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Il Manifesto-La Cgil non farà passi indietro

La Cgil non farà passi indietro" Intervista a Sergio Cofferati. "Il conflitto verso le politiche del governo Berlusconi ha ragioni profonde. Lottare per difendere i diritti vuol dire anche lottare p...

22/03/2002
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il manifesto

La Cgil non farà passi indietro"
Intervista a Sergio Cofferati. "Il conflitto verso le politiche del governo Berlusconi ha ragioni profonde. Lottare per difendere i diritti vuol dire anche lottare per la democrazia e contro il terrorismo" E LORIS CAMPETTI

'un'intervista a puntate, questa, con il segretario della Cgil Sergio Cofferati. La prima puntata era stata interrotta bruscamente dai quattro colpi di pistola con cui è stato ucciso Marco Biagi. "A Barcellona il governo italiano, non da solo, ha portato una proposta che individua come motore dello sviluppo la flessibilità. E' una linea profondamente sbagliata contro cui la Cgil ha chiamato i lavoratori alla lotta". Così iniziava il ragionamento fermo e pacato di Cofferati per spiegare ai lettori del manifesto le ragioni della manifestazione di domani e dello sciopero generale contro le politiche economiche e sociali del governo Berlusconi: "Anche se l'articolo 18 ha preso il sopravvento, l'insieme dei problemi aperti dal governo non è di minore importanza e gravità. Sono 5 i punti che caratterizzeranno la manifestazione di sabato: lo sviluppo del Mezzogiorno, la scuola, il fisco, la previdenza e il mercato del lavoro, compreso l'articolo 18 dello Statuto. Il conflitto riguarda l'intero impianto della politica economica e sociale del governo. L'insieme dei provvedimenti annunciati incide sulla costituzione materiale del nostro paese e la modifica". Senza dimenticare il ruolo dei padroni: "Il tasso di collateralismo del governo Berlusconi alla Confindustria non ha precedenti negli ultimi cinquant'anni". Ma è ovvio che la seconda puntata con Cofferati, e dunque la nostra intervista, inizi dalle valutazioni del segretario della Cgil sull'assassinio di Bologna. La condanna, sia Cofferati che la Cgil, l'hanno pronunciata in modo così netto che chi non l'ha capito o è stupido o ci fa.

Che segno ha l'omicidio di Marco Biagi?

Nell'assassinio di Bologna c'è un segno diverso, una novità rispetto a quelli di D'Antona e Tarantelli, e persino rispetto all'omicidio di Ruffilli. Intanto, Biagi è stato ammazzato in un momento di confronto assai teso sui temi del mercato del lavoro. Inoltre, Biagi era un protagonista diretto di questo confronto, era una persona che partecipava ai negoziati. Questa volta l'intervento criminale del terrorismo si inserisce direttamente nella normale dialettica delle parti nel tentativo di scardinarla: vuole esplicitamente condizionare il comportamento delle parti sociali. Di conseguenza, noi siamo tra le vittime dell'attacco terroristico, sotto tiro c'è il nostro lavoro. La conferma si trova nei deliri contenuti nella rivendicazione dell'attentato, in cui il sindacato è additato come uno dei nemici del terrorismo.

Eppure, lo sciacallaggio contro il sindacato e in particolare contro la Cgil non si è fatto attendere. C'è chi addirittura vi indica come "mandanti" dell'omicidio, chi denuncia i toni troppo tesi del conflitto sindacale, chi sostiene che non avete preso abbastanza le distanze dal terrorismo.

Sai bene quante volte i sindacati, la Cgil, sono stati attaccati dal terrorismo: nelle persone, nei simboli, nelle sedi, proprio perché siamo da sempre in prima fila nella battaglia in difesa delle regole e della democrazia. Dico di più: il sindacato costituisce la trama della democrazia. Fanno parte della fisiologia del nostro lavoro la contrattazione, le relazioni, in una tradizione fatta di accordi ma anche di conflitti, sempre condotti con l'obiettivo di raggiungere nuovi accordi. E' un aspetto importante della democrazia sostanziale. Chi aggredisce questa democrazia aggredisce il sindacato. Ci sono arrivate da più parti inaccettabili valutazioni critiche, ma quando si va addirittura oltre il giudizio critico greve, si travalica, come ha fatto Taormina, e l'unica risposta possibile è la querela.

Qualcuno temeva che, dopo Bologna, la Cgil decidesse di annullare la grande manifestazione del 23. Invece l'avete confermata, ma cambiando l'ordine delle priorità.

C'è un legame forte tra la lotta al terrorismo e la battaglia per la democrazia e i diritti. La democrazia vive di diritti, i diritti di tutti: delle forze politiche, dei cittadini, ovviamente delle persone che lavorano. E' stato giusto modificare le parole d'ordine perché l'omicidio di Biagi, per le ragioni fin qui dette e per le sue implicazioni richiede una risposta democratica di massa. Attenzione, però: sulle deleghe del governo, sull'articolo 18, sui diritti, non facciamo un solo passo indietro. Quel che cambia è che il 23 doveva essere una festa, un momento di gioia in difesa dei diritti. Davvero, non c'è più ragione di gioire. Ma nessuno ci toglierà una profonda serenità, la pacatezza e al tempo stesso la fermezza nella critiche alle politiche del governo e della Confindustria contro cui ci battiamo. Il nostro diritto di critica non può essere messo in discussione. Se mollassimo sui diritti vorrebbe dire che il terrorismo avrebbe vinto la sua guerra. Non può essere chi spara a dettare le regole del gioco.

