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Il Manifesto-La solitudine del Manzoni

La solitudine del Manzoni MILANO Una giornata con i ragazzi dell'unico liceo occupato in città GIORGIO SALVETTI - MILANO Classe vuota. Due ragazze entusiaste presidiano un mucchio di giu...

30/11/2001
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il manifesto

La solitudine del Manzoni
MILANO Una giornata con i ragazzi dell'unico liceo occupato in città
GIORGIO SALVETTI - MILANO

Classe vuota. Due ragazze entusiaste presidiano un mucchio di giubbotti, come in discoteca. "Siamo le guardarobiere, se lasci qui la giacca la custodiamo noi". I ragazzi sciamano per i corridoi. In palestra, volendo, c'è un rappresentante di Emergency che parla dell'Afghanistan. Terzo giorno di occupazione al liceo classico Manzoni, l'unica scuola occupata di Milano. Dopo una votazione scontata (700 sì su 800) gli studenti si sono presi il primo piano. Lo controllano con fantasia, spirito di iniziativa e precisione svizzera. Fino a domenica: il giorno delle pulizie. Sulla porta i più piccoli si improvvisano buttafuori. Chi non è della scuola - "gli esterni" - deve lasciare un documento in una cassetta. "Ci vuole, perché fa freddo - spiega Cinzia - e qui vogliono entrare tutti, poi è un casino, l'altra notte ci hanno preso per una discoteca e non abbiamo dormito per mandarli via". Gli esterni. Qualcuno sgomita al posto di guardia. Dentro, è tutto un programma.
Scritto a pennarello grosso così: assemblea sui "Chainworkes", friggipatatine di McDonald's, Afghanistan e Islam, videoshow su Genova, incontro sulla situazione giovanile con due super esperti del ramo, don Gino Rigoldi e Daniele Farina del Leoncavallo, riunione sul ruolo dei media e dell'informazione, anche se i giornali non li legge nessuno. Però c'è l'info-point: "Visto? Abbiamo un sacco di manifesti... ogni tanto lo leggo, certi articoli difficili però...". E, naturalmente, c'è spazio anche per lo svacco, sacrosanto: "Spettacolo di fuoco? e che ca... è?", si chiedono due ragazzi che non si perdono concerti e aperitivi new age.
"L'occupazione continua solo se la partecipazione sarà sempre alta come oggi - spiega Viola - può sembrare una forma di ricatto, ma se ci ritroviamo noi soliti quattro gatti non ha senso: finisce subito. Non ho nessuna voglia di sbattermi per niente". E se vengono in pochi gli affari vanno male anche per il venditore di merendine: "Quando c'è lezione si vende di più...". Qui sta funzionando, nelle altre scuole milanesi un po' meno. Il rischio è che dopo anni di svogliate occupazioni e noiose assemblee su garbugli ministeriali l'occupazione sia diventata un rito. Non solo strumento di lotta spuntato, ma abitudine che ha finito per stufare anche gli studenti. Eppure quest'anno c'è la guerra e i motivi per protestare certo non mancano. "Ormai si guarda all'occupazione come a una scatola chiusa - continua Viola - ma a pochi interessa sapere cosa c'è dentro. Sì, dopo gli scioperi della fame al Tasso di Roma siamo pieni di giornalisti. Ci stanno usando pro o contro Berlusconi, ma noi qui non parliamo solo della Moratti".
Il fumo del narghilè avvolge materassi e chitarre. Gli studenti "alternativi" sono impegnati a stilare un documento sull'Afghanistan. "Nonostante le apparenze qui si lavora", puntualizza un giovane rasta metropolitano mentre raccomanda di chiudere la porta. Parla chiaro una ragazza vestita da gnomo: "E' vero, okkupazione vuol dire libertà: ci prendiamo la scuola, ci dormiamo, ci fumiamo e fosse solo per questo sarebbe già una bella storia. E poi discutiamo della guerra. Ho sentito parlare in assemblea gente timida che in classe non parla mai. Ce la spassiamo e ci informiamo".
Secondo piano. Si respira tutta un'altra aria. E' la scuola di sempre: bidelli, segretarie, prof che aggiornano il registro in aula docenti; i genitori sono davvero su un altro piano, anche oggi s'informano sul rendimento scolastico dei loro bambini. Prima il dovere poi l'Afghanistan, raccomanda mammina dandosi ragione con la prof di latino e greco: "Certo che si può discutere, ma fuori dall'orario di lezione". Lo scatto d'orgoglio da reduce infiamma un giovane papà, che rimane pur sempre un papà: "Mi fanno arrabbiare quelli che continuano a dire che ormai l'occupazione è un rito, come se la società stessa non fosse basata su tutta una serie di altre ritualità. Ben venga questo rito. Nelle scuole girano e-mail per denunciare chi parla male di Berlusconi, un minimo di reazione mi sembra sacrosanta. Un consiglio solo: magari dovrebbero ingegnarsi per individuare nuove forme di protesta". Non se ne dispiacerà più di tanto, ma quest'anno, per una settimana, i figli e le figlie del liceo Manzoni faranno un po' come gli pare. Se la spassano, un po' si informano.


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