antiliberista. A parlare - e ad ascoltare - tantissimi docenti, studenti (che per primi pagano, anche in senso letterale, la privatizzazione del sapere), pezzi della società civile. Significativa la presenza di un rappresentante dei mapuche cileni, voce di una cultura che si foinda sulla non mercificaabilità delle risorse ambientali.
E se l'offensiva sul terreno della privatizzazione del sapere non conosce tregua (il Wto discute a Doha anche degli accordi sui brevetti) e in Italia si palesa nella recente rivoluzione introdotta dalle riforme di scuola e università, il movimento dei movimenti elabora strategie di risposta.
Fondamentale approntare un attacco "virale" rovesciando dall'interno il concetto di "autonomia" - usata come piede di porco per aprire la scuola all'industria - creando laboratori pemanenti e autogestiti in grado di aprire scuole e università a un territrio che non sia solo segnato dall'economico. Da qui la possibilità concreta di riappropiarsi dal basso del sapere, come strumento utile a progettare soluzioni nuove e non come trasmissione di nozioni spendibili su un mercato sempre più flessibile e sempre più precario. Far uscire la battaglia salariale degli insegnanti dalle scuole, perché non solo di salario si tratta ma dell'esigenza di creare rapporti sociali tesi alla costruzione di una cultura nuova, che sia anche portatrice di pace. Rimettere al centro la questione del diritto allo studio, dell'accesso ai servizi, puntando anche sulla richiesta di investimenti pubblici.