Evidentemente questo tuo ragionamento deve aver convinto anche Angeletti e Pezzotta, data la conferma dello sciopero generale unitario.

Diciamo che questo ragiomento è condiviso da Cisl e Uil. Noi avevamo proposto di trasformare la manifestazione del 23 in un appuntamento unitario, Cisl e Uil hanno ritenuto non praticabile questa strada e noi abbiamo rispettato la loro scelta. Ma è importante che insieme si sia decisa per mercoledì una giornata di lotta unitaria contro il terrorismo e lo sciopero generale entro il mese di aprile, per tornare a chiedere al governo lo stralcio dell'articolo 18 e dell'arbitrato, nonché una revisione profonda della delega previdenziale. Insomma, uno sciopero - lasciamelo dire così come si diceva una volta - su una piattaforma sindacale unitaria.

Non temi che il governo tiri fuori qualche coniglio dal cappello, nel tentativo di dividere nuovamente i sindacati e isolare la Cgil? E come valuti la convocazione del ministro Maroni?

Intanto, sia chiaro che al momento non mi è pervenuta alcuna convocazione da parte di Maroni. Se la convocazione arriverà, come sempre la Cgil si presenterà con una posizione chiara: si può fare una discussione sul mercato del lavoro, ma solo se il governo farà lo stralcio che come organizzazioni sindacali chiediamo. Sulla delega previdenziale posso dire che, siccome dev'essere profondamente cambiata, logica vorrebbe che il governo ne discutesse con noi. La posizione della Cgil non è cambiata di una virgola, e rispecchia una posizione unitaria con Cisl e Uil.

La Cgil ha rifiutato di dare la parola sul palco del Circo Massimo a un rappresentante dei Social forum, che pure hanno aderito alla vostra manifestazione. E' un ritorno all'indietro rispetto alle aperture del congresso della Cgil, un ritorno a Genova?

No, con i Social forum ci siamo chiariti. Ho apprezzato il loro interesse alle nostre lotte e a partecipare a una manifestazione che resta, comunque, squisitamente sindacale. Nessun passo indietro rispetto al congresso di Rimini. Noi vogliamo un rapporto con i Social forum e le singole organizzazioni che vi aderiscono, ed è normale che ci siano punti di unità e punti di differenza. Ripeto, però, che gli interventi dal palco rispetteranno il carattere sindacale della manifestazione. Del resto, in piazza con noi ci saranno molti altri soggetti, a partire dagli immigrati che sono tra le figure più penalizzate dalla politica del governo, a partire dalla legge Bossi-Fini.

La manifestazione promossa dalla sola Cgil ha raccolto moltissimi consensi nella cosiddetta società civile. Come valuti questo consenso? E confermi la valutazione positiva sulla decisione di soggetti diversi di sfilare insieme ai lavoratori della Cgil?

Trovo queste adesioni naturali e positive. Il governo attacca l'universalità dei diritti, cominciando da quelli delle persone che lavorano. Ma anche chi è fuori dal mondo del lavoro capisce che se Berlusconi passa lì, poi saranno attaccati i diritti individuali e di cittadinanza. Da Nizza era emerso che sono tra loro connessi i diritti del lavoro, quelli della persona e quelli di cittadinanza. Sono inscindibili. Per questo incontriamo il consenso di tanti, per questo la battaglia sull'articolo 18 è diventata simbolica: se salta questo diritto di civiltà, a cascata saltano tutti gli altri.

Ti hanno accusato da più parti di aver politicizzato lo scontro con il governo, di svolgere un ruolo di supplenza politica, di trasformare la Cgil in un catalizzatore per rivitalizzare la sinistra.

E' totalmente falso. Non c'è niente di più sindacale di una battaglia sul fisco, sulle pensioni, per l'universalità dei diritti, dunque contro le politiche del governo. Di queste cose una grande organizzazione sindacale deve occuparsi. Occupandocene, è ovvio che facciamo politica, ma è una sciocchezza dire che facciamo supplenza politica.

Come hai vissuto la tua sovraesposizione in questa battaglia, in un momento di divisione e difficoltà dell'opposizione? Colpivano le molte assenze nella tribuna degli ospiti al congresso di Rimini.

So di avere, per il ruolo che ricopro, maggiori responsabilità e me le prendo tutte. Però i personalismi non mi piacciono. La scelta che abbiamo fatto come Cgil è stata una scelta comune, a cui ha contribuito l'andamento del Congresso. Via via che la nostra posizione veniva compresa, cresceva il consenso intorno alla battaglia e agli appuntamenti della Cgil. Non posso negare, però - e qui parlo a titolo personale - che c'è stato un momento in cui in Cgil si è respirata un po' di solitudine. E mi riferisco al rapporto con la sfera della politica, della mia parte politica. Ora, quella sensazione di solitudine non esiste più.

